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Approfondimento

La rimediazione mediatica nei lavori di Davide Livermore

Arrivato al cinema con il suo primo lungometraggio, 'The Opera! - Arie per un'eclissi', in concorso al Sudestival, le opere di Davide Livermore sono il miglior esempio di una narrazione che utilizza più medium

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Davide Livermore

In concorso al Sudestival con il coinvolgente film TheOpera!Arie per un’eclissi, realizzato con Paolo Gep Cucco, Davide Livermore è uno dei registi e scenografi italiani di maggiore rilevanza nel panorama teatrale e operistico internazionale. L’unico a portare al Teatro della Scala di Milano quattro prime consecutive (Attila, Tosca, Macbeth, Turandot). Direttore del Teatro Nazionale di Genova dal 2020, ciò che definisce i suoi lavori è l’approccio innovativo e lo stile visivo che rompono le regole della tradizionale rappresentazione delle opere liriche. Livermore ha infatti aggiunto una nuova dimensione al teatro e all’opera, cioè quella costituita dalla tecnologia e dalla mediazione digitale. Grazie alle tecniche moderne come la proiezione video e le installazioni multimediali, l’esperienza teatrale e operistica si arricchisce e si rinnova creando un legame tra passato e presente.

Questo rinnovamento è proprio il fine ultimo della rimediazione mediatica che applicata al contesto teatrale e operistico, permette ai media digitali, alle immagini e alle proiezioni video di integrarsi nell’esperienza scenica per creare una nuova forma di narrazione.

Davide Livermore

Turandot – Teatro alla Scala

Cosa vuol dire ‘rimediazione’?

La rimediazione mediatica è un concetto sviluppato nel 1964 dal teorico dei media Jay David Bolter e dal suo collega Richard Grusin. Attraverso questo processo i media vengono ri-mediati oppure riadattano altri media preesistenti, spesso per sfruttare nuove tecnologie o formati. I nuovi media quindi non solo sostituiscono quelli precedenti, ma li riprocessano e li reintegrano, adattandoli o rielaborandoli in modi diversi.

Ad esempio, gli adattamenti cinematografici di testi letterari implicano un processo di rimediazione. Il contenuto narrativo originario viene rielaborato per un altro medium che ha in sé un linguaggio visivo e sonoro propri del cinema.

Ma anche il dialogo tra media antichi e moderni, cioè proprio quello che fa Davide Livermore, è una forma di rimediazione. Una proiezione video inserita all’interno di un’opera lirica ricolloca la proiezione video stessa, all’interno di un media che di certo non la contemplava, e rispetto la quale è completamente estranea.

La regia di Davide Livermore

L’Aida, prodotta da Davide Livermore, Opera Australia e Opera Queensland, rappresentata a Brisbane nel dicembre 2023, è uno degli esempi di rimediazione livermormiana. La maestosa musica di Giuseppe Verdi, il libretto di Antonio Ghislanzoni sono supportati, sul palco, da dieci imponenti schermi digitali che creano scenografie in continua evoluzione dal pavimento al soffitto. Il design video digitale coinvolge lo spettatore spaziando da immagini simboliche ai paesaggi vivaci con scene realistiche e cinematografiche.

Oppure l’opera in due atti Elisabetta, Regina d’Inghilterra di Giocchino Rossini. Rispetto all’originale che fa riferimento a Elisabetta I, Davide Livermore decide di modificare questo aspetto. Sposta la linea temporale durante la seconda guerra mondiale, quindi la protagonista è Elisabetta II che vive un momento drammatico (non biografico). Questa scelta ci riporta inevitabilmente a The Crown. La scenografia di Giò Falaschi accompagna l’insicurezza di Elisabetta II  – divisa tra vita privata e pubblica – creando delle scene in cui tutto sembra sul punto di inabissarsi o crollare in un pavimento inconsistente. Le proiezioni video astratte sostengono i vari processi emotivi della narrazione e dei protagonisti con diversi scoppi cromatici.

Scrive Graziella Seminara sulla rivista online Arabeschi in  ‘«The seductive visuality» nella scrittura scenica di Davide Livermore’:

“Nella realizzazione di un allestimento il regista può anche disattendere il ‘testo musicale’ ma con esso deve comunque fare i conti;[…] Perché una messinscena è un luogo di incontro e di tensione tra l’orizzonte creativo dell’autore e quello esegetico del regista. Ed è sempre il risultato del rapporto dialettico che si viene a creare tra suono e visione, tra testo musicale e testo scenico, tra fedeltà e interpretazione.”

Davide Livermore

The Opera! – Arie per un’eclissi

Nel gennaio 2025 è arrivato nelle sale italiane The Opera! Arie per un’eclissi, primo lungometraggio diretto da Davide LivermorePaolo Gep Cucco con un cast internazionale (Vincent Cassell, Fanny Ardant, Angela Finocchiaro). È un film che segna, per Livermore e Cucco, un nuovo tipo di rimediazione in cui l’Opera e la settima arte si incontrano utilizzando la grammatica cinematografica.

I due registi collaborano da anni, e Cucco ha ideato grandissimi progetti di entertainment design e video design per l’opera lirica. Con questo film hanno anche creato un nuovo genere come ha dichiarato lo stesso Cucco in una intervista a Tag24 raccontando la genesi di The Opera Arie per un’eclissi:

“[il progetto] è nato come un esperimento teatrale in Oman alla Royal Opera House di Muscat in cui ci avevano chiesto uno spettacolo che potesse mettere insieme diverse Arie con una narrazione […] l’idea era quella di trasportarlo [il progetto] nel mondo del cinema e farne un’operazione in cui la musica potesse diventare un medium straordinario per poter raccontare il viaggio di Orfeo dall’altra parte del mondo per riportare indietro Euridice […] creando un genere nuovo perché in fondo è un’Opera Musical.”

La rimediazione mediatica in The Opera!

The Opera! è stato girato interamente in uno dei più grandi set virtuali d’Europa cioè il Prodea Led Studios di Torino, con l’utilizzo della SGI e dei VFX per raccontare il viaggio di un contemporaneo Orfeo negli Inferi. Infatti la storia raccontata è quella del mito di Orfeo ed Euridice – il primo libretto nella storia del melodramma – ma trasposta ai giorni nostri. Se nelle rimediazioni citate precedentemente, quindi le proiezioni video, diventano portatrici di significato all’interno dell’opera lirica, in questo caso è l’opera lirica che diventa significante in un testo cinematografico. Lasciata la propria ‘casa natale’, cioè il teatro, l’Opera Lirica si trasferisce in un’altra casa (un nuovo medium) integrandosi perfettamente.

Le Arie ricollocate

Ogni rimediazione è anche un ricollocamento. Pur non essendoci in The Opera! un intento educativo, c’è nel progetto di Livermore e Cucco quello di rendere le arie fruibili per chiunque, estrapolandole dal loro contesto originale. Le arie più famose  (tra le quali: Amami Alfredo, E lucevan le stelle) oppure The power of love – canzone pop ma reinterpreta con «una orchestra barocca» -, diventano elementi narrativi di un mondo onirico ricostruito grazie agli effetti speciali. Ricollocate nel medium cinematografico si crea una fusione di riferimenti transmediali, per esempio quello a Stranger Things quando Orfeo si ritrova in uno spazio completamente nero camminando su un pavimento ricoperto di acqua. Oppure il riferimento allo straordinario film del 1957 di Ingmar Bergman, Il Settimo Sigillo nella scena in cui Orfeo (Valentino Buzza) gioca a scacchi con Ade (Erwin Schrott) che canta l’Aria ‘Son lo spirito’ del Mefistofele di Arrigo Boito.

The Opera! Davide Livermore

L’importanza della componente visiva

Le produzioni di Davide Livermore grazie alla rimediazione mediatica sono sempre caratterizzate da una forte componente visiva, che mescola scenografia, video, effetti speciali e musica per generare un impatto immersivo. Portando sulla scena nuovi linguaggi espressivi crea un connubio tra tradizione e innovazione tecnologica come nella Tosca con l’omaggio a Giuditta Pasta, prima interprete dell’opera belliniana nel 1831. Ciò che viene mostrato quindi non è mai solo accompagnamento ma è un nuovo livello di narrazione che si somma aumentando il senso del racconto utilizzando dei linguaggi che evolvono con il passare del tempo.