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FESTIVAL DI CINEMA

Venezia 70: “Es-Stouh” (“Les Terrasses”) di Merzak Allouache (In Concorso)

Allouache costruisce una sceneggiatura attenta e convincente che scorre dall’inizio alla fine con buon ritmo. Una storia raccontata sia a livello visivo che narrativo nel migliore dei modi

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Anno: 2013

Durata: 91′

Genere: Drammatico

Nazionalità: Algeria, Francia

Regia: Merzak Allouache

 

Le terrazze dell’anima

Merzak Allouache autore di  Normal! e El taaib, porta al Lido il film Es-Stouh (Les terrasses), cinque storie che si intersecano scandite dall’invito alla preghiera dei Muezzin. Luogo deputato a questi intrecci è il quartiere popolare di Algeri: Bab El-Oued.

Nel corso di un’intera giornata su altrettante terrazze la bambina di una famiglia intransigente tenta di avere un rapporto “normale” con lo zio rinchiuso in una gabbia sul tetto per ragioni inconfessate. Il proprietario dell’immobile scompare dopo aver cercato ancora una volta di cacciare un’anziana donna che vive abusivamente sulla terrazza: indaga un ex ufficiale di polizia decisamente singolare. Un gruppo di ragazzi usa il tetto del palazzo come sala prove in vista di un’esibizione musicale, finché sul terrazzo adiacente si consuma il dramma di una giovane donna. Un uomo viene torturato perché non vuole firmare un misterioso documento, sotto l’occhio cinico di qualcuno che gli è in realtà molto vicino, e una piccola troupe televisiva si ritrova nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

Le terrazze diventano così metafora della complessa e tormentata società algerina. Un paese decadente dove la violenza ha raggiunto i tetti delle sue case, in passato luoghi tranquilli nei quali la gente del vicinato si incontrava e trascorreva il tempo a contemplare la baia, le colline, il mare.
Allouache costruisce una sceneggiatura attenta e convincente che scorre dall’inizio alla fine con buon ritmo. Una storia raccontata sia a livello visivo che narrativo nel migliore dei modi. I personaggi ben calibrati non risultano mai superflui o marginali ma rendono nel loro complesso la molteplice struttura del soggetto narrato in una sorta di sineddoche.

I rapporti umani si logorano con lo scorrere della pellicola. Per il regista algerino sembra non ci sia possibilità di fuga dal proprio destino. Questa mancata redenzione viene espressa a livello estetico con una fotografia color cenere soprattutto quando vengono filmati gli interni, provocando un contrasto visivo forte quando la macchina da presa, in esterno, ci mostra i meravigliosi panorami sul mare ripresi con una fotografia realista.

Nell’incontro con i giornalisti il regista ha parlato della sua terra d’origine in evidenza nella sua opera: “In questo momento in cui il mondo arabo è scosso da una serie di crisi senza precedenti, l’Algeria appare invece paradossalmente serena, rivolta verso se stessa, quasi indifferente. Tiene cara la sua nuova pace recuperata dopo un decennio di cruento terrorismo. La realtà, tuttavia, è alquanto diversa”.

Vittorio Zenardi 

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