La serie ideata da María López Castaño e tratta dalla penna di Elísabet Benavent arriva su Netflix con una stagione finale in continuità con i bagliori femministi che l'avevano preceduta, ma solo in parte
Valeria 4. Nel giorno di San Valentino e su Netflix arriva la quarta ultima stagione di una serie di grande impatto per irriverenza (femminile) e perché contraddistinta da un racconto sincero ed originale dell’amicizia tra quattro donne e delle loro vite piuttosto divertenti in una caotica Madrid.
Definita dai più la Sex and the city madrilena, Valeria, che prende il nome dalla sua protagonista (nel ruolo l’attrice Diana Gómez), nasce da romanzi di grande successo in Spagna e ruota interno alle avventure di una scrittrice in crisi creativa e del suo gruppo di amiche di cui fanno parte Carmen, Lola e Nerea (in ordine intepretate da Silma López, Paula Malia e Teresa Riott). Inizialmente cancellata da Netflix dopo la terza stagione e poi recuperata, Valeria 4, romanticissima nella sua conclusione, persevera con una narrazione che prova a mettere al centro la forte spinta all’autodeterminazione, con tutte le sfaccettature ben evidenziate dalle vicende che interessano le donne sullo schermo.
Valeria 4: di cosa parla la quarta stagione
Sul finire della terza stagione di Valeria, Carmen si trova alle prese con un percorso professionale e personale ricco di traguardi, Lola cambia approccio nei confronti delle relazioni sentimentali, Nerea accoglie, finalmente l’amore di Georgina, mentre la protagonista, dinanzi ad un bivio amoroso, sceglie la strada più confortevole ma meno scontata.
Valeria 4 si apre proprio con questo quartetto di donne alle prese con drammi quotidiani e scelte di vita dirimenti, sempre insieme e coese, eppure arrischiate nelle loro individualità fatte anche di inquietudini difficilmente comunicabili alle altre. La serie, di base corale, si stringe, per quest’ultimo capitolo, intorno a Valeria, offrendo una chiave nuova del racconto di matrice propulsiva, che dalla scrittrice si allarga verso le sue amiche che, tuttavia, restano questa volta meno centrali.
Una stagione necessaria
Alla notizia di cancellazione della serie alla terza stagione, i fan di Valeria avevano storto il naso, non solo poiché la trama rischiava di non arrivare a compimento, ma anche a causa di una mancata aderenza alla saga romanzesca costituita, appunto, da quattro libri.
È necessario affermare subito che anche quest’ultima stagione conferma una certa qualità del prodotto che attinge sia dall’innovazione del passato (vedi il riferimento a Sex and the city) che da una maniera nuova di scrivere e raccontare personaggi femminili che non debbano, necessariamente, essere asserviti ad un perimetro convenzionale e ridotto dello sguardo. Valeria, Carmen, Lola e Nerea sono donne caleidoscopiche, spesso non esemplari e non riconducibili a modelli di frequente rappresentazione sullo schermo. Valeria, ad esempio, ha seri problemi di indecisione e una, talvolta, insopportabile immaturità sentimentale. Carmen è brillante, ma anche nevrotica e poco incline alla maternità. Lola fa fatica a stare nella dualità e, pur professandosi una estimatrice della verità, fa esercizio costante di menzogna. Nerea, infine, è una donna rigida e procrastinatrice, a cui duole togliersi la maschera e vivere nel coraggio della propria identità.
Delude la piega del racconto, eccetto il tema dell’amicizia
Ognuna di loro diventa migliore grazie e per l’altra. Il senso dell’amicizia esplorato in questa quarta stagione si espande rispetto alle precedenti e diventa più realistico e profondo, offrendo alle quattro la possibilità di navigare dentro altre emozioni complicate da condividere: le paure vitali, la vergogna, la mediocrità e l’inderogabilità dell’essere adulti. Questo tesoro che le tiene unite nonostante le forze contrarie è l’elemento che desta maggiore interesse nello spettatore, mentre altri temi risultano più impoveriti.
La scelta di focalizzarsi sul topos amoroso, con una breve ma presente trafila di cornici per nulla inedite, rappresenta, da una parte, l’espressione della volontà di arrivare al cuore del grande pubblico e di dargli ciò che desidera, eppure avrebbe potuto farlo lo stesso con percorso o finale differenti, mantenendo il punto su quella direzione così originale che aveva contraddistinto le prime tre stagioni. Queste donne smettono di essere “incarnate” e diventano simili alle categorie di cui potrebbero far parte. Tranne Nerea, che forse è l’unico personaggio realmente autentico, tutte raggiungono ogni tipo di obiettivo prefissato anche quelli non preventivati, in una sorta di cortocircuito dell’autodeterminazione, con uomini accorti e pronti a fare passi in tutti i sensi possibili. Mancano, qui, quella vitalità delle cadute e delle ripartenze, delle occasioni mancate e delle malinconie dei treni persi, che rendono il viaggio doloroso ma pieno di belle storie da raccontare.
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