fbpx
Connect with us

Mubi Film

‘L’Empire’: l’ultimo film di Bruno Dumont

Orso d'argento alla Berlinale 2024, un film assurdo e inaspettato che rielabora il genere fantascientifico

Pubblicato

il

l'empire

Orso d’argento alla 74° edizione del Festival del Cinema di Berlino, L’impero (in originale francese L’Empire) scritto e diretto da Bruno Dumont, è recuperabile sulla piattaforma Mubi. Uscito al cinema il 13 giugno 2024, è una co-produzione tra vari paesi: Francia, Germania, Italia, Belgio e Portogallo. L’impero è interpretato da Brandon Vlieghe, Anamaria Vartolomei, Lyna Khoudri, Camille Cottin, Fabrice Luchini. E prodotto da Tessalit Productions, Red Balloon Film, Ascent Film, Novak Production, Furyo Films, Pictanovo, Canal+, Ciné+

La trama 

Ambientato in un piccolo villaggio di pescatori in Francia, il film racconta lo sviluppo di una battaglia tra due imperi venuti dallo spazio per conquistare la Terra. Gli Zero, esseri demoniaci e devoti all’oscurità e gli Uno, la parte opposta legata alla luce e al bene. La nascita di un bambino chiamato Morgat sembra essere una grande minaccia per l’umanità intera.

La fantascienza della Costa d’Opale

L’ultimo film di Bruno Dumont celebra il cinema di fantascienza, evocando i grandi titoli del genere come Star Wars e il più recente Dune. Ma il regista francese conosciuto per il suo stile legato a un crudo realismo, si cimenta in un’opera grandiosa che non ha paura di evocare anche la commedia.

L’Empire (L’impero) è il primo tentativo, ben riuscito, del regista che si allontana leggermente dai suoi precedenti lavori drammatici, come gli acclamati: L’età inquieta (1997) e L’umanità (1999), che lo hanno fatto conoscere al mondo intero. Dumont è diventato, dopo essere stato professore di filosofia per anni, il regista del “nuovo cinema mistico” francese. Un regista che del cinema ha una visione tutta sua, personale e profonda, uno sperimentatore della settima arte che riesce a usare magistralmente per indagare l’animo umano. Questo lavoro è la prova e la rappresentazione di una ricerca costante su una tematica universale: la lotta tra il bene ed il male.

Il film è ambientato nella costa d’opale, in Francia. Paesaggio caro al regista del nord del paese, che cerca sempre di rievocare nei suoi film località a lui note o con le quali ha un legame personale. Altri luoghi scelti per le riprese sono stati: Bruxelles, Caserta e Berlino. Gli ambienti naturali in particolare, come le dune di sabbia richiamano i paesaggi di noti film di fantascienza, come il già citato Dune.

Un elemento fondamentale del film è la scelta di ambientare la storia in una paesino di pescatori, il villaggio di Audresselles. Un mondo quasi rurale legato alla natura, forse per accentuare il legame con l’essenza più pura della natura umana.

Location già utilizzata in una miniserie TV prodotta da Arte: P’tit Quinquin (2014), commedia/giallo poliziesco che vede la presenza di una coppia di due antieroi nei panni del comandante Van del Weyden (Bernard Pruvost) e il tenente Carpentier (Philippe Jore), personaggi che ritornano anche in questo film, con un ruolo tutt’altro che marginale. La loro presenza relegata a piccole scenette aiuta a equilibrare la tensione con una nota di comicità al momento necessario.

Bruno Dumont predilige nei suoi film spesso attori non professionisti, anche in questa pellicola si avvale di attori meno noti insieme a nomi importanti  del panorama francese come Fabrice Luchini (nel ruolo di Belzébuth) e Camille Cottin (la Regina), nonché le due donne principali interpretate da Anamaria Bartolomei (Jane) e Lyna Khoudri (Line).

 

L’impero – Dumont colpisce ancora

Il titolo evoca il film L’Impero colpisce ancora (1980) dell’universo conosciuto della saga di Star Wars. Ma Bruno Dumont vuole rendere il suo mondo riconoscibile e ambienta la storia sul pianeta Terra. Nessun luogo è più adatto per mettere a nudo l’essere umano se non il suo stesso pianeta, ma il regista nel suo film utilizza due presenze aliene per il suo scopo. Gli Zero e gli Uno, rispettivamente il male ed il bene, due forze che fin dall’inizio si dichiarano guerra.

Un’opera che si nutre di generi filmici e citazioni del cinema del passato e del presente, creando un equilibrio tra cinema d’autore e blockbuster. Non mancano scene di accesa violenza e scene di sesso, elementi che contraddistinguono la filmografia del regista. Proprio all’inizio del film infatti la decapitazione della donna con una spada laser evoca due realtà. La prima quella del mondo creato da George Lucas e l’altra, menzionata dagli stessi poliziotti nel film, la realtà del nostro tempo. Ovvero il terrorismo e l’ISIS, come una chiara denuncia ai vari attacchi subiti dalla Francia da parte dell’organizzazione terroristica.

Dal principio il film si apre come un classico film di finzione, lasciando un alone di mistero che pervade tutta la storia, creando una lunga attesa per tutto il film. La fantascienza è presente, compare attraverso piccoli elementi  (le spade laser ne sono un esempio) per poi emergere nella sua grandezza con navicelle spaziali e creature chiaramente dotate di una mente superiore. 

I costumi di scena sono abiti contemporanei riconoscibili dal grande pubblico, questa scelta permette al regista di posizionare il suo film in un futuro non ben definito del nostro tempo. 

“La funzione del cinema è di farci meditare, riflettere : su noi stessi, su tutto. Occorre perciò far esplodere le convenzioni, trasgredirle per farle apparire.”

Il film di Dumont non vuole dire niente e allo stesso tempo vuole dire tutto. Il regista conosce il suo pubblico, sa che gli spettatori possono riempire eventuali vuoti e non detti. E che uno spettatore attento sa cogliere le citazioni giuste e dopo la visione del film farlo suo, con significati tutti nuovi. Con questo film Dumont mette alla prova lo spettatore, vuole che rifletta sulla propria condizione umana attraverso una storia apparentemente banale ma ricca di significato.

La lotta tra il bene e il male

Dumont e il suo L’Empire sono una provocazione divertente e grottesca di un genere che può parlare a tutti e che può essere mezzo per raccontare la profondità dell’essere umano, il complesso rapporto tra bene e male. Si potrebbe dire che questo film è “umano, troppo umano” citando Nietzsche, e gli studi di filosofia nonché l’interesse del regista verso tutto ciò che riguarda la complessità dell’essere umano. Come spesso accade nei film di Dumont, ci si concentra sull’indagare una comunità di persone, in questo caso alieni, creandone un ritratto bizzarro e interessante.

Dumont realizza un’opera complessa e provocante, non teme la critica e con il suo impero mette in luce tutti i difetti dell’uomo, attraverso esseri non umani che però per invadere la Terra necessitano di un corpo. Eppure alla fine perfino gli alieni non sono poi diversi dagli uomini terrestri.

Lo snodo centrale dell’intera trama è la lotta tra il bene (gli Uno) e il male (gli Zero), lotta che non avverrà se non alla fine del film. Una lunga attesa è ciò che Bruno Dumont mette in scena. Le condizioni e gli sviluppi di una battaglia inevitabile, uno scontro che si realizzerà negli ultimi momenti del film con un epilogo assurdo e inaspettato.

Il lato comico della fantascienza

Il film è una dichiarata parodia di Guerre stellari, ma con un tocco francese che rende il tutto più comico, senza precipitare nel banale del già visto.

Fabrice Luchini nel ruolo di Belzébuth, si trasforma da creatura indefinita, un magma nero che vive in un sontuoso palazzo, in un uomo pagliaccio. Un sovrano palesemente ridicolo, dal costume carnevalesco arricchito al suo atteggiamento bambinesco e quell’ossessivo desiderio di fare della Terra il suo impero e regno di malvagità. Dumont attraverso il personaggio di Belzébuth critica i sovrani e i politici del mondo intero, che fanno del loro potere un uso eccessivo e molto spesso improduttivo.

Il regno degli Zero non è altro che un regale palazzo ispirato alla reggia di Versailles, dove i marmi e l’oro evocano una presunta superiorità di una razza rispetto all’altra.

Le due fazioni aliene vengono messe a confronto anche attraverso la scelta di architetture opposte per le rispettive navi madri. Per gli Zero, viene scelta un’architettura regale e moderna legata al mondo profano fatto di divertimento, follia e perdizione.

La navicella degli Uno è invece a immagine della Sainte-Chapelle di Parigi (dove le scene sono state effettivamente girate). Un modo questo di citare il suo paese ma anche la forza degli Uno legata a una sacralità. Una purezza in netto contrasto con la forza bruta e oscura dei nemici.

Camille Cottin interpreta la Regina, attraverso le sembianze di una fonte luminosa all’inizio, ispirata forse al personaggio di HAL 9000 del film 2001:Odissea nello spazio (1968, Stanley Kubrik), per poi prendere delle sembianze umane sulla Terra. Dumont non cessa mai di inserire rimandi e citazioni filmiche nella sua opera, rendendo il suo film un carnevalesco miscuglio della fantascienza conosciuta.

A riportarci con i piedi per terra sono i due poliziotti, il duo che ritorna alla carica nella cittadina in riva al mare. E, questa volta, per risolvere un mistero legato al sovrannaturale. Ciò che è evidente agli occhi degli spettatori non è di facile percezione per i due poliziotti, anche se le loro indagini sembrano portarli sempre nel posto giusto, con le domande giuste. Ma, la verità, riesce sempre a sfuggire davanti ai loro occhi.

Nella scena finale del film, anche di fronte all’evidenza di un qualcosa più grande di loro, i due poliziotti scelgono di continuare la loro vita senza farsi troppi problemi. Ignorando ciò che la loro ragione non arriva a comprendere.

Il ruolo delle donne nel film: oggetto del desiderio

La rappresentazione della figura femminile nel film potrebbe essere considerata la nota dolente. Tanto che le femministe potrebbero dichiarare che Dumont utilizza il suo sguardo maschile mettendo in scena la donna come un mero oggetto del desiderio (sessuale) maschile. Ma non è questo il suo intento. Le sue donne sono donne-oggetto ma anche eroine a modo loro.

Anamaria Vartolomei (Jane) è rappresentata come una moderna femme fatale, scelta che ricade sugli abiti provocanti della donna. L’altra presenza femminile in scena è Lyna Khoudri (Line). Entrambe le donne sono sicure di sé, si mettono in mostra, eppure sembra essere sempre Jony (Brandon Vlieghe) ad avere il controllo su di loro.

Il rapporto uomo-donna viene messo in scena nelle scene di sesso presenti nel film, ad esempio nel rapporto tra i due rivali, Jony e Jane. In quel momento, prevale il loro lato umano, dove i loro corpi vengono utilizzati per soddisfare il loro piacere. Jony in una battuta del film, parlando con Jane confessa: “abbiamo corpi umani, approfittiamone”. 

Si rivela così il lato più umano ma sopratutto animale dell’uomo. Ma sarà Jane ad essere sopraffatta dal peso dell’anima umana, innamorandosi del suo nemico Jony. Un amore destinato a non realizzarsi. Un’altra evocazione delle tante storie d’amore impossibili, da Romeo e Giulietta agli stessi personaggi di Guerre Stellari. In particolare Anakin Skywalker e Padme, anche loro emblema di un amore sconfitto dal lato oscuro della forza.

“Quel che m’interessa nell’essere umano è l’animale. Il rapporto dello spettatore con il cinema è il rapporto d’un essere per così dire umano, civilizzato con un’esperienza dell’animalità. C’è in noi una parte animale che va filmata e mostrata. Nei film, il confronto con l’animalità è una necessità.”

Dumont racconta l’uomo, ma sopratutto il suo lato animalesco e primordiale. Uomini come demoni e viceversa. E per tutto il film assistiamo al desiderio di conquista delle due fazioni che, per scopi diversi, si dichiarano battaglia: gli Zero vogliono fare della Terra il loro impero di malvagità e gli Uno vogliono a loro volta colonizzare il pianeta. Forse, sembra dirci Dumont, l’uomo che sia alieno o terrestre non cambierà mai, sarà sempre alla ricerca del potere.

Il tutto nella vastità dell’universo

Il film di Dumont potrebbe raccontare un mondo molto più complesso nella sua semplicità. Forse anche gli esseri venuti da un altro pianeta non sono poi così diversi dagli esseri umani. E, viceversa, tutti hanno le stesse debolezze e gli stessi desideri.

L’Empire di Dumont rimane fino alla fine un’opera complessa e difficile da comprendere. “Questo è tutto”, è la battuta finale del bambino su cui si chiude il film, eppure lo spettatore rimane con un senso di insoddisfazione. 

Ma forse proprio il finale era necessario per un’opera che voleva raccontare una battaglia epica. Mostrandoci per tutto il film una lunga attesa, per poi lasciarci stupefatti con una battuta comica finale.

Il tutto è il film” dice Dumont. Forse non c’è nessuna verità nascosta, e l’unica certezza è che l’auto è lì così come il film è il tutto di cui avevamo bisogno. Forse i misteri dell’universo sono tali e devono rimanere oscuri, non c’è nessuna verità ma tutto è come appare.

L'Empire

  • Anno: 2024
  • Durata: 110'
  • Distribuzione: Academy Two
  • Genere: comico, fantascienza, azione, satirico
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Bruno Dumont
  • Data di uscita: 13-June-2024

Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers