In anteprima mondiale nella sezione Perspectives della 75° edizione della Berlinale una co-produzione Italia-Filippine.
Ambientata nella provincia romana ma recitata interamente in filippino Come la notte è un racconto nostrano tanto quanto lontanissimo, con un impatto visivo deciso e di composta bellezza.
Lungometraggio di finzione del regista Liryc Dela Cruz, il film è prodotto da Pelircula in collaborazione con Il Mio Filippino Collective, Ozono Studio e Reckless Natarjan Pictures.

Per chi interessa guardare
Dopo anni di lontananza, tre fratelli filippini si incontrano nella villa che una delle sorelle ha ereditato. Mentre la notte si fa più profonda, la tanto attesa riunione risveglia vecchi ricordi ma anche rancori inespressi. L’aria è appesantita dal peso di ciò che è stato lasciato in sospeso nel corso del tempo, mentre i fratelli cercano di superare la distanza che si è creata tra loro.
Come la notte cresce in seno ad un precedente lavoro di Dela Cruz, “Il Mio Filippino: For Those Who Care To See”. Il progetto partiva dai corpi dei lavoratori filippini, nella costruzione di un iconografia dell’alienazione e colonizzazione economica, fisica e spirituale.
Dal principio quindi di raccontare da vicino e in maniera dichiarata vite che coabitano nella nostra realtà geografica ma che continuano ad essere isolate e distanti, Dela Cruz esplora una parentesi della storia di tre fratelli. Una di loro, la maggiore, legata alla casa che pulisce e onora della signora Patrizia, donna che ha servito per 35 anni e che ha lasciato a lei la sua proprietà.
Quando i suoi fratelli arrivano a trovarla in questa villa silenziosa Dela Cruz fa riemergere loro il non detto sofferto della migrazione: una cicatrice fatta bruciare dalla sua constante comunione con il servire l’altro, “la signora Patrizia” – uniche due parole dette in italiano nel film che rimbombano di volta in volta come tuoni in una triangolazione di risentimenti e affetti già precari. I tre, isolati in una gabbia dorata, metaforica e materiale, si affacciano alla costrizione di rimanere per sempre schiavi.
Un racconto del nuovo colonialismo: storia degli obblighi di quella marea di italiani non riconosciuti, adesso rinchiusi in nuove prigioni di precarietà e di impossibilità di diritto politico e sociale.
Ed è qui che cova, inaspettata e prevedibile, la rabbia sottesa dei fratelli che si fonde in un lampo di violenza negli ultimi istanti.

Quadri in bianco e nero per una nuova tipologia di schiavitù
La vera perla insita in Come la notte rimane però il risultato tecnico dell’immagine, lo stile e il punto di vista materiale che viene esercitato.
De la Cruz è profondamente attento alla resa visiva e uditiva dell’opera creando una struttura di immagini e suono raffinata e solida, in uno sguardo a metà tra due tradizioni cinematografiche: il neorealismo italiano e il cinema lirico filippino.
Il film è un susseguirsi di quadri fotografici con un bianco e nero ricchissimo di contrasti, quasi a voler abbandonare la scala di grigi. Foto in bianco e nero che respirano e che tra le nette orme nere rimangono solo parzialmente visibili.
Completamente assente di musica, l’audio di Come la notte abbandona l’orecchio ai suoni diegetici del racconto che vengono però amplificati in questa casa d’ombre. Un album fotografico in movimento di quadri orizzontali e verticali, silenziosi ma anche pieni del suono del vivere.
Un racconto innovativo seppur estremamente familiare, uno spazio nuovo per il cinema di finzione in co-produzione con l’Italia.
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