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Berlinale

‘Reflet dans un diamant mort’: nascita di un cult con luci e ombre

Il cinema di genere arriva in competizione a Berlino, in una co-produzione italiana che vuole essere rilettura post-moderna dello spaghetti-spy.

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In competizione ufficiale alla 75° edizione della Berlinale, Reflet dans un diamant mort aspira ad essere un omaggio al genere euro-spy in una rinnovata chiave dal gusto eccessivo, tra il videoclip musicale e il b-movie gore. Ne esce un cult che è già fenomeno di nicchia, e forse vuole essere troppe cose contemporaneamente.

Un viaggio che diventa bad trip…

…e poi spy-story, poi ancora racconto stratificato nella psiche individuale, e poi, forse, rivincita del femminile in un mondo dominato dall’uomo che non deve chiedere mai.

Questo e molto altro viene confluito in Reflet dans un diamant, unico film in co-produzione con l’Italia nella sezione più prestigiosa del Festival di Berlino. Il film, scritto e diretto da Hélène Cattet e Bruno Forzani è prodotto da Kozak Films.

In una chiave post-moderna, che pone tutta la sua forza nell’impatto visivo-sonoro graffiante, Reflet dans un diamant recupera il racconto di spionaggio anni ’70 in una lettura nuova, non tanto nella trama ma nella sua interpretazione cinematografica provocatoria.

Cattet e Forzani forzano in maniera eccellente la mano non perdendo neanche un fotogramma per scoprire rinnovati punti di vista e nuovi escamotage di messa in scena, sorretti da un grandissimo lavoro tecnico in tutti i settori: dalla fotografia (Manu Dacosse) al montaggio (Bernard Beets), dal sound design (Dan Bruylandt) agli effetti speciali.

La “missione Serpentik” è un fallimento

John (Fabio Testi) ha 70 anni e vive nel lusso solitario di un grande albergo della Costa Azzurra. La donna che vive nella stanza accanto lo incuriosisce e gli ricorda gli anni selvaggi trascorsi negli anni Sessanta, quando era un’elegante spia internazionale in un mondo pieno di pericoli e di promesse. Ma quando la donna scompare misteriosamente, John è assalito da flashback – o forse da fantasie – del suo passato glamour e grottesco.

Reflet dans un diamant vuole essere un percorso mai lineare dalle potentissime note pop che attraversa il cinema di genere, fa l’occhiolino a Godard, e finisce in un rocambolesco gioco di specchi ove la pelle, e quello che per noi rappresenta, diventa protagonista di un gioco delle parti tra il passato e il presente.

Potrebbe essere un esempio di come ci si può affacciare ad una nuova idea del genere cinematografico, ancora in parte orfano nel panorama mainstream contemporaneo del nostro paese, ma che perde di sostanza dietro una trama a tratti troppo articolata e stratificata, che vuole essere tutto senza mai davvero fermarsi su niente.

Eppure, è un film con uno sguardo inaspettato che sarebbe da consigliare agli aspiranti registi di  spy-films o splatter movies: peccato che l’assenza di un intellegibile racconto distrugga senza possibilità di ritorno una quota estetica meritevole ma i cui dettami sono causa stessa del suo male. La rincorsa al videoclip, al sensazionale, all’immagine che rimane fissa in eterno corre ad una velocità a cui la trama non riesce a stare al passo. Finisce così che la missione Serpentik citata e appartenente al passato-presente di John si chiuda con molte più domande che risposte.

Chi è Serpentik? E perché di tutti i nomi si è scelta una versione knock-off di Diabolik? È forse questo film una rilettura femminista del genere, ove vi è un’unica donna che lotta ad artigliate contro i desideri moderni dell’uomo?  Di chi ci sta raccontando la storia Reflet dans un diamant? E ancora: è davvero il cinema-videoclip quello che i nostri tempi desiderano?

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  • Anno: 2025
  • Durata: 87'
  • Nazionalita: Italia-Belgio-Lussemburgo-Francia
  • Regia: Hélène Cattet e Bruno Forzani