Un senso di angoscia che pervade durante la visione. Una suspense che esplode nel finale con un completo ribaltamento per il protagonista. Il cortometraggio Anastómōsis (QUI LA RECENSIONE) ha colpito e convinto al concorso 48 Hour Film Project 2024, guadagnandosi non soltanto il premio come miglior film ma anche quelli per la migliore fotografia e per il miglior trucco, assegnati a Pietro Brunelleschi e Martina del Corso insieme a Erika Calenne.
Taxi Drivers ha avuto il piacere di conversare con il regista Alessandro Lattanzi e il produttore Silvio Leonardo Muccino.
L’intervista ad Alessandro Lattanzi e Silvio Leonardo Muccino
Come è stata sviluppata l’idea e quali sono state le sfide più complicate che avete affrontato?
Ci eravamo preparati una storia di base, che fosse il più possibile riadattabile a diversi generi – esordisce Alessandro Lattanzi -. Quando è uscito il genere Noir, abbiamo cercato una chiave che funzionasse in quel contesto. E, devo dire, alla fine l’abbiamo trovata! È stato un lavoro intenso: in un pomeriggio abbiamo buttato giù le idee principali, poi ci siamo chiusi in casa per lavorarci, scrivendo e riscrivendo senza sosta.
Sì, è stata un’esperienza particolare – continua Silvio Leonardo Muccino. Non sembrava all’inizio che stessimo trovando davvero la giusta direzione. Devo ammettere che, almeno per me, c’era un po’ di incertezza: avevo scritto il corto originale molto tempo prima, circa un mesetto prima del 48 Hour Film Project. Era già nei programmi di farlo, quindi c’era una certa predisposizione ad adottarlo. Tuttavia, ero particolarmente attaccato a quella sceneggiatura e non capivo se la direzione che stavamo prendendo fosse quella giusta.
Alessandro è stato bravo, però, a insistere. Nonostante le difficoltà, a un certo punto ci siamo ritrovati in una situazione un po’ surreale: seduti sul divano, a fissare il soffitto, senza sapere più se stessimo delirando o effettivamente facendo un lavoro sensato, non solo per noi ma anche per chi avrebbe visto il risultato. C’era persino una vaga preoccupazione – spiega Silvio – visto il tono cupo del corto e il tema affrontato. Mi ricordo di aver detto: ‘Non è che ci prendono per matti?’ Alla fine, però, siamo riusciti a superare quei dubbi, e penso che ne sia valsa davvero la pena.
L’intero cortometraggio si regge su una scelta minimalista ma potente: due sole location, due attori, e una suspense che cresce progressivamente fino a esplodere in un finale sorprendente. L’ultima frase, seguita dallo schiocco della noce, amplifica la tensione e lascia una sensazione di angoscia che accompagna lo spettatore anche dopo la visione. La vera forza del film, però, sta nella trasformazione del protagonista, che nel finale sovverte completamente sia la sua caratterizzazione sia l’intera lettura della storia, regalando un epilogo carico di significato e imprevedibilità.
Volevamo dare un aspetto cupo al protagonista – commenta Alessandro – costruendo una narrazione che permettesse allo spettatore di percepire una possibile ascesa del personaggio e una sua apparente risoluzione. Però, arrivati al finale, volevamo ribaltare questa aspettativa, rivelando che in realtà non c’è stata alcuna risoluzione: il protagonista rimane un personaggio intrinsecamente segnato, in uno stato negativo.
Sì, ci piaceva molto l’idea di sorprendere lo spettatore. Questo è uno degli aspetti in cui Alessandro eccelle. Ha questa capacità di non accompagnare il pubblico verso una soluzione scontata – si complimenta Silvio. Tuttavia, avevamo anche il timore che il risultato potesse apparire vuoto, fine a sé stesso o addirittura pretenzioso. La vera sfida è stata trovare l’equilibrio, una sorta di quadratura del cerchio, per far collimare il desiderio di sorprendere con la necessità di creare qualcosa di compatto e significativo. Non volevamo che la sorpresa fosse il fine ultimo, ma che fosse parte integrante di una storia coerente.
‘Anastómōsis’: modelli d’ispirazione. Concorrere alla sezione Short Film Corner al Festival di Cannes 2025 e l’affiatamento con la troupe
Ci sono stati dei modelli a cui vi siete ispirati?
Per quanto mi riguarda – sottolinea Alessandro – magari c’è stata qualche ispirazione ma non saprei indicarne una precisa. Forse è stata una questione inconscia, del tipo: ‘Facciamo così’, ma non ho punti di riferimento specifici a cui possa dire di essermi ispirato.
Io credo che l’ispirazione, in generale, si trovi sempre in quello che si fa. Noi, come amanti del cinema e, più in generale, di qualsiasi forma di narrazione – analizza Silvio – siamo inevitabilmente influenzati da ciò che vediamo, leggiamo o ascoltiamo. Può trattarsi di cose belle, ma anche di esperienze negative: ricordo in maniera lampante alcuni film che ho trovato orrendi, ma che in qualche modo mi hanno colpito e influenzato.
Credo che questo processo valga per tutti. Però, alla fine, penso di poter dire che per noi il vero punto di riferimento è stato ciò che stavamo creando nel momento stesso in cui lo facevamo. L’emulazione fine a sé stessa non avrebbe avuto senso, e in generale non ne ha mai. Bisogna lasciarsi guidare dalla storia che si vuole raccontare. La storia è sovrana: comanda tutto e dà direzione a ogni scelta creativa. È la storia che regna e trascina tutto ciò che fai.
Il vostro cortometraggio sarà candidato a concorrere alla sezione Short Film Corner al Festival di Cannes 2025, una grande soddisfazione.
Adesso, a marzo, parteciperemo al Filmappalooza 2025 , che è un concorso incredibile: ospita i vincitori del 48 Hour Film Project di tutto il mondo, con tantissimi ospiti e tante opportunità per incontrare persone che lavorano nel cinema a livello globale. È da questo concorso che una selezione dei migliori corti, inclusi i primi dieci classificati, viene poi presentata a Cannes, nella sezione Short Film Corner. Ambizioni per il futuro? Per il momento stiamo lavorando molto. Uno degli obiettivi principali per il futuro è cercare di trovare il tempo giusto, sia per i progetti attuali che per quelli che verranno. Vogliamo che il 2025 sia un anno ricco di risultati.
Stiamo già lavorando su altre idee e ci sono parecchie cose in cantiere- commentano all’unisono Alessandro Lattanzi e Silvio Leonardo Muccino.
Ci potete raccontare qualcosa sul gruppo con cui avete lavorato per questo cortometraggio? Che tipo di legami e dinamiche si sono create all’interno della troupe? “
La troupe è davvero tutto quello che uno può augurarsi da un gruppo di lavoro. Sono persone che provengono da situazioni diverse, persone che conoscevamo già, con cui avevamo lavorato in contesti differenti e in ruoli vari.
La troupe è composta da persone che, in un modo o nell’altro, abbiamo scelto nel corso degli anni, consapevolmente o meno. Sono persone innanzitutto oneste, dotate di chiarezza, ambizione e sensibilità, qualità fondamentali per lavorare bene sia umanamente che professionalmente. Questo permette di mantenere un livello alto, non solo sul piano tecnico ma anche su quello umano. Con loro si crea empatia, dialogo e uno scambio continuo di idee e proposte.
Sono tutte persone con cui c’è una vera affinità, e di questo sono profondamente orgoglioso. Mi viene quasi da dire che la cosa di cui vado più fiero in questo progetto è proprio il gruppo che si è creato. Non saprei come dirlo senza sembrare eccessivo, ma lavorare con loro è stata davvero una bellissima esperienza, qualcosa che va oltre il cortometraggio in sé. È stato un vero privilegio – concludono Alessandro Lattanzi e Silvio Leonardo Muccino.
Editing: Margherita Fratantonio