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Raiplay

‘Dieci capodanni’ una serie sull’impossibilità dell’amore

Rodrigo Sorogoyen si misura con un dramma di natura sentimentale, che si dipana dai due personaggi principali fino a tessere un ritratto generazionale di rara essenzialità

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Dieci capodanni

Passata un po’ in sordina alla Mostra del cinema di Venezia 2024, Dieci Capodanni (Los Años Nuevos nella versione originale) è disponibile su Raiplay dal 7 febbraio con i suoi 10 episodi. Il maestro della suspense, l’acclamato regista spagnolo di Madre, Antidisturbios e As Bestas, sorprende con un lavoro che si inserisce nel solco di grandi narrazioni d’autore, in primis la trilogia dei Before, per raccontare la storia di una coppia nella culla del tempo, delle epoche e della società attraverso i capodanni di un decennio. Sorogoyen, come un pittore, dipinge Ana e Oscar da più distanze, con un fare che colpisce per la sua capacità di tramandare gli stilemi classici del cinema europeo, ma anche di innovarli in modo inedito.

Dieci Capodanni è un’opera intimista e poetica sulle ferite che infliggiamo a noi stessi e a chi amiamo, sulle occasioni mancate e le direzioni che prendono le nostre scelte. Riflette sulla percezione del cambiamento individuale e su come impatta su chi ci sta intorno, come eco che confonde e che, a volte, gira solo in tondo per tornare al punto di partenza.

La serie è ideata da Rodrigo Sorogoyen insieme a Sara Cano e Paula Fabra. Figurano, luminosissimi, nel ruolo dei protagonisti Iria del Río e Francesco Carril. Dieci Capodanni è prodotta da Arte France, Caballo Films e Movistar Plus+.

Dieci capodanni: la trama

E’ il 31 del 2015. Ana è una barista che lavora in un locale di Madrid e Oscar un medico internista. Hanno trent’anni: lui nato proprio l’ultimo giorno dell’anno del 1985, lei il primo del 1986. Si incontrano ad una festa, iniziano a chiacchierare, bevono, dormono insieme e si risvegliano il giorno dopo con l’obiettivo di fare un pranzo a Valencia che, tuttavia, non riusciranno a fare. Da questo episodio si dipana un racconto lungo dieci anni, che vede i protagonisti e la loro storia d’amore evolversi nel tempo. Talvolta insieme, talvolta separati, l’amore ha plurivoche dimensioni spazio-tempo che la serie mira a narrare.

Lo sguardo ha il potere di trasformare le storie più inflazionate

Lo trama è tutta qui, eppure Dieci capodanni si figura, sin dalle prime inquadrature, come un prodotto di spiccata originalità. Non è solo merito della formula, ovvero quella della ripetitività delle occasioni narrative (un capodanno alla volta per dieci anni), che crea un appuntamento fisso con i protagonisti, generando, da parte dello spettatore, grande afflato e “tifo” per questa coppia così intrigante, ma anche fortemente sbilanciata. Non è nemmeno e soltanto per la scrittura dei personaggi principali che, per parafrasare una canzone de Lo Stato Sociale, non sono niente di speciale, ed è proprio questo a renderli degni di attenzione. Ana e Oscar crescono individualmente e nella dualità ad un passo simile alla vita, che la serie imita. L’accostamento al Linklater dei Before e di Boyhood, in questo senso, è assolutamente azzeccato.

Invero, la straordinarietà di Dieci capodanni sta nella caratura dello sguardo. E’ come avere le stesse note, ma comporre una melodia mai sentita prima. Sorogoyen fornisce all’audience piccoli e grandi frammenti di un discorso amoroso che diventa l’unico vero argomento, esplorando i mille volti di un trattato infinito e spesso incomunicabile. Lo sguardo del regista si moltiplica in altri occhi – quelli di Ana e Oscar, in primis – e poi in tutti quelli che transiteranno sullo schermo. La grande abilità del regista e degli attori che si inseriscono perfettamente in questa poetica è quella di rendere elastica la dinamica dello sguardo come massima espressione del colloquio amoroso: da una parte il vedere, dall’altra l’essere visti, forse la più importante, perché presuppone una conoscenza profonda ed una certa maturità del guardare.

Due personaggi che non sono esemplari

Un esercizio umano troppo umano che facciamo tutti, su ispirazione del cineasta. Inizialmente, si tratta di uno sforzo di familiarità con la stra-ordinarietà di una relazione amorosa, quasi un processo volto a dis-imparare le cose più semplici per vederle nella loro irriducibile bellezza. In virtù di ciò, Ana e Oscar, Iria del Río e Francesco Carril, non sono soltanto due individui a cui ci si affeziona: il loro palpito colpisce per umanità e sensibilità, soprattutto poiché si fanno entrambi veicolo di interrogativi vitali intorno a questioni profonde.

La grandezza di questi personaggi è che non sono esemplari e che non cambiano mai davvero, nemmeno dopo dieci anni. Le loro vite, certo, si trasformano, le vicende che gli capitano mettono in risalto diversi aspetti del loro carattere, che poi li portano ad allontanarsi o ad avvicinarsi. C’è tanta casualità negli amori più ordinari che la serie magistralmente racconta – finalmente – proteggendo, in una storia così lunga, la magia del perimetro presente, ben evidenziato innanzitutto dalla scelta di dedicare ogni singolo episodio ad una finestra temporale di un massimo di ventiquattro ore.

La speranza fa si che le cose accadano. 

Una serie sull’impossibilità dell’amore

Oscar: Quella poesia l’hai scritta quando ti sei lasciato con mamma?
Suo padre: Veramente l’ho scritta quando ho conosciuto tua madre.
Oscar: Ma parla di due persone che si separato.
Suo padre: No, di due persone che alla fine si sono incontrate.
Oscar: E non e’ mai tardi per tagliare il cordone? Parla di qualcuno che si lascia con qualcosa alle spalle.
Suo padre: Si, ma dice anche: io posso stare con te o contro di me.

In questo dialogo tra Oscar e suo padre si coglie il punto più paradossale del discorso amoroso, la sua massima espressione di senso: l’anticipazione della fine, il dolore “istituzionalizzato”, l’impossibilità di andare contro se stessi per farsi guidare dalla dualità. Non è un caso che Ana e Oscar sperimentino diverse forme di vicinanza, compresa l’assenza, senza mai aderire davvero a nessuna di questa, almeno formalmente. E’, infatti, nell’ultimo, indimenticabile, episodio che una stanza li obbliga alla prigionia del dialogo serrato, del confronto lacerante e a lungo rimandato, fino alla fuga e al ritorno, ancora una volta, l’uno di fronte all’altro e ad una strada a dividerli o a farli incontrare per la prima volta.

Sono Diletta e qui puoi trovare altri miei articoli

Dieci capodanni

  • Anno: 2024
  • Durata: 10 episodi x 45'
  • Distribuzione: Raiplay
  • Genere: drammatico, sentimentale
  • Nazionalita: Spagna, Francia
  • Regia: Rodrigo Sorogoyen
  • Data di uscita: 07-February-2025

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