Il debutto alla regia di Halfdan Ullman Tøndel è un’opera di riflessione che non offre risposte facili alle importanti domande che pone. Armandè una claustrofobica indagine sull’animo umano che si snoda tra i banchi di scuola: una storia complessa, profonda e sensibile, capace di conquistare pubblico e critica.
Armand – La trama
A pochi giorni dall’inizio delle vacanze estive, un incidente ambiguo costringe il preside di una scuola elementare norvegese, Jarle (Øystein Røger), a convocare una riunione tra i genitori dei bambini coinvolti, Armand e Jon, e il corpo docente per far luce sull’accaduto. Elisabeth (Renate Reisvenn), attrice e madre dell’accusato Armand, deve confrontarsi con l’influenza che il suo lavoro esercita sugl’altri partecipanti. Quella che doveva essere una difesa contro un’accusa di molestie sessuali, diventa una escalation di tensioni e rivelazioni che coinvolgono dinamiche familiari e segreti del passato. Una lotta tra lussuria ed ossessione che porta gli adulti, veri protagonisti della pellicola, a mettere a nudo tutte le loro fragilità e insicurezze.
Un claustrofobico viaggio sull’identità e le relazioni
La pellicola di Tøndel fa riflettere sui concetti di identità e relazioni. La protagonista, Elisabeth, è costantemente in contrasto con la percezione altrui. Il sospetto e il pregiudizio che il suo lavoro porta nei membri della riunione, la costringono a lottare su due fronti.
Sotto osservazione, anche le relazioni umane. La riunione si rivela una partita a scacchi, in cui genitori e personale scolastico duellano alla ricerca della verità. Dinamiche familiari, segreti del passato, menzogne e ossessioni creano una escalation di tensione che, insieme agli ambienti, concorrono a un forte senso di claustrofobia. L’immagine che ci viene restituita, nelle meravigliose fotografie delle inquadrature, è quella di un mondo personale plasmato dalle forze che agiscono sulle relazioni. Potere e aspettative sociali sono i principali fattori che spingono i personaggi al confronto con le proprie fragilità e insicurezze, in una metaforica lotta per la ricerca dell’autenticità.
Un esordio vincente
Tøndel ha il merito di creare una storia che costringe lo spettatore a confrontarsi con la costante del dubbio, obbligandolo a muoversi in una dimensione chiusa in pieno stile Bergman. Il film ricalca la strada di Anatomia di una caduta, di Justin Triet, collocandosi all’interno del rilancio del thriller europeo. A conferma dell’ottimo lavoro svolto dal nipote di Ingmar Bergman e Liv Ulmannsono anche le recenti affermazioni a Cannes e agli Eurpean Film awards, rispettivamente nel premio Caméra d’Or e FIPRESCI.
Un ottimo esordio dunque, che potremo vedere al cinema il prossimo 1° Gennaio 2025, augurandoci che possa essere solo il primo di una lunga carriera.
Piccola curiosità:
In una intervista al MIFF, Tøndel ha affermato di essersi ispirato a un fatto realmente accaduto: un bambino di sei anni avrebbe rivolto a un suo coetaneo “affermazioni più che adulte”.