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Berlinale

‘What Does that Nature Say to You’, il fascino dell’ordinario

Hong Sang-soo è un maestro nel ritrarre la vita di tutti i giorni. Ancora una volta riesce a dimostrarlo.

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Intravedere Hong Sang-soo tra i moderni palazzi di Potsdamer Platz non desta più stupore. Il regista sudcoreano torna per l’ottava volta al Festival di Berlino (quattro solo negli ultimi sei anni), fresco dell’Orso d’argento – Gran Premio della Giuria, vinto alla scorsa edizione per A Traveler’s Needs con Isabelle Huppert. Tuttavia, nonostante le numerose partecipazioni e i numerosi premi ottenuti, quasi fosse in preda alla maledizione dell’eterno secondo, Hong Sang-soo non è mai riuscito ad aggiudicarsi il prezioso Orso d’Oro.

Ma guardare al passato non è mai producente e Hong Sang-soo lo sa; continua a lavorare a ritmi celeri e si presenta anche quest’anno con un film che ha tutte le carte in regola per ambire alla tanto agognata statuetta:What Does that Nature Say to You. Hong Sang-soo ci regala, ancora una volta nel vero senso del termine, l’intima narrazione dell’incontro tra un impacciato poeta di nome Donghwa e i familiari della sua ragazza Junhee. La pellicola riunisce un cast all’altezza del compito che, tra tutti, vede spiccare il nome del veterano Kwon Hae-yo, quello del giovane Ha Seong-guk, entrambi fedeli collaboratori del regista.

Stravolgere la natura stessa del cinema

What Does that Nature Say to You è la prova visibile che anche la vita di tutti i giorni può essere degna di un film. L’importante è saperlo fare e Hong Sang-soo, in questo, è un maestro. Un poeta del quotidiano che, anno dopo anno, arricchisce la sua collezione di intimi mondi cinematografici. Non quelli dei grandi eventi, non quelli dell’uno su un milione. Ancora una volta a ispirare il regista sono le casualità più semplici, le consuete coincidenze, i piccoli svaghi giornalieri. In What Does that Nature Say to You non succede niente di stupefacente, ma questo non significa che non accada nulla.

Hong Sang-soo, come un segugio dall’olfatto sopraffino, si dedica alla ricerca del particolare, consapevole che ordinario non è sinonimo di statico, identico. Ciò che reputiamo ripetibile in realtà non lo è. Niente si ripresenta mai come prima. È un assioma, un principio evidente che non ha bisogno di dimostrazioni. Eppure il cinema, normalmente, ci fa credere il contrario. Ci convince della monotonia delle nostre esistenze, fornendoci, come alternativa, la possibilità di poterne vivere altre, quante ne vogliamo. È questa illusione che rende la Settima Arte irresistibile. Hong Sang-soo continua a sfidare questa impostazione. Anche con un’opera come What Does that Nature Say to You insiste nel ricordarci che tutto ciò che ci circonda è seducente e merita la nostra ammirazione. L’ordinario diventa per il suo cinema l’oggetto da nobilitare e non si può che rimanerne affascinati.

Uno stile inconfondibile

In What Does that Nature Say to You la regia di Hong Sang-soo è particolarmente interessante: inquadrature principalmente lunghe e fisse, qualche rapido zoom, alcune lievi panoramiche, angolazioni particolari. Sono scelte stilistiche da cui si evince la volontà di non anonimizzare il proprio punto di vista che cerca brama il privato. Con il passare dei minuti Hong Sang-soo riesce a penetrare con il proprio sguardo sempre più gradi dell’intimità degli spazi domestici e degli esterni. I primi non sono mai definiti nella loro totalità: una parte del divano, il tavolo visto da una sola prospettiva, un pezzo di letto. Allo stesso modo i secondi non sono mai catturati in campi totali: una panchina in un giardino, un angolo di tempio, le foglie di un albero, un tratto di sentiero. È questo voler sezionare lo spazio che accentua l’idea di intimità, perché, nonostante l’assenza di primi piani, immerge lo spettatore al livello dei protagonisti.

Pragmatismo o idealismo?

Da un lato l’idealismo di Donghwa, dall’altro il pragmatismo dei genitori e della sorella di Junhee. Il loro confronto è una costante all’interno di What Does that Nature Say to You. Lo ribadiscono le conversazioni tra i personaggi e le loro azioni. Anche gran parte dell’umorismo del film è strutturato su questa dicotomia. Ma il momento in cui questa dualità si fa veramente interessante è quando entra in dialogo con la poesia. Donghwa non è infatti l’unico a scrivere poesie, è un passatempo anche della madre di Junhee. Non ci è dato sapere dell’effettiva qualità dei due poeti.

Assistiamo solo a una scena imbarazzante. Donghwa durante la cena recita terribilmente un suo mediocre componimento. Il problema è che non si comprende se la poesia sia effettivamente brutta o se il motivo della figuraccia risieda esclusivamente nel fatto che lui sia ubriaco fradicio e non sia quindi in grado di interpretarlo correttamente. L’unica certezza è che la madre di Junhee sostiene che la mancanza di talento di Donghwa risieda nel vivere solo di libri, quando invece dovrebbe immergersi nella vita vera. Per lei il segreto di una grande poesia sta nell’esperienza pragmatica. Donghwa invece sostiene di essere continuamente alla ricerca della bellezza, vive delle proprie convinzioni, sognando gli idoli del passato (si fa crescere la barba per assomigliare agli antichi avi). In lui c’è sicuramente dell’ingenuità, ma probabilmente la verità sta nel mezzo. Hong Sang-soo non si sbilancia. Ci dice che bisogna cercare un equilibrio tra le due spinte. Probabilmente Junhee, condiscendente verso Donghwa e rispettosa verso i propri genitori, ne è già cosciente.

 

Qui il programma completo del Festival.

What Does that Nature Say to You

  • Anno: 2025
  • Durata: 108'
  • Genere: Commedia-Dramma
  • Nazionalita: Corea del Sud
  • Regia: Hong Sang-soo

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