TATA (2024), documentario scritto e diretto da Lina Vdovîi e Radu Ciorniciuc – esordio alla regia di Lina Vdovîi – è presentato in anteprima italiana alla 36° edizione del Trieste Film Festival. Il film, presente nella sezione dedicata ai documentari di produzione internazionale e italiana, è in gara per il Premio Alpe Adria Cinema. TATA è stato presentato in anteprima internazionale al prestigioso Toronto International Film Festival 2024.
TATA: il dialogo come rimedio contro la violenza
Lina è una giornalista indipendente moldava che vive in Romania. Attraverso il suo lavoro, la cui indagine ruota attorno al tema della schiavitù moderna, viaggia attraverso l’Europa e documenta le condizioni dei lavoratori immigrati, sviscerando il rapporto tra l’individuo e il sistema culturale in cui è inserito, o cui è costretto a conformarsi per esigenze lavorative. La sua ricerca nell’ambito dell’abuso e della violenza è messa in discussione quando suo padre, Pavel Vdovîi, lavoratore immigrato in Italia, chiede il suo aiuto per difendersi dagli abusi del suo datore di lavoro. Pavel manda a Lina dei videomessaggi in cui mostra i lividi sulle braccia, e confessa a sua figlia le violenze che subisce. Lina e Radu raggiungono Pavel in Italia, e consapevoli di dover intraprendere un’indagine che potrebbe trasformarsi in un documentario, portano con sé telecamere professionali e telecamere nascoste.
Affrontare il tema della violenza in veste di giornalista, le offre l’opportunità di elaborare gli abusi subiti da suo padre durante l’infanzia e l’adolescenza. Così come la maggior parte degli uomini cresciuti in un’ex repubblica sovietica in cui – come sostenuto dalla stessa Lina – si respirava un clima di violenza e aggressione generale, Pavel vive nella condizione di credere che l’uomo debba apparire forte e sicuro di sé.
“Per la sua generazione, esprimere le emozioni è un segno di debolezza”.
Adesso Lina, di fronte alla richiesta di aiuto di un padre che finalmente mostra un lato di sé vulnerabile e fragile, coglie l’opportunità di intraprendere un dialogo di riconciliazione non solo con suo padre, ma con il suo passato e i suoi traumi.
“Cosa avresti fatto se si fosse trattato di qualcun altro?”
Quando Lina si accorge che il contesto di abusi e violenza abitato da suo padre è strettamente legato sia alla sfera generazionale, che a quella più intima e familiare, la prima reazione è quella di estraniamento. È costretta a chiedersi come avrebbe agito se le richieste di aiuto fossero arrivate da una persona estranea. Ma il coinvolgimento personale di Lina è inevitabile, perché lei stessa è sul punto di costruire un nucleo familiare, che teme possa essere minacciato dall’ombra delle violenze subite, e che teme di riversare sulla bambina di cui è in attesa.
Gli abusi familiari e la violenza di genere
Lina prosegue la sua indagine sulla violenza attraverso la figura della madre che, da venticinque anni, per via del lavoro di Pavel, vive il matrimonio a distanza. Gli abusi di Pavel non si limitavano soltanto a Lina e a sua sorella, ma anche a sua moglie. Solo con il tempo e la lontananza, la donna ha maturato la consapevolezza di non dover dipendere materialmente ed emotivamente dal marito. Ma acquisire consapevolezza non significa riuscire immediatamente a metterla in pratica, così che durante quei brevi momenti di ricongiungimento e convivenza, si ripresentano gli stessi schemi relazionali di abuso e violenza del passato.
Nonostante Lina, e lo stesso Pavel, riconoscano che il dialogo tra loro abbia permesso all’uomo di interiorizzare che il suo comportamento sia stato tutt’altro che indiscutibile, resta la difficoltà di eradicare i valori e le convinzioni che portano all’espressione della violenza in un uomo di sessantasette anni. Prima di allora Pavel non ha avuto occasione di mettersi in discussione riguardo certi argomenti, che nei paesi dell’est Europa non vengono affatto affrontati. Così, la maggior parte delle donne di quelle generazioni continua a vivere nella condizione di dover sostenere il peso di un matrimonio soggiogante, nonché un’identità schiava delle volontà del marito.
Quando Lina ha scelto il proprio lavoro nella speranza di poter contribuire a un cambiamento su più ampia scala, si è resa conto che questo cambiamento, se possibile, avrebbe potuto attuarlo all’interno della propria famiglia. Non nella famiglia di origine, ma in un nuovo nucleo familiare, favorendo valori come il dialogo e l’espressione dell’emotività reciproca.
Lina Vdovîi
Giornalista di origine moldava, con esperienza nel giornalismo investigativo, nel giornalismo narrativo e nei nuovi media. Ha sceneggiato il documentario Acasă, My Home (2020) diretto da Radu Ciorniciuc. Il documentario TATA (2024), con cui debutta alla regia, è stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival 2024.
Radu Ciorniciuc
Regista, direttore della fotografia e giornalista investigativo rumeno. Il suo lungometraggio d’esordio Acasă, My Home, ha vinto il Premio speciale della giuria: World Cinema Documentary al Sundance Film Festival 2020.