‘Cent’anni di solitudine’: l’adattamento Netflix non tradisce il realismo magico di Macondo
C'è un motivo se alcune grandi storie diventano dei capolavori senza tempo, e 'Cent'anni di solitudine' è senz'altro uno di quelli. E ora possiamo dire che anche il suo adattamento Netflix ne vale decisamente la pena. La recensione.
Un adattamento letterario è, di per sé, un tema molto dibattuto nel mondo cinematografico, spesso accolto con scetticismo e pregiudizi. Questa volta, però, è Netflix ad aver deciso di correre il rischio, ma riuscendo brillantemente nell’intento. Parliamo di Cent’anni di solitudine – Parte 1, serie televisiva tratta dall’omonimo romanzo del Premio Nobel Gabriel García Márquez, che ci fa immergere nelle vicende della famiglia Buendía, coprendo “solo” la prima metà dell’opera.
Questa superproduzione Netflix che svetta in cima alle classifiche Top 10 in molti paesi, ha visto la luce dopo una lunga attesa, fatta di trattative e ricerche meticolose. Il risultato è straordinario: la serie riesce a restituire fedelmente il magico universo di Macondo, un mondo intriso di follia, visceralità e solitudine.
Nel cast: Claudio Cataño, Marco Antonio González Ospina, Susana Morales Cañas, Diego Vásquez, Marleyda Soto, Akima, Loren Sofía Paz Jara, Janer Villarreal, Édgar Vittorino e Viña Machado.
Cent’anni di solitudine: l’impossibile diventa realtà
Nel tentativo di sfuggire a una maledizione e vivere serenamente il loro amore, Úrsula e José Arcadio Buendía abbandonano il loro villaggio per cercare un luogo migliore dove costruire un destino diverso. Con un gruppo di amici e seguaci, fondano vicino a un fiume la città immaginaria di Macondo, destinata a diventare il cuore magico e silenzioso delle vicende della famiglia Buendía, che si snoderanno attraverso sette generazioni.
Una breve trama, utile per chi non ha letto il celebre romanzo, ad avvicinarsi alla complessità degli eventi che si susseguono nella vita dei Buendía. Ma è fondamentale precisare che Cent’anni di solitudine è molto, molto di più. Si tratta di uno dei romanzi latinoamericani più famosi al mondo, tradotto in oltre 37 lingue e con vendite che superano i 50 milioni di copie. Pubblicato nel 1967, rimane un capolavoro eterno e straordinariamente attuale.
Le trattative per adattare l’opera non sono state affatto semplici: Gabriel García Márquez, per decenni, si è rifiutato di cedere i diritti cinematografici, convinto che un testo così complesso fosse impossibile da trasporre sullo schermo. Tra le proposte rifiutate ci sono nomi illustri come Francesco Rosi, Anthony Quinn e persino Francis Ford Coppola. Alla fine, sono stati i suoi figli, Rodrigo García e Gonzalo García Barcha, a cedere all’idea, assumendo il ruolo di executive producer nella serie. Hanno affidato il progetto a un team di altissimo livello, guidato dai registi García López e Mora, per dare finalmente vita a un adattamento degno dell’opera.
José Arcadio Buendía e Úrsula. All right deserve to Netflix.
Il grande trattato umano, tra magia e innovazione
“Macondo, più che un luogo nel mondo, è uno stato d’animo.”
Interamente girata in Colombia– patria dello scrittore e cuore pulsante della sua opera – e in lingua spagnola, la serie è un viaggio visivo che cattura tutta la magia racchiusa nel capolavoro senza tempo di Gabriel García Márquez. Tanti appassionati dell’opera hanno temuto che trasporre sullo schermo un romanzo così potente, capace di condensare in 100 anni di storia molto più delle vicende di una famiglia intrappolata tra maledizioni e mitologia, potesse tradirne lo spirito.
La storia intreccia i grandi temi umani che caratterizzano ogni epoca, ambientandoli in un periodo storico ben definito, e cita i cambiamenti più drastici che l’immaginaria Macondo dovrà attraversare. Gli eventi si svolgono tra il 1830 e il 1930, restituendo attraverso il povero e piccolo popolo di Macondo le trasformazioni politiche e sociali che hanno segnato la Colombia. Si parla della nascita di uno stato democratico, delle sue difficoltà, della corruzione politica, dell’arrivo di nuovi popoli, dell’ingresso delle multinazionali, delle nuove tecnologie e della guerra. Una serie di sconvolgimenti che inevitabilmente travolgono la già fragile e intricata esistenza dei Buendía.
Allo stesso tempo, la narrazione è una finestra aperta sulla cultura colombiana e latinoamericana, profondamente radicata in quel passato antico. Superstizioni, maledizioni, legami familiari incestuosi, anime del passato che continuano a tormentare i vivi quando meno se lo aspettano: perché vivi e morti convivono nello stesso terreno. I Buendía sono i protagonisti di questa grande solitudine che li perseguita per sette generazioni, lungo un secolo intero. Progresso e magia sono splendidamente condensati nella serie televisiva che dà nuova vita a Macondo, resa con grande precisione.
Il realismo magico riuscito: dal romanzo alla serie televisiva
Un narratore onnisciente guida il racconto, introducendoci alla vita di Macondo: un luogo dove progresso ed esoterismo si intrecciano, e dove le passioni umane investono la quotidianità. Úrsula (Susana Morales Cañas) e José Arcadio Buendía (Marco Antonio González Ospina) fuggono da una maledizione che temono possa segnare il loro amore incestuoso. Mentre José Arcadio si dedica a esplorare nuovi orizzonti, come l’alchimia con l’aiuto del gitano Melquíades, Úrsula vive nel terrore che un giorno un Buendía nasca con sembianze mostruose, come aveva predetto sua madre. Scoprirà sulla sua pelle che al destino non si sfugge, e che ognuno ne è l’artefice assoluto.
La serie televisiva riesce a preservare intatte le caratteristiche del Realismo Magico presenti nel romanzo, reincarnandole con precisione nelle vicende che animano Macondo. Simboli e metafore si impongono fin da subito come elementi centrali dell’opera: il passato si rivela ineluttabile, e ogni membro della famiglia Buendía appare avvolto in una profonda solitudine e in un tormento che li porta a vivere in un fragile equilibrio tra realtà e sogno.
Nonostante questo, la serie non è esente da qualche piccolo intoppo e imprecisione. I primi due episodi ad esempio, per chi non conosce già la storia, potrebbero risultare complessi da seguire, ma il progetto conquista rapidamente lo spettatore. È vero anche che l’inizio tende al caos, immediatamente immersi in una realtà sconosciuta e complice l’intricata vicenda, ma diventa facile familiarizzare coi personaggi e lasciarsi affascinare. Nonostante il rischio di scivolare nella banalità della telenovela, data la natura fortemente latina dell’opera, la serie riesce a elevarsi come un progetto filmico di altissimo livello, capace di superare i confini geografici.
Aureliano bambino in Cent’anni di solitudine. All right deserve to Netflix
Cent’anni di solitudine: i simboli di un popolo intero
L’opera è diventata un bestseller mondiale proprio perché capace di raccontare una storia universale, intrecciando tematiche fondamentali per la civiltà. Progresso scientifico e ossessione per l’alchimia, arrivo del cristianesimo e tradizioni ancestrali, politica e guerra: sono questi i pilastri che segnano la vita dei Buendía e, con loro, di tutto il popolo di Macondo. Ancora oggi, Cent’anni di solitudine resta incredibilmente attuale. Come quando Aureliano (Claudio Cataño), ormai adulto, dice al colonnello, suo amico-nemico: “La politica è tutta uguale: solo che i conservatori vanno a messa alle 17, i liberali alle 20.” Oppure quando sogna di riportare Macondo tra le mani del popolo, di restituirle un’epoca in cui “non esisteva la paura e le case potevano essere dipinte del colore desiderato“.
Il dolore che accompagna il cambiamento permea quest’opera carica di umanità. Toccante il momento dove un José Arcadio, ormai impazzito, riceve la visita del figlio maggiore (Édgar Vittorino) divenuto gitano dopo il suo lungo viaggio, il quale gli dice: “Il mondo era molto più bello come lo vedevi tu, papà.” Il racconto, delicato e intimo nei confini dell’anima umana, diventa improvvisamente spietato e crudo, dove ogni personaggio si aggrappa alla vita come può. È una narrazione che si muove tra visceralità, carnalità e onirico, restituendo una realtà che sembra lontana, ma che riconosciamo in fondo al cuore.
Così, alle credenze antiche, tra ossa di antenati, tarocchi, chiaroveggenza e adozioni improbabili, si affiancano il censimento, la chiesa, un nuovo mondo fatto di tasse e guerre. E viene naturale chiedersi chi sia responsabile di tanto male, o come potrà un’onesta Macondo sopravvivere a cambiamenti tanto drastici. Ma Aureliano, con speranza e perseverazione, commenta: “Me ne rallegro in fondo, perché almeno a Macondo è arrivato il telegrafo.”
Aureliano adulto in Cent’anni di solitudine. All right deserve to Netflix
Il meticoloso progetto Netflix
La meticolosità con cui Netflix ha deciso di onorare lo spirito di Cent’anni di solitudine è evidente nel grande lavoro di produzione dietro il progetto. Basti pensare che, con un team che conta ben 900 persone, è stata costruita su larga scala l’immaginaria Macondo. La precisione è talmente alta che sembra possibile immergersi in quel luogo, per respirare ogni elemento della cultura latinoamericana evocata nel romanzo. Contando anche il formidabile lavoro di fotografia, scenografia e performance attoriale, dove niente è lasciato al caso.
Gabriel García Márquez aveva le sue ragioni per temere una trasposizione cinematografica della sua amata opera. In un’intervista, spiegava che molti lettori avevano riconosciuto nei personaggi del libro parenti o amici, un’identificazione che il cinema avrebbe reso difficile: “Nel cinema avranno la faccia di Sophia Loren, Anthony Quinn, ecc., e sarebbe molto più complicato immaginare un nonno nei panni di Robert Redford.”
E per rispettare la visione dello scrittore, il cast della serie non include star internazionali. Addirittura, la quasi totalità delle maestranze coinvolte nel progetto provengono dalla Colombia o dal resto dell’America Latina, così come i due figli ed executive producer hanno voluto. Questo approccio, insieme alla cura per i dettagli, permette al progetto Netflix di superare ogni pregiudizio e aspettativa, valorizzando realmente un capolavoro eterno. La serie evita rappresentazioni superficiali o ciniche e approfondisce tutti gli aspetti culturali dell’opera, sempre accompagnati dal realismo magico che la rappresenta.
Cent'anni di solitudine - Parte 1
Anno: 2024
Durata: Prima parte, 8 episodi
Distribuzione: Netflix
Genere: serie tv, drammatico , storico
Nazionalita: Colombia
Regia: Alex García López, Laura Mora
Data di uscita: 11-December-2024
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