La regista americana Beth de Araujo (di origini brasiliane) dirige un thriller disturbante ambientato nell’arco di un pomeriggio, mantenendo vivo quell’approccio sociopolitico molto in voga durante gli ultimi anni (pensiamo ai film Get Out e Antebellum). Sebbene sia stato distribuito da Blumhouse, una casa di produzione statunitense caratterizzata dalla produzione di opere horror come Speak No Evil o Black Phone, Soft & Quiet difficilmente rientrerebbe in una lista del genere, però, la sua vicinanza alla nostra realtà spaventa più delle migliori storie di mostri e demoni. Viviamo tempi sempre più bui, in cui, spesso, l’essere umano fa più paura rispetto ad uno spettro o ad un mostro sotto il letto.
Non sono psicopatici modellati dal cinema horror, ma là fuori esistono persone che conosci, con un livello malsano di pregiudizi, che si sentono superiori a causa del colore della loro pelle e della loro situazione finanziaria.
La malvagità dell’estremismo
Il nazismo è tra noi…
La regista comincia raccontando una storia che trae spunto da una circostanza apparentemente banale: l’incontro di donne con interessi comuni al piano superiore della chiesa di una piccola città. Ma non prima di aver seminato un piccolo sospetto nello spettatore mostrando la protagonista, la maestra delle elementari Emily, praticamente indottrinare uno studente e spingerlo a opprimere la donna delle pulizie, non bianca, della sua scuola. Tutto diventa più chiaro con la rivelazione della svastica nazista incisa sulla classica torta americana, la prelibatezza diventata nel tempo un simbolo della tradizione statunitense. Questa sovrapposizione di icone è auto esplicativa. Per non parlare della scelta della parrocchia come punto di incontro, sottolineando l’ipocrisia, la falsità e la malvagità che si nascondono nei luoghi considerati puri, con persone benevolenti, tolleranti e clementi.
Le risate e le battute alla rivelazione spiegano il motivo dell’incontro: stanno formando un gruppo femminile di suprematiste bianche. Il gruppo è ancora piccolo, ma prevede di espandersi. Vogliono diffondere le loro idee attraverso newsletter e forse anche una rivista, al fine di attirare più persone alla “causa”. La naturalezza con cui discutono le loro motivazioni è in contrasto con il nostro disagio quando lo guardiamo. Perché, tutto, avviene in maniera spontanea, soft.
Proseguendo con la macchina da presa in mano e ininterrottamente, Beth scatena dapprima la violenza nella sfera discorsiva, costruendo un panorama cupo in cui casalinghe e lavoratrici borghesi riversano pregiudizi nell’ambiente parrocchiale come se rivelassero verità incontestabili. Il dialogo instaura un crescendo di assurdità, con madri di famiglia e donne single in cerca di marito (un altro segno di allineamento con il conservatorismo), senza che ci sia nessuno sulla scena a contraddire le manifestazioni razziste e xenofobe pronunciate tra un boccone e l’altro nel simbolo gastronomico di un Stati Uniti oscurantista.
Soft & Quiet esplora l’orrore nella realtà contemporanea
A un certo punto di questo discorso tra donne bianche borghesi neonaziste, una di loro dice “femmina, ma non femminista”, attaccando così direttamente chi si batte per l’uguaglianza di genere, ponendosi volontariamente nel ruolo di sottomissione preconcetta da una società patriarcale. È molto chiaro che Beth vede questi personaggi come sottoprodotti di questo mondo maschile che ha eletto gli uomini come leader fin dall’inizio.
La regista segue il passaggio dalla violenza verbale ai fatti, sottolineando così che l’incitamento all’odio uccide. Emily e le sue amiche, sempre più infiammate da concezioni suprematiste, decidono di mettere in pratica ciò che le loro parole annunciano, e tutto prenderà una piega totalmente diversa quando incontreranno in un negozio una vecchia conoscenza.
Soft & Quiet è diviso in tre parti: la prima parte, quella dell’incontro che ci offre il contesto; la seconda, quella dello scontro, in cui è chiara la predisposizione dei rappresentanti della bianchezza alla distruzione degli altri; e il terzo, in cui le molestie aggressive si intensificano fino a trasformarsi in tragedia
Soft & Quiet è, al suo interno, una spiegazione accelerata dei pericoli del suprematismo bianco, pericoli che iniziano “solo” come conversazioni e alla fine (o, in questo caso, rapidamente) degenerano in violenza.
L’approccio di Beth de Araújo è estremamente funzionale. È un film semplice e diretto, che dovrebbe essere proiettato nelle scuole. Dopotutto, come dimostra l’opera stessa, il pregiudizio non è insito agli esseri umani: è appreso. Pertanto, anche la tolleranza e l’empatia devono esserlo. Registrato in soli quattro giorni, Soft & Quiet è una master class sulla suspense e su come creare tensione, con la capacità di causare tale disagio e trarne comunque piacere.