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The Room Next Door, La Stanza Accanto.

Una riflessione a freddo sul filone narrativo del nuovo film di Almodóvar.

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L’ultimo film di AlmodóvarThe Room Next Door, La Stanza Accanto – racconta la storia di Martha (Tilda Swinton) che, malata terminale, decide di ricorrere al suicidio assistito, aiutata da un’amica di vecchia data, Ingrid (Julianne Moore).

Al centro del film c’è dunque il tema della morte e dell’eutanasia. Non è un mistero, e su questo già tanto è stato scritto da voci ben più autorevoli della mia. Vorrei tuttavia aggiungere una riflessione, partendo (forse) da una critica.

Nel film si alternano due filoni narrativi.

L’uno è quello del presente, dove Martha, la protagonista, incarnata nel corpo di Tilda Swinton, ci appare come una donna forte e al tempo stesso incapace di affrontare i nodi profondi della sua vita. Martha è una donna segnata dal distacco emotivo, incline a rifugiarsi in piaceri carnali e transitori. Ancora, è una donna che, in punto di morte, tenta di riconciliarsi a modo suo con tutto questo.
Il presente di Martha, nel film di Almodóvar, è molto coerente.

C’è però un secondo filone narrativo, ed è quello del passato di Martha.

La sua storia precedente ci viene introdotta tramite frammenti di dialoghi e flashback.
Se di Ingrid sappiamo che è una scrittrice di successo, di Martha ci viene detto che prima della malattia era una reporter di guerra. Particolare da cui dovremmo via via desumere tutto ciò che la contraddistingue oggi. Ecco. A posteriori, è come se questa caratterizzazione del personaggio mi fosse risultata estranea. Mi spiego meglio.

Dei traumi della guerra che hanno portato Martha a essere la donna che è, ci è mostrato poco e nulla. La guerra rimane un’idea evocata più che realmente rappresentata.Non ci sono scene, o dettagli visivi più incisivi, che ci mostrino la protagonista durante il suo lavoro sul campo, momenti in cui la brutalità cui la espone questo mestiere le si imprima addosso, in modo da rendere tangibile il peso che la definisce nel suo presente.I traumi della guerra rimangono sullo sfondo, e ci si ritrova un po’ ad accettare passivamente il fatto che questa Martha qui, la Tilda Swinton del presente, sia una donna che ha davvero sperimentato nel suo passato l’orrore dei conflitti.

I personaggi che popolano il filone narrativo del passato assumono poi tratti a volte caricaturali: il marito reduce di guerra, l’amico reporter gay che ha una storia d’amore segreta con un prete evangelista, e persino una Martha adolescente, che, complice probabilmente una cattiva scelta di casting, a tratti pare quasi civettuola.
Certo, c’è in questo lo spirito giocoso di Almodóvar che aleggia.

La stanza accanto di Almodóvar: trama, cast, recensione film | StyleA suo modo Almodóvar tenta sempre di dissacrare qualcosa, e forse in questo film lo fa affidando a tali “storture”, a queste crepe che si creano tra un presente tragico e un passato quasi “macchiettistico”, il compito di alleggerire i toni del tema che vuole trattare.

La marcata teatralità del passato – almodovariana, a volte grottesca – è insomma forse il modo con cui il regista cerca di stemperare i temi più cupi, ma questo approccio, seppur deliberato, rischia forse anche di spezzare la coerenza del dramma.
Perché il tema di questo film rimane la morte.

Ma, mi verrebbe da ribadire, non la morte della guerra, atto insensato, repentino e brutale, che nel film non viene mai realmente mostrata.
La morte della guerra in cui non si decide di morire e semmai non si fa in tempo ad abbandonare una casa che esplode.
No. Non è questa la morte al centro del film di Almodóvar e infatti, nel filone narrativo del passato, il tema della morte è appena insinuato.
Si è detto, ed è assolutamente vero, che la performance delle due attrici protagoniste è eccezionale. Ma non credo sia solo questa la ragione che fa del “presente” la parte più riuscita del film. Credo invece che, nel “filone narrativo” che riguarda il presente, il film raggiunga maggiore intensità anche perché noi riusciamo meglio a empatizzare, e questo accade perché conosciamo meglio la realtà che ci viene rappresentata.
Storture comprese.

In questo nostro mondo qui, la morte si dà più spesso come un dramma esistenziale.
È il momento che segna il limite che ci definisce, oltre il quale spingere, per un’ultima volta, il nostro interrogare il senso della vita, di noi stessi, del nostro rapporto con gli altri.

La morte è solitudine, è deterioramento del corpo tanto osannato; si dà in una sfioritura, in un rimpianto. Ma può essere anche un momento di illuminazione profonda, un’occasione per un risveglio spirituale.
In questo mondo, in cui il regista e la maggior parte di noi spettatori hanno il lusso e il privilegio di vivere, la morte è un’immagine che ci veicola i suoi significati.
È una casa non più abitata, alla cui finestra non ci sia più nessuno a guardare.
È la porta della stanza accanto, che a un certo punto si chiude.
Tilda Swinton muore in modo iconico. La luce riverberata direttamente dal quadro di Hopper in salotto a noi. A esasperare la solitudine.
Si alternano luci e ombre, si amplificano i contrasti, si genera sullo schermo un senso di malinconia e lutto. È in questo immaginario della morte, che noi ci riconosciamo.

Anche noi, come Martha, viviamo nel “filone narrativo del presente”, dove la morte più raramente è un atto brutale e insensato, e più spesso invece un limite che ci interroga, un momento per comprendere noi stessi e, se possibile, per riconciliarsi.
Fortunati che siamo.

La stanza accanto (film 2024) - Wikipedia

La Stanza accanto (The Room Next Door)

  • Anno: 2024
  • Durata: 110'
  • Distribuzione: Warner Bros. Pictures
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Spagna
  • Regia: Pedro Almodovar

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