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Interviews

‘Il corpo’ intervista con il regista Vincenzo Alfieri

Un thriller, a tinte quasi horror, che regala grandi interpretazioni e colpi di scena

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vincenzo alfieri

Presentato al Festival di Torino, Il corpo è il nuovo film di Vincenzo Alfieri, un thriller che è il remake italiano del film spagnolo El cuerpo di Oriol Paulo del 2012. Il film, scritto insieme a Giuseppe G. Stasi, vede come protagonisti Giuseppe Battiston, Claudia Gerini Andrea Di Luigi.

La morte improvvisa di Rebecca Zuin (Claudia Gerini), un’affascinante e carismatica imprenditrice, getta un’ombra su chiunque le fosse vicino. Quando il suo corpo sparisce senza lasciare traccia dall’obitorio, l’ispettore Cosser (Giuseppe Battiston) viene incaricato di risolvere un caso che si fa subito intricato. Anche se i sospetti ricadono sul giovane marito, Bruno Forlan (Andrea Di Luigi), tutte le persone che le erano accanto sembrano avere un movente per volerla morta ma l’ispettore Cosser ha le idee molto chiare su come possono essere andati i fatti… (Fonte: Eagle Pictures)

Per l’uscita nelle sale con Eagle Pictures abbiamo fatto alcune domande al regista Vincenzo Alfieri.

Vincenzo Alfieri e il suo genere

Ormai si può quasi dire che hai, in qualche modo, fatto tuo un genere. Non so se ciò dipenda dal tuo essere montatore, ma hai un modo originale e tutto tuo di plasmare un genere. Lo avevi già fatto con Gli uomini d’oro lavorando, in quel caso, su eventi realmente accaduti e lo fai qui lavorando su una storia già esistente, trattandosi di un remake.

Sicuramente non è una cosa che faccio in modo strumentale. Sono felice che passi questa cosa, perché vuol dire che, da autore, sto trovando la mia strada. Ed effettivamente questo film è il film di cui vado più fiero perché mi rappresenta davvero per la prima volta in tutto, dal contenuto allo stile, ai messaggi.

Fino a ora non sono mai riuscito a esprimermi completamente. Probabilmente il mio stile è legato anche al montaggio perché mi sono reso conto, anche con questo film, che in qualche modo io sono abbastanza legato alla destrutturazione, perché per me è un po’ come se la vita fosse destrutturata. La vita delle persone, secondo me, non è mai lineare, è sempre un andare avanti e indietro nei concetti, nei ricordi, nelle situazioni e quindi, in qualche modo, questa cosa, anche involontariamente, mi ha sempre un po’ ossessionato e la trasporto nei miei film. In questo tanto, ma nel prossimo molto di più.

A tal proposito ti chiedo proprio dell’elemento che più di tutti si lega a questo: l’inserimento di flashback. Sono sincera, dopo aver visto Il corpo ho recuperato anche El cuerpo (l’originale spagnolo, ndr) e l’ho trovato più lineare e meno approfondito rispetto al tuo. Il tuo utilizzo dei flashback diventa importante perché ha un valore diverso: provi a farci capire, provi a farci arrivare alla soluzione, ma al tempo stesso riesci a destabilizzarci maggiormente perché si perde la percezione del tempo, dello spazio e della realtà.

Quando mi è stato proposto di fare questo film ho visto El cuerpo che non conoscevo, anche perché non è mai uscito in Italia e non ne avevo mai sentito parlare.

il corpo

Una scena de Il corpo – Ph. credit: Gianfilippo De Rossi. Per gentile concessione di Eagle Pictures.

Onestamente non mi ha convinto molto soprattutto per il fatto che i personaggi fossero poco approfonditi, sembravano tutti uguali. Nonostante questo ho trovato comunque interessante la macchinazione e ho pensato che se dovevo fare questo film lo avrei cambiato rendendolo mio. E questo voleva dire rendere tridimensionali i personaggi, creare una sorta di non luogo dove io potessi fare in modo che sia il protagonista che lo spettatore non fossero mai davvero in una zona di comfort, cosa che nell’originale non avviene.

Poi ho modificato anche il protagonista, che nel film originale è molto piatto, e il suo rapporto con la moglie. Nel film originale non si comprende bene perché i due stiano insieme. Io, invece, ho voluto creare innanzitutto un rapporto di dipendenza dimostrando che lui è colui che prende schiaffi da tutti dall’inizio alla fine del film, fino a perdere tutto. E la frase dell’ispettore che dice Uno deve prima perdere tutto per apprezzare quello che ha è calzante proprio per questo. Lui perde piano piano tutto e vengono meno le sue certezze, così come in realtà vengono meno anche le certezze della moglie.

Mi piace pensare che la gente veda anche solo dentro uno sguardo queste sfumature. La moglie è una persona che crede di avere sempre il controllo di tutto, ma poi si rende conto che ciò non è vero. Lei pensa di poterlo fare perché con i soldi, con il potere si possono fare tante cose ma non riesce a gestire suo marito che è un fedifrago conclamato, o meglio è un ragazzo in balia di se stesso e dei propri istinti primordiali.

Contrasti nel film di Vincenzo Alfieri

Ci sono tanti contrasti nel film, sotto tutti i punti di vista. Questo richiama un po’ anche il tema dell’amore e il modo in cui esso è sviluppato all’interno della storia. È un tema che comunque è presente perché rappresentato con diverse sfaccettature (lui e l’ispettore incarnano due visioni dell’amore diverse). E questa cosa la si vede anche nella rappresentazione degli spazi. Ci sono luoghi enormi che dominano (tutti di proprietà della moglie) e che non sappiamo dove sono perché non ci sono riferimenti (è come se fossero collocati in una realtà parallela) che contrastano poi con luoghi opposti come, per esempio, l’obitorio che è più piccolo, più angusto. Ci sono molti contrasti in questo senso.

Sì, è vero. Quando ho iniziato a preparare il film ho detto che, per quanto riguarda la scenografia, paradossalmente dovevamo ragionare all’inverso. I luoghi della sua vita privata, ufficio, casa, dovevano essere molto freddi ed estremamente razionalisti come architettura. L’obitorio, invece, doveva avere dei toni caldi perché nella mia testa l’obitorio rappresenta la morte, quindi la fine e il relax. Ed è come se rappresentasse casa, in qualche modo. La sua vita, invece, rappresenta qualcosa dentro cui lui non riesce a stare, dove lui non ha calore, quindi è freddo e sono tutti luoghi molto asettici, con colori molto freddi, con l’illuminazione molto fredda.

Un elemento che ricorre continuamente nel film tanto da rendere tutto molto asfissiante è il buio, il cupo e soprattutto la pioggia. Si inizia a perdere la percezione di tempo e spazio a causa della continua pioggia che arriva addirittura a entrare dentro i luoghi chiusi. Nonostante questo inserisci ogni tanto dei riferimenti spazio-temporali per creare realismo.

Ovviamente nei thriller e nei noir spesso piove, però io volevo che la pioggia fosse qualcosa di diverso, non volevo che fosse solo estetica. Anche con il compositore musicale abbiamo lavorato su questo, sull’immaginarsi che piovesse sempre perché quelle sono le lacrime del protagonista che si sta scavando questa tomba sociale. Quando smette di piovere c’è il disvelamento, e in qualche modo la musica doveva seguire anche questo andamento, questa pesantezza.

vincenzo alfieri

E poi mi piaceva l’idea che i personaggi avessero un rapporto con la pioggia, ma anche il pubblico tanto che il mio obiettivo era che la gente uscisse dalla sala con la sensazione dell’umido addosso ed è effettivamente una cosa che mi hanno detto in tanti.

Non può piovere per sempre.

Esatto. Il riferimento è sempre quello.

Per quanto riguarda i riferimenti temporali, in realtà, se vai a vedere gli orari sono stati tutti studiati e tutto è reso plausibile. In generale, però sono dei riferimenti che, a un certo punto, entrano ma poi escono, ed è sempre tutto in un non-tempo, in un non-luogo.

Non solo thriller

Prima abbiamo parlato di genere che fai tuo. Non c’è solo thriller, ma anche e soprattutto horror. Mescoli le due cose alla perfezione. Non ci sono momenti spaventosi, ma ci sono momenti in cui si coglie paura.

Anche lì perché può succedere nella vita di affrontare un momento di orrore. Mi ero detto che in questo film per me ci doveva essere tutto: dramma, tensione, orrore, amore.

La scena del ballo in maschera, senza fare spoiler, è emblematica di quello che è il rapporto tra i due protagonisti che, in un salone pieno di persone (in maschera), parlano a bassa voce e suscitano una reazione che non è quella naturale, come fosse un’assenza di comunicazione che è quella che hanno nel loro rapporto.

Quella scena è stata molto difficile perché quello è il dialogo forse più importante del film, tra loro due, ed è all’interno di un caos. Il caos che c’è fuori è un parallelismo con quello che lui sta vivendo, tutti fuori giocano in questo girone infernale e lui è costretto a trovarsi di fronte alla verità. Ed è in quel momento di caos che c’è questa confidenza, tant’è che in post-produzione ho eliminato tutte le voci e si sentono solo loro due che parlano perché è come se all’improvviso tutto intorno a loro sparisse. Prima si sente gli occhi addosso, poi sparisce, poi la gente comincia a ridere, lui non capisce se è vero o non è vero. Ho voluto un po’ giocare con lui e con lo spettatore, nel senso che non si sa se è tutto nella sua testa o sta accadendo veramente, se questi sono veramente dei ricchi cinici che lo stanno deridendo o se si sta immaginando tutto.

Infatti ci perdiamo anche noi insieme a lui, arrivando a pensare quello che pensa lui, quindi appunto ad avere dubbi su chi siano, su cosa stia succedendo.

Forse è una delle mie scene preferite. Non è la mia scena preferita, ma è una delle mie preferite.

Il finale del film di Vincenzo Alfieri

Senza spoiler, ma devo dire che mi è piaciuto moltissimo il finale. Al di là del colpo di scena ho apprezzato molto il modo in cui lo hai girato che ci permette di vedere il mondo da un’altra prospettiva. E, per certi versi, secondo me è quasi più spaventosa dell’originale.

Quando ho visto l’originale mi sono fatto tante domande. Per me la cosa interessante era come arrivare al disvelamento e come elaborare il tutto, è più coreana la mia versione, più tragica, però anche, in un certo senso, più realistica.

Il cast è molto variegato. Oltre a una Gerini davvero in forma, c’è un Battiston incredibile che si trasforma completamente. Fino a un certo punto è solo l’ispettore, ma non è il classico ispettore che vediamo di solito nei film di questo genere, lo caratterizzi in modo preciso dando tanti elementi che lo rendono unico. Alla fine è come se fosse un colpo di scena nel colpo di scena.

Io ho detto spesso che vedere recitare Battiston è come vedere Maradona che palleggia. Questo film non sarebbe stato possibile senza questi attori, ma lo dico sul serio.

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Una scena de Il corpo – Ph. credit: Gianfilippo De Rossi. Per gentile concessione di Eagle Pictures.

Per quanto riguarda Battiston se ci pensi la scena finale è una unica: sono più inquadrature, ma quando lui comincia a parlare è un’unica inquadratura di 11 minuti, strettissima, uno zoom. Ecco, ne ho fatta una sola ed era perfetta perché è molto intima.

Senza fare spoiler, quello che viene fuori è che non c’è un finale edificante per qualcuno.

Il titolo

So che il titolo deriva da quello del film originale spagnolo, ma tu giochi anche su questa doppia valenza: da una parte il corpo inteso come cadavere, dall’altra corpo come strumento essenziale. E lo si vede fin dall’inizio con inquadrature attente e mai lasciate al caso che mostrano dettagli del volto piuttosto che delle mani o di altro, tanto da farci dubitare fino alla fine riguardo cosa effettivamente è il corpo.

È assolutamente così. Potrei citare, per esempio, la prima scena di sesso tra Bruno e l’amante che, per come l’ho girata, ho voluto fare una sorta di quadro: la scena è un ralenti con una luce che la fa sembrare un dipinto. Ma anche il corpo della Gerini si vede molte volte nudo o comunque senza particolari veli, così come il corpo del ragazzo. Ho chiesto a tutti di stare molto in forma perché volevo esaltare la bellezza dei corpi e poi far vedere il corpo di Claudia Gerini morto, con il sangue rappreso dietro. Ma Il Corpo è anche proprio l’involucro dentro cui si muove l’anima dei protagonisti, quindi ho assolutamente cercato di dare un senso al titolo.

Il futuro di Vincenzo Alfieri

All’inizio parlavi di un altro film che stai preparando.

Sì, sto lavorando a un progetto che il produttore ha già annunciato varie volte. Sto lavorando a un film su Willy Monteiro, il ragazzo ucciso nel 2020 a Colleferro. Ovviamente è completamente diverso da quello che ho fatto fino a ora, ma sarà un racconto molto vero e realistico, su una vicenda ovviamente romanzata, nel senso che non è proprio un documentario.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

Il corpo

  • Anno: 2024
  • Durata: 101'
  • Distribuzione: Eagle Pictures
  • Genere: Thriller
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Vincenzo Alfieri

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