Imago, presentato nella sezione Long Play Feature, è un pugno nello stomaco, un urlo stordente che lascia senza fiato. Netto nella rappresentazione della realtà e al tempo stesso calato in un simbolismo totalizzante.
La giovane Ela/Malwina, in una delle prime scene del film, viene condotta in un reparto psichiatrico femminile e la scritta “szalona” (pazza) viene apposta sulla sua schiena a definirne banalmente la presunta patologia. Risuona sinistra Young Man degli Xmal Deutschland e il suo incedere cupo non lascia scampo.
Trójmiasto, Polonia, 1987: un paese percorso dalle onde della trasformazione politica, Solidarność ad animare le proteste contro il regime comunista insieme al fermento della controcultura locale, costituiscono il fulcro di una pellicola che sin dal titolo evoca il tema del cambiamento.
Il termine “Imago” indica l’ultima fase di metamorfosi di un insetto affinché si compia il completo sviluppo e tale processo investe la vita di Ela. Tanto quanto il contesto storico e sociale che le gira intorno.
La ricerca della propria identità attraverso l’arte
Ela, riconosciuta bipolare, è semplicemente una donna alla ricerca di un’identità. Vive nel classico formicaio di gusto sovietico come ultima figlia di una famiglia numerosa e una madre che pare incapace di soddisfare il suo bisogno d’affetto. Veste il nero, ascolta musica “deviata”, fissa una parete bianca in cui disegna un occhio che diverrà il suo nuovo sguardo sulla realtà. Indossa un orecchino che alternativamente sposta da destra a sinistra in un cambio di prospettiva interiore. Fuma ossessivamente. Intanto intesse rapporti con artisti locali, prima un timido fotografo, poi un pittore viziato che assomiglia a Majakovskij. Una sera, durante un concerto post punk, sale sul palco, chiede una sigaretta, afferra il microfono e comincia a declamare urla e versi ispiratissimi che conquistano musicisti e pubblico tanto da divenire la figura centrale della band e della comunità bohémien che le attribuirà il titolo di “madre cosmica”.
Il cammino verso la maturità viene interrotto bruscamente nel momento in cui Ela scopre di essere incinta. E a ciò segue la progressiva discesa verso una dimensione famigliare borghese e convenzionale in cui il rapporto con la figlia si tinge di ombre, conflitti e sentimenti ambivalenti. Tanto da soffocarne le spinte creative.
L’ambivalenza della maternità
La maternità è rappresentata come una lacerazione insanabile che – oltre a squarciare i corpi – compromette lo spirito, amputa le aspirazioni, in una catena infinita di privazioni e rinfacci. Le immagini che rimandano al sangue sono ricorrenti. L’onestà intellettuale, spogliata da qualsiasi retorica perbenista, è una benedizione in una società in cui troppo spesso sono taciute le dinamiche insite nel “dono della vita”.
La storia è ispirata da eventi reali e interpretata magistralmente da Lena Góra, figlia di Ela Góra, in un percorso di psicomagia che rimanda a Alejandro Jodorowsky.
A ciò fa eco la rappresentazione di un collettivo artistico effervescente, zona di sana anarchia espressiva senza compromessi o cliché, figlio di tempi lontani e caratterizzato da una spontaneità irripetibile.
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Imago
La regista Olga Chajdas, presente in sala, spiega che le scene live sono state create con concerti ripresi in un’unica battuta, proprio per rendere l’immediatezza tipica di quegli anni. Le musiche curate da Smolik si fondono con la storia e incarnano a perfezione i temi di libertà e scelta intorno a cui ruota il film.
Tanti sono i momenti incisivi di Imago, con immagini forti e boccate d’ossigeno – nonostante tutto. Ela/Lena, nuda, che tenta quasi di strapparsi la pancia è potentissima, così come lei e Tomek svestiti sul tetto di un palazzaccio e stesi al sole.
Una testimonianza energica sul femminile, sulla trasformazione dei singoli e delle società.
Evoluzione? Tornando agli Xmal Deutschland, “deine hoffnung wird versickern wie eine perle im sand”, la tua speranza svanirà come una perla nella sabbia.
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