Far esplodere l’ideale di bellezza imposto dalla società contemporanea. Questo è uno dei principali obiettivi della regista, sceneggiatrice, produttrice, montatrice francese Coralie Fargeat, anticipato dai suoi primi cortometraggi e mostrato nel suo film di esordio Revenge (2017). Con The Substance ha firmato il suo manifesto body horror femminista, il film per cui è l’unica donna candidata per la miglior regia ai prossimi premi Oscar, dopo aver vinto il premio per la miglior sceneggiatura a Cannes. Tra i suoi personaggi più amati c’è Lolita di Nabokov. Non a caso un personaggio femminile controverso che scardina ogni convenzione sociale.
Nata a Parigi nel 1976, ha iniziato a divorare film, soprattutto americani, trovando nella sala rifugio alla sua timidezza. Capisce presto che il suo destino è diventare regista. Dopo aver lavoro come assistenza alla regia per produzioni straniere si è diplomata alla scuola di cinema parigina La Fémis. Fa parte di un collettivo di artisti, che mira a promuovere l’uguaglianza tra donne e uomini e la diversità nel cinema e nel settore audiovisivo.
Coralie Fargeat: l’amore per il cinema di genere
La sua carriera è un viaggio nel cinema di genere. Iniziando dal più realistico corto Le télégramme (2003), prosegue con un corto sci-fi Realiy+ (2014). É tra le prime registe a dirigere un revenge movie al femminile con Revenge (2017). Firma anche la regia della serie fantasy Sandman con altri registi e poi il body horror con The Substance (2024).
Tra i suoi punti di riferimento ci sono David Cronenberg, John Carpenter, David Lynch e Michael Haneke. Mad Max, Kill Bill, 2001 Odissea nello Spazio, sono solo alcuni tra i numerosi riferimenti di cui troviamo tracce nelle derive splatter, polverose o distopiche dei suoi film.
La messa in scena ultra pop in film di genere l’accomuna ad altre registe della sua generazione che si stanno facendo strada in un’industria dominata ancora dallo sguardo maschile. Una tra queste è Ana Lily Amirpour. Anche il suo The Bad Batch (2016) vede protagonista una giovane donna sola in una landa desertica che deve combattere per la sopravvivenza, con il suo istinto cannibale. La deriva del corpo di Demi Moore in The Substance, plasmato, deformato, disgustoso e il suo sdoppiarsi in un’entità malvagia e pericolosa è presente anche nell’episodio L’apparenza della serie antologica The Cabinet of Curiosities (2022) firmato da Amirpour: la pressione sociale e il senso di inadeguatezza portano la mite protagonista a subire una mostruosa trasformazione fisica.
Body horror e femminismo
Le forti reazioni fisiche di sconvolgimento degli spettatori già dalle prime scene proiettate sullo schermo del film The Substance, sono sintomo di quella che la stessa Coralie Fargeat ha definito un’esperienza visiva viscerale, che è il punto di arrivo a cui intende arrivare con i suoi film. Il corpo è al centro di questa esperienza e sia in Revenge che nell’ultimo film è quello femminile, privato di ogni rappresentazione confortante. Ci sono ferite profonde come quella sulla schiena nel corpo svuotato di Demi Moore e molto sangue.
Negli ultimi anni Il body horror si è rivelato un genere-mediatore fondamentale nel far passare visioni femministe necessarie, come accadde con Titane diretto da Julia Doucurnau, seconda regista a vincere la palma d’oro a Cannes dopo Jane Campion. Lì la protagonista con la sua cicatrice sul cranio è un’assassina spietata dall’aspetto androgino.
Coralie non ha paura nel raccontare in modo estremo certe condizioni umane.
Matilda Lutz
I primi cortometraggi: Le télégramme e Reality+
Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, in un paesino francese non identificato, Le télégramme è la storia di due donne di estrazione sociale opposta che aspettano insieme l’arrivo giornaliero del postino, che ha il duro compito di consegnare i telegrammi che annunciano la morte dei soldati in guerra. Entrambe sperano che i loro due figli siano vivi. Coralie Fargeat, anche in una cornice narrativa così ristretta, riesce già a dar prova del suo talento nel creare tensione. Tra le due donne inizia una sfida silenziosa grottesca e a tratti divertente. La tematica cupa del lutto viene affrontata con insolita ironia. Basti pensare al particolare della camminata lenta del postino che prolunga l’agonia dell’attesa.
![Reality+](https://www.taxidrivers.it/wp-content/uploads/2025/02/1_uGwB8M2VS3iXfyFcGqCGlQ.jpg)
Reality+
Reality+ può essere considerato il precursore di The Substance. C’è l’ambientazione distopica con i tetti di Parigi accostati a grandi palazzi futuristici e c’è un’agenzia che consente di creare una versione migliorata di sé stessi a livello estetico che si attiva attraverso l’impianto di un microchip. Come in The Substance, l’alter-ego fittizio ha breve durata per poi far tornare il cliente al suo aspetto reale. Una grande differenza rispetto a The Substance è il genere del protagonista. È Vincent, un uomo di mezza età che sente su di sé il peso del giudizio esterno: E su di lui compare la grande ferita sulla schiena che rivedremo in The Substance.
Revenge e The Substance, il simbolismo e le prove attoriali
Il lavoro con le attrici per Coralie è stato sempre molto importante a partire da Matilda Lutz, attrice protagonista di Revenge, che interpreta Jennifer, la giovane donna violentata e perseguitata da tre uomini nel deserto per poi diventare la loro aguzzina vendicatrice. Ha lavorato a lungo prima delle riprese con la regista per preparare le scene più cruente. Coralie, ha dichiarato l’attrice, non ha paura di raccontare in modo estremo certe condizioni umane, di denunciare i comportamenti maschili che intossicano la nostra società. Estremizzando le immagini e facendo uso di un forte simbolismo fa arrivare a tutti il suo messaggio, spesso provocando anche reazioni divertite.
![The Substance](https://www.taxidrivers.it/wp-content/uploads/2025/02/184460_ppl.jpg)
The Substance
Quello con Demi Moore è stato un incontro determinante. La regista le ha proposto il ruolo di Elizabeth Sparkle, una cinquantenne che viene messa da parte nel suo lavoro televisivo e inizia ad assumere una sostanza che le permette di continuare a lavorare nei panni di una sua versione più giovane. A dispetto delle aspettative della produzione, Demi Moore accetta quello che è il ruolo della sua vita, che le permette di spogliarsi di tutte le etichette del sistema hollywoodiano. Anche Margaret Qualley, con cui Moore divide lo schermo, nonostante alcune critiche che hanno contestato al suo personaggio, Sue, di essere eccessivamente stereotipato nel rappresentare la perfezione estetica, ha modellato il suo corpo esile attraverso un costante allenamento.