Trasmessa originariamente su France 2, Zorro arriva anche in Italia grazie a Paramount +. La serie, ideata da Benjamin Charbit, sceneggiatore di tutte le puntate insieme a Noé Debré, offre una nuova interpretazione dell’iconico personaggio mascherato, qui interpretato da Jean Dujardin. Nel cast anche altri volti noti del cinema francese (e non solo), fra cui Audrey Dana, André Dussollier, Grégory Gadebois, Éric Elmosnino e il nostrano Salvatore Ficarra.
Ma dov’era finito Zorro?
Los Angeles, 1821. Don Diego de la Vega (Jean Dujardin) ha ormai abbandonato l’identità di Zorro da vent’anni, cambiando totalmente la sua vita. Si è dato a una vita tranquilla, ha sposato Gabriella (Audrey Dana) ed è diventato alcalde di Los Angeles, succedendo a suo padre, Don Alejandro (André Dussollier). Con la morte del padre, però, arrivano anche molti debiti, che vanno ripagati al subdolo Don Emmanuel (Éric Elmosnino), il quale si impossessa, de facto, del controllo della città. L’infimo trattamento che Don Emmanuel riserva nei confronti dei poveri e degli autoctoni costringerà Don Diego a rivestire i panni di Zorro.
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Uno Zorro tanto vecchio quanto nuovo
Il vigilante mascherato, ideato dallo scrittore statunitense Johnston McCulley, si è ormai consolidato come un pilastro della cultura pop, in grado di influenzare la letteratura pulp e i comics americani. Nel corso degli anni furono molti gli attori che si sono susseguiti nell’interpretazione di questo personaggio, sia sul grande schermo che sul piccolo. Basti pensare, fra gli altri, a Tyrone Power, Guy Williams, Alain Delon e Antonio Banderas. Solo nel 2024 Zorro ha avuto due differenti riproposizioni: una spagnola dal sapore più classico; una francese che, pur ammiccando alla tradizione, tenta di rinnovare il personaggio.
Lo Zorro di Jean Dujardin, in effetti, rappresenta una novità nell’ambito dell’interpretazione dell’iconico personaggio. Dujardin veste i panni di un Don Diego di mezza età che ha da tempo abbandonato la maschera di Zorro. Ora Don Diego non vuole più risolvere i problemi con la spada, bensì con la diplomazia e il potere delle parole. Un proposito onorevole, se non fosse che il mondo circostante non è della stessa idea. In questa nuova serie vediamo quindi un Don Diego debole, che non riesce più a far valere la giustizia in città e che viene screditato dagli abitanti di Los Angeles. Don Diego si ritrova dunque a dover rivestire i panni di Zorro più per costrizione che per propria volontà, cosa che genererà problemi nella sua vita personale e nel rapporto con sua moglie Gabriella, interpretata da una splendida Audrey Dana.
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Uno Zorro francese (e si sente)
Nonostante il contesto possa sembrare particolarmente serio, la serie racconta questa storia con un tono particolarmente leggero. In effetti, Zorro è una serie sorprendentemente divertente. I momenti comici sono quasi sempre efficaci, sia che si tratti di spiritosi e talvolta assurdi dialoghi sia di situazioni che puntano maggiormente sulla fisicità. Sono momenti intrisi di una verve tipicamente francese, che riprendono vari passaggi della storia del cinema comico della Francia. Non si parla solo di recenti successi commerciali come Giù al Nord e Quasi amici, ma anche delle brillanti commedie degli equivoci di Éric Rohmer e delle geniali trovate slapstick di Jacques Tati e del suo Monsieur Hulot. Lo stesso Dujardin è stato protagonista della saga di Agente speciale 117 al servizio della Repubblica, parodia del cinema di spionaggio anni ’60.
Zorro riesce a mescolare sapientemente tutti questi elementi. E anche se a lungo andare l’effetto novità si perde e non tutte le battute risultino così brillanti, l’atmosfera generale regge molto bene grazie al talento delle maestranze francesi. Da una parte il team di registi, sceneggiatori, montatori, scenografi e costumisti che riescono a impacchettare un prodotto gradevole e funzionante. Dall’altra parte un cast sublime, fra cui spicca un Jean Dujardin in ottima forma, elegante e autoironico. Da citare anche le performance esilaranti di André Dussollier, nel ruolo di Don Alejandro (o principalmente del suo “fantasma”), e di Grégory Gadebois, che interpreta un sergente Garcia ancora ossessionato da Zorro. Da segnalare, inoltre, la presenza di Salvatore Ficarra nel ruolo di Bernardo, muto servitore di Zorro, che grazie alle sue abilità nella gestualità e nella mimica facciale non impallidisce neanche un momento vicino ai colleghi e alle colleghe d’oltralpe.
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Il peso della maschera di Zorro
Il fatto che la serie sia un prodotto francese è importante anche per quanto riguarda il modo in cui tematiche classiche vengono recuperate per essere poi ricontestualizzate. Zorro a sempre difeso i più deboli, in particolare gli indigeni. Ma in questa serie sembra che gli sceneggiatori Benjamin Charbit e Noé Debré abbiano coscientemente utilizzato questa caratteristica per riferirsi alla situazione socio-politica dell’attuale Francia. Ecco quindi che nel degrado in cui gli autoctoni si ritrovano costretti a vivere, si potrebbe osservare un riferimento al sempreverde tema della condizione precaria degli immigrati nelle banlieue. Molte situazioni della serie, inoltre, paiono quasi essere un’allegoria del sempre maggiore distacco del popolo francese dalle istituzioni politiche, oltre che dell’ascesa dei nazionalismi e dei populismi.
In effetti Don Diego tenta di risolvere i complessi problemi di Los Angeles con soluzioni concrete. Ma a quest’ultime il popolo preferisce le proposte del Don Emmanuel di Éric Elmosnino, che parla alla pancia della gente mentre arricchisce solamente sé stesso. È proprio per contrastare Don Emmanuel che Don Diego è chiamato a rivestire i panni di Zorro, che con la sua immediatezza d’azione offre soluzioni semplici per la città. Ciò però contrasta con gli intenti di Don Diego, e si viene a creare una specie di conflitto fra Don Diego e Zorro. Quasi come accadeva in Birdman, Don Diego si scontra spesso con la maschera di Zorro, con l’insostenibile peso che questa identità comporta, creando una dinamica autoriflessiva particolarmente inedita nel contesto del vigilante mascherato. Zorro è dunque un prodotto molto interessante, una serie decisamente ironica, quasi demenziale, ma che riesce comunque a trattare argomenti, per nulla scontati, di natura psicologica e socio-politica. Una serie che coniuga tradizione e modernità, riuscendo a essere appetibile tanto per i vecchi fan del personaggio quanto per i neofiti.
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