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‘Cassandra’, l’umanità dietro l’Intelligenza Artificiale

Molto più che algoritmi e circuiti, la miniserie Netflix "Cassandra" utilizza l'IA per raccontare una storia, in realtà, molto umana.

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Un confine sempre più sottile, quello che separa l’essere umano dalla macchina.

Talmente sottile, in effetti, che la fiducia negli algoritmi non sempre è ben riposta, e la sicurezza legata a una macchina può facilmente vacillare.

Queste sono le premesse di Cassandra, la nuova miniserie targata Netflix e prodotta dalla tedesca Rat Pack Filmproduktion (L’onda, Blood Red Sky). 

La serie, scritta da Benjamin Gutsche assieme a Sina Flammang, mescola thriller e fantascienza in sei episodi di crescente tensione, in cui passato e presente si mescolano per raccontare la storia di una casa intelligente. Fin troppo intelligente.

Il cast è composto da Lavinia Wilson, Mina Tander, Michael Klammer, Joshua Kantara, Franz Hartwig, Elias Grünthal, Filip Schnack Mary Tölle.

Il trailer

Un’assistente molto invadente

La famiglia Prill, reduce da un traumatizzante lutto, decide di lasciare Amburgo per trasferirsi in una piccola città tedesca. La nuova casa, una splendida villa degli anni ’70 immersa nei boschi, appare perfetta, se non fosse per la presenza di un vecchio robot e di numerosi schermi disseminati in ogni stanza. Si tratta infatti della prima smart home tedesca, e come tale è dotata di una tecnologia affascinante ma ormai superata.

Presto, però, la madre Samira, il padre David e i figli Fynn e Juno si trovano di fronte a un’inquietante sorpresa: il robot, improvvisamente riattivato, sembra più che mai desideroso di tornare in funzione. Il suo nome è Cassandra, e il suo unico scopo è servire la famiglia.

Tuttavia, Samira inizia ben presto a sospettare che dietro quella solerzia si nasconda qualcos’altro. Cassandra, infatti, sembra avere un obiettivo ben preciso: liberarsi di lei.

L’umanità dietro l’Intelligenza Artificiale

Pur partendo da premesse non particolarmente originali, sin dal primo episodio è possibile accorgersi che Cassandra ha molto di più da offrire.

Quella che a primo impatto sembra una distopia fanta-thriller sul potenziale pericolo legato alle IA, si rivela presto un espediente narrativo per portare alla luce la storia di un’altra famiglia, un tempo proprietaria della casa, segnata da tragedie rimaste a lungo sepolte.

Proprio la backstory legata alle origini della villa si rivela uno degli elementi più interessanti della serie, tanto da occupare gran parte del secondo atto; perché Cassandra, in realtà, parla soprattutto di legami familiari, di ombre e debolezze che poco hanno a che fare con l’elemento artificiale, ma tanto con quello umano.

In generale, la recitazione riesce a sostenere l’intensità emotiva, e le performance di Lavinia Wilson e Mina Tander spiccano su tutte, rendendo la miniserie tedesca particolarmente vicina all’universo femminile.

Tuttavia, la serie non riesce, o per meglio dire non vuole, rendere giustizia a quello maschile. Il ritratto che Cassandra fa degli uomini è quello di persone deboli, pavide, a tratti meschine, e la narrazione tende a seguire una direzione poco sfumata, non sempre giustificata dalla costruzione del personaggio, tanto da risultare, in alcuni casi, forzata.

A fare eccezione sono i più giovani, dipinti come figure più complesse: talvolta vittime degli adulti, altre volte più maturi di loro, ma ancora in tempo per crescere migliori dei loro predecessori.

Colpi di scena

In un crescendo di tensione, Cassandra ingrana fin da subito la marcia giusta, e la prima parte della miniserie risulta davvero godibile, soprattutto per la scrittura delle relazioni tra i personaggi e per il mistero legato alla figura di Cassandra, la cui immagine, seppur vintage e malandata, riesce comunque a risultare immediatamente inquietante, tanto che sembra incredibile vedere i Prill accoglierla con divertita curiosità mentre si aggira per casa.

I primi colpi di scena arrivano, ovviamente, inaspettati, donando colore a una storia già di per sé molto ricca.

Tuttavia, a un certo punto Cassandra inizia a giocarsi troppe carte: i colpi di scena si moltiplicano, i conflitti si accavallano, e la trama si muove in troppe direzioni contemporaneamente, cambiando continuamente la percezione dei personaggi. Il risultato è una narrazione sempre più carica, che nei soli sei episodi a disposizione fatica a trovare un equilibrio, lasciando inevitabilmente qualcosa indietro.

L’aggiunta spasmodica di drammi sempre più pesanti soffocano delle buone storyline già avviate, che sono così costrette a rimanere in sospeso o a chiudersi frettolosamente, in favore di un conflitto finale eccessivo e a tratti incredibile.

Nel senso che non ci si può credere, nemmeno aggrappandosi alla sempreverde sospensione d’incredulità.

Un lungo episodio di Black Mirror

Dopo un inizio promettente e ricco di mistero, la seconda parte non si conferma, purtroppo, all’altezza. La storia si avvita su se stessa, sacrificando alcune idee interessanti e certe promesse non mantenute in favore di colpi di scena sempre più forzatamente drammatici, accumulando elementi narrativi fino a rendere impossibile una gestione armoniosa della storia. Questo senso di incompletezza è amplificato dal fatto che la serie, pur avendo costruito con cura il suo mondo e i suoi personaggi, sembra non sfruttarne appieno il potenziale, fino ad arrivare al finale, in cui allo spettatore rimane una sensazione di insoddisfazione, un retrogusto amaro che stride con le premesse intriganti della serie; premesse che potevano renderlo a pieno titolo una sorta di lungo episodio alla Black Mirror

Tuttavia, Cassandra, seppur imperfetta, merita la visione, soprattutto per il suo approccio all’Intelligenza Artificiale, che va oltre la semplice paura della tecnologia e si addentra in territori più profondi e sfumati. Ancora una volta, dietro schermi, circuiti e algoritmi, si cela una storia fin troppo umana, fatta di emozioni, fragilità e sogni infranti.

Disponibile su Netflix.

Cassandra

  • Anno: 2025
  • Distribuzione: Netflix