Blur: To The End, apre l’undicesima edizione del SeeYouSound e trascina fin dalle prime immagini in una dimensione spazio temporale del tutto inedita.
Il documentario firmato da TobyL, presentato in anteprima italiana e dedicato ad una delle band più influenti degli ultimi 30 anni, è un viaggio toccante nel trascorso umano e musicale che percorre gli esordi, la reunion per la creazione dell’album The Ballad of Darren fino alle storiche date a Wembley.
Inevitabile essere scossi da nostalgia per chi – come me – era lì fin dall’inizio. Tuttavia sarebbe pretestuoso cogliere, in questo film, quest’unico elemento. L’energia scorre irrefrenabile nella vita dei Blur, come entità in continua evoluzione, con progetti che esulano dall’ambito discografico e approdano a lidi inimmaginabili.
Dall’indie a Wembley raccontando i tanti volti della contemporaneità
I volti puliti dei Blur ventenni si fondono con i solchi ruvidi della maturità in una linea temporale spezzata, ma armonizzante, che abbraccia tutto. I primi palchi, le sale indipendenti, la cool Britannia e poi la crescita progressiva verso il successo mondiale che consuma ed estrania. La fatica, le dipendenze e il senso di smarrimento dinanzi ad una società sempre più incerta e incomprensibile, lo schiaffo di Brexit, la fragilità connaturata al passare del tempo, fino al rito collettivo di Wembley, che dà senso a tutto e riunisce generazioni e proiezioni del sé. Tutto questo è narrato con totale autenticità in un’opera dal profilo lo-fi che incanta proprio per lo spirito con cui è stata concepita.
Niente orpelli, artifici, ma un’ondata fragorosa di umanità a celebrare glorie e tracolli di quattro uomini ultra cinquantenni a confronto con l’onta del tempo, le incognite su presente e futuro in un’ode alla musica e al senso che dà alle nostre vite. Sullo sfondo la natura poderosa dei paesaggi inglesi, la riscoperta di una di una fraternità mai sopita, l’importanza della quotidianità domestica, lo sguardo ironico, la sagacia e la fragilità.
La sorprendente regia di Toby L
Toby L, sorridente e generoso, in una sala gremita, racconta l’enorme lavoro compiuto con oltre 300 ore di riprese e un processo di selezione e assemblaggio durato mesi. I suoi occhi brillano di gioia, mentre ricorda che i Blur furono il suo primo concerto: li amò da subito e non avrebbe mai pensato di girare un documentario che ne celebrasse la storia. C’è spazio per i sogni, comunque. “It really, really, really could happen”.
Esco al freddo della sera stranita e frastornata, sembra ieri che ero su una pista a ballare There’s No Other Way; ora sono qui, il ritornello incessante di To The End che gira in testa, mentre un amico mi fa notare che ho gli occhi rossi, freno a stento le lacrime, non so ancora bene chi sono, ma so che sarò fedele, fino alla fine.
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