Uno sguardo ai risultati del box office del 2024 e ci si rende conto di come l’originalità sia sempre meno presente. Si parte dal sicuro, si parte dal già noto: l’autonomia narrativa non esiste. E il nuovo film dell’universo narrativo tolkeniano non fa eccezione, fin dal titolo: Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim cerca di rinnovare un mondo vecchio, riuscendoci solo in parte.
Al cinema dal 1 Gennaio.
Trama e narrazione con due parti distinte
Il film, diretto da Kenji Kamiyama (noto regista di anime, già collaboratore per gli effetti della trilogia di Jackson) e prodotto sotto la direzione della navigata Philippa Boyens, si concentra sulla storia che ha dato il nome al fosso di Helm. La protagonista è Hèra (Gaia Wise), la figlia del re di Rohan Helm Brandimartello (Brian Cox), che si ritroverà a guidare il popolo dei Rohirrim in una guerra contro i Dunlandiani, guidati da Wulf (Luke Pasqualino), in cerca di vendetta. Gli scontri inizieranno nelle campagne di Rohan, ma costringeranno i Rohirrim a spostarsi fra le montagne dove i nemici condurranno un assedio interminabile.
Bipolare. Questo film sembra bipolare, per vari aspetti. Prima di tutto, la narrazione: la prima parte è molto avventurosa, movimentata, con un ritmo incalzante. La seconda rallenta in maniera brusca: da quando ci si sposta nel (futuro) fosso di Helm, tutti i conflitti si congelano sotto la tempesta invernale che imperversa sui personaggi. La sceneggiatura, che negli intenti produttivi avrebbe dovuto concentrarsi sulla parte dell’assedio, è molto più interessante nell’atto iniziale. Le idee originali de Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim non sono ben distribuite; c’è un accumulo nella prima parte, poi solo qualche spunto nella seconda. Questo comporta anche un approfondimento limitato per elementi molto interessanti, tralasciati e sostituiti dal monotono assedio.
Novità, ma fino a un certo punto
La protagonista femminile è uno degli aspetti innovativi de Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim. Hèra è un personaggio al passo con i tempi: una donna forte, ribelle in un mondo che non vuole considerarla abbastanza. In un certo senso, prosegue quei tentativi passati di pareggiare la predominanza maschile fra i protagonisti dei mondi tolkeniani, in cui mancano personaggi femminili. Nei film di Jackson, Galadriel, Éowyn e Arwen sono eccezioni in opere che, comunque, non le vedono centrali. Nella trilogia de Lo Hobbit, Tauriel era un personaggio non necessario, inserito per allungare la storia. Infatti, non è piaciuto: come non piace Galadriel di Rings of Power, personaggio molto discusso per la sua caratterizzazione poco approfondita. Al contrario, Hèra cambia questa tendenza: è un personaggio più complesso, ribelle nei confronti delle regole del suo popolo, per il quale, però, darebbe la vita. È adolescente e matura allo stesso tempo. E, soprattutto, non è sola: sono le donne a salvare il regno di Rohan, anche se poi verranno dimenticate.
Perciò, declinazione al femminile: di conseguenza, la voce narrante è quella di Éowyn (Miranda Otto). Impostazione narrativa simile a quella dei film di Jackson, in cui Galadriel introduce la storia. Questa scelta non è l’unica idea derivativa nei confronti della trilogia cult. Si riprendono anche i temi musicali, senza nessuna modifica, e l’estetica in scenografie e costumi. Addirittura, Kamiyama ripropone alcuni tipi di inquadrature che hanno fatto scuola. Il problema è che poi non si fa molto altro. L’animazione, che dovrebbe essere il punto davvero innovativo e centrale di questa produzione, sembra non necessaria. Dovrebbe essere uno strumento per sprigionare la creatività, ma sembra limitata nei confronti della regia di Peter Jackson. Ne Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim non c’è mai un momento in cui si esaltano gli eserciti, le battaglie, i paesaggi, che invece venivano valorizzati nel live action. È paradossale. Ed è uno spreco.
Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim è troppo derivativo
Forse servivano più soldi, forse serviva più tempo. La sensazione, però, è che dal punto di vista formale sia mancato il coraggio. Per questo Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim sembra bipolare. Da un lato si cerca l’innovazione, con la scelta di una protagonista femminile forte (anche se forse ormai si vedono parecchie eroine in giro) e quella di utilizzare l’estetica degli anime. Dall’altro ci si adegua a un’altra estetica, con modifiche che ne riducono potenza ed efficacia spettacolare. Si sente ancora il bisogno di restare vicini al capolavoro di Jackson, anche con riferimenti a personaggi della trilogia che non servivano. Attendiamo di scoprire a cosa porteranno, ma per ora resta solo a una svalorizzazione di questo film. Come se non si riuscisse a fare qualcosa di nuovo senza mettere qualcosa di vecchio.
Il titolo è una dichiarazione di intenti. Anche con Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim si vuole realizzare qualcosa come Il Signore degli Anelli. Il risultato, però, è che da un lato si alza l’asticella, per cui tutti i prodotti dovranno confrontarsi con i film di Jackson; dall’altro, si adatta ogni cosa a quelle storie, a quei film, a quel cinema, senza la possibilità di una reale innovazione. Mancano originalità, vitalità in un universo narrativo che fa della diversità la sua caratteristica più affascinante: la scelta di utilizzare una donna come protagonista non è sufficiente.
Distribuito da Warner Bros Italia e in uscita mercoledi 1 gennaio.