Cos’è che rende una storia davvero efficace? Quali sono gli archetipi narrativi che la fanno funzionare? La risposta è meno misteriosa di quanto si pensi: ogni grande storia è costruita su una base solida di ingredienti narrativi, elementi essenziali che si ripetono da sempre, in forme diverse, nei romanzi, nei film, nei racconti.
L’essenza di una buona storia
Immaginate di prendere un personaggio e gettarlo in situazioni sempre più difficili, costringendolo a prendere decisioni impossibili. Questo è il cuore di una buona narrazione: il conflitto. Senza ostacoli, senza tensione, una storia non coinvolge, non tiene il pubblico sulle spine. Per questo è essenziale far soffrire i personaggi, metterli all’angolo, fargli affrontare prove che li costringano a cambiare.
Le grandi storie, infatti, parlano di cambiamento. Il protagonista parte da una condizione iniziale e, attraverso le sfide che affronta, si trasforma. Se tutto rimanesse uguale, il viaggio non avrebbe senso.
Pensiamo a 1917, il film di Sam Mendes: due soldati devono consegnare un messaggio attraverso il fronte nemico per evitare una strage. Il loro percorso è disseminato di pericoli e ogni scelta è questione di vita o di morte.
Oppure a The Shape of Water, dove l’amore tra una donna muta e una creatura marina sfida le barriere imposte dalla società. La struttura narrativa segue uno schema preciso, ma la magia sta nel modo in cui la storia viene raccontata. Se analizziamo la struttura troviamo molte cose in comuni con E.T e La bella e la bestia. Si tratta di storie che ruotano attorno a un protagonista umano che entra in contatto con una creatura “diversa”, sviluppando con essa un legame profondo e sovvertendo le paure e i pregiudizi della società circostante.
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Sempre le stesse storie? Il segreto delle narrazioni che si ripetono
Hai mai avuto la sensazione che molti film si somiglino? Che, per quanto cambino ambientazione, personaggi e dettagli, alla fine raccontino sempre la stessa storia? Beh, la realtà è che hai ragione. Le storie si ripetono, perché il loro scheletro narrativo è costruito su schemi archetipici che funzionano da sempre.
Ma questo non è un difetto. È un meccanismo profondo della narrazione umana. Dai poemi epici ai blockbuster di Hollywood, raccontiamo e rielaboriamo sempre le stesse strutture, perché parlano di esperienze universali: il coraggio, la paura, la crescita, la lotta contro le avversità.
Uno degli schemi narrativi più diffusi è “Overcoming the Monster” (Superare il Mostro).
L’archetipo del mostro: da Beowulf a Lo Squalo, passando per gli alieni
Partiamo da Beowulf, il poema epico dell’VIII secolo. La sua trama è semplice e potente: una comunità è minacciata da una creatura mostruosa, Grendel, che terrorizza e uccide gli abitanti. Arriva l’eroe, Beowulf, che affronta il mostro in uno scontro sanguinoso e lo uccide. La minaccia sembra finita, ma ecco il colpo di scena: arriva la madre di Grendel, ancora più terribile, e Beowulf deve affrontare una seconda battaglia. Alla fine, il pericolo è sconfitto e la comunità può vivere in pace.
Ora, prendiamo questa struttura e cambiamo pochi elementi:
- Heorot (la comunità minacciata): Amity, la cittadina in riva al mare;
- Grendel (il mostro): Lo squalo gigante che divora i bagnanti;
- Beowulf (l’eroe): Lo sceriffo Brody, che prende in mano la situazione.
Cosa otteniamo? Lo Squalo (1975) di Steven Spielberg. Stessa dinamica, stesso schema narrativo. Ma non finisce qui. Cambiamo ancora qualche dettaglio: il mostro non è uno squalo, ma un alieno invasore. L’eroe non è un guerriero vichingo o uno sceriffo, ma un pilota o uno scienziato. L’arena non è una città medievale o una spiaggia, ma la Terra intera. Ed ecco serviti Independence Day, La Guerra dei Mondi, Aliens, Pacific Rim, Godzilla e così via. Cambiano i nomi, ma la struttura è identica: una minaccia incombe, l’eroe raccoglie la sfida, combatte, subisce sconfitte, trova una soluzione estrema, uccide il mostro e salva la comunità.
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La stessa storia, in diversi generi
Il modello “Overcoming the Monster” è così efficace che lo troviamo in una miriade di generi diversi:
- Western: Mezzogiorno di fuoco, I magnifici sette: il mostro è una banda di criminali che minaccia la città.
- Fantascienza: La guerra dei mondi, Alien, Predator, Edge of Tomorrow: il mostro è alieno, ma la struttura non cambia.
- Horror: Dracula, IT, Nightmare, Halloween: il mostro è una creatura sovrannaturale o un serial killer.
- Film catastrofici: The Day After Tomorrow, 2012, Deep Impact: il mostro è un disastro naturale, ma il concetto è lo stesso.
- Azione e supereroi: Die Hard, Avengers, The Dark Knight: il mostro è un terrorista, un criminale o un supervillain.
Perché raccontiamo sempre le stesse storie?
La ripetizione degli archetipi narrativi non è pigrizia creativa, ma una necessità. Le storie funzionano perché parlano a qualcosa di profondo dentro di noi. Non importa se il mostro è uno squalo, un alieno, un vampiro o un meteorite: il conflitto tra bene e male, tra sicurezza e caos, è qualcosa che ci riguarda da sempre.
Christopher Vogler, con il suo Il Viaggio dell’Eroe, ha dimostrato come tutte le storie seguano schemi ricorrenti perché rispondono a bisogni psicologici universali. Vogliamo vedere il protagonista lottare, cadere, rialzarsi, superare i propri limiti e vincere. È lo stesso motivo per cui amiamo le fiabe da bambini e i film d’azione da adulti.
La sfida, per scrittori e registi, non è inventare qualcosa di mai visto prima, ma trovare un modo originale di raccontare una storia che conosciamo già.
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Il viaggio dell’eroe
Quando la variazione fa la differenza
Prendiamo due film molto simili nella premessa, ma profondamente diversi nella rappresentazione:
Lo Squalo (1975): il pericolo è esterno, la minaccia è chiara e visibile: un enorme squalo che terrorizza la spiaggia. La tensione è nella caccia.
The Thing (1982): il pericolo è interno, il “mostro” può essere chiunque. La tensione non è nella caccia, ma nella paranoia.
Entrambi rientrano nel modello “Overcoming the Monster”, ma l’impatto sul pubblico è completamente diverso.
Stesse storie, nuove emozioni
Dunque, sì: i film si assomigliano. Ma non è un problema. Le storie funzionano non perché siano nuove, ma perché ci fanno provare emozioni vere. Il segreto è nel come vengono raccontate.
Pensaci la prossima volta che guardi un film e ti sembra familiare. Magari è solo un’altra versione di Beowulf, ma raccontata in un modo che ti tiene incollato allo schermo.