Baz Luhrmann ci aveva già abituati a rivisitazioni moderniste di opere classiche del nostro immaginario, come la trasposizione pop beach del Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Ma, con Moulin Rouge!, il regista punta ancora più in alto, alla reinvenzione in chiave postmoderna del musical. E lo fa partendo dalle sue radici: il melodramma e il mito, raccontando la storia del giovane poeta Christian, novello Orfeo che si cala nell’inferno lussurioso della Parigi (Montmartre) fin de siècle, per trovare l’amore e, insieme, bellezza, libertà e verità, secondo il suo credo artistico bohémien. Nel famigerato Moulin Rouge, incontrerà la ballerina e cantante Satine, prostituta di lusso, donna immagine che non può innamorarsi, perché per lei l’amore è un mestiere. Christian riuscirà a redimerla con la forza di una passione che neppure la morte potrà estinguere, trovando nella scrittura la sua eternità.
Su una trama che riecheggia modelli come Traviata, Bohème e Tosca, Baz Luhrmann costruisce un film che centrifuga con ritmo vertiginoso tutto il nostro immaginario musicale e visivo. In una Parigi 1899 sfacciatamente antirealistica, i protagonisti della pellicola vivono in un mondo dove emozioni e sentimenti si esprimono con musica e canzoni, dove si può ballare e cantare fra le nuvole sopra la Tour Eiffel e baciarsi al crepitio dei fuochi d’artificio fuori dalla finestra. Nel suo stile smisurato e adrenalinico, Baz Luhrmann vince la sfida con il kitsch e gli stridenti anacronismi: Satine fa il verso a Marilyn Monroe e alla Material Girl Madonna, gli amanti si corteggiano cantando canzoni di Elton John, i Beatles e gli U2. Il can can diventa rock in un’esplosione di colori, il capocomico intona luttuoso Show Must Go On come Freddy Mercury e uno struggente tango argentino può essere contaminato con Roxanne dei Police in una delle scene più palpitanti del film.

Non mancano i Nirvana, David Bowie, Christina Aguilera e tanti altri, insieme al classico Jacques Offenbach, in questo caleidoscopico musical-melodramma. È il circo di Baz Luhrmann che, con delirante furore barocco e postmoderno, cita e parodizza tutto un patrimonio visivo che va da Henri de Toulouse-Lautrec a James Ensor, dal fantasioso cinema di cartapesta di Georges Méliès a Titanic, all’estetica videoclip, L’angelo azzurro, Gilda, il musical classico hollywoodiano, la pittura orientale, Scarpette rosse, Bhollywood, Federico Fellini, I racconti di Hoffmann di Powell e Pressburger. L’esagerazione è di casa come in un cartone animato. Tutto quanto fa spettacolo in un vortice surreale di nani, ballerine, lustrini, giarrettiere, guepière, Erik Satie, gambe, piume, Nanà, acrobati, frac e cappelli a cilindro.
Tra gli attori, Nicole Kidman (Satine) è un’occhieggiante eroina da fumetto, meno in parte di altri ruoli, mentre Ewan McGreor (Christian) aderisce con coinvolgente entusiasmo al personaggio, circondato da un cast di grotteschi caratteristi fin de siècle con le loro maschere ghignanti.
Certo, si può anche rimanere frastornati e scettici di fronte alla ridondanza di alcuni momenti musicali che rimandano ossessivamente alla nostra contemporaneità, al virtuosismo effettistico che rischia di mandare ogni cosa fuori giri. Ma è bello lasciarsi trascinare dal Moulin Rouge!, un film abbagliante, divertente, rutilante, per emozionarsi e sorprendersi fino all’ultimo titolo di coda, in una vera gioia per gli occhi e le orecchie.
