Una notte a New York (titolo originale, Daddio) esce il 19 dicembre, dopo le anteprime americane e ora anche italiane, accompagnate dalla regista in sala. Distribuito da Lucky Red, in collaborazione con Leone Film Group, il film è prodotto, scritto e diretto da Christy Hall. Con Una notte a New York, Christy Hall, nota soprattutto come sceneggiatrice, è alla sua prima regia.
“Questo film tocca molti temi, ma quello che mi appassiona di più è il potere del contatto umano.” (Christy Hall)
Una notte a New York: La trama ufficiale del film
Un viaggio in taxi dall’aeroporto JFK di New York a Manhattan. Una giovane donna, bella e assorta nei suoi pensieri, inizia una conversazione con il tassista Clark, un uomo diretto e senza peli sulla lingua. Nel tempo del tragitto, il contesto apparentemente ordinario di un taxi diventa il luogo di un dialogo straordinario, intimo e denso, fatto di piccole verità e grandi rivelazioni. Una storia semplice e universale, su come una conversazione apparentemente banale tra due estranei possa prendere strade inaspettate e creare una connessione profonda.
Una notte a New York: Dakota Jonson e Sean Penn
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Dakota Jonson. Foto ufficiale del film
Non si potevano scegliere interpreti migliori per questa storia nata inizialmente come pièce teatrale, resa invece cinematograficamente. Lei, di una bellezza e un sorriso disarmanti. Lui, una personaggio lontano dalle buone maniere: le frasi farcite di fucking, la gomma masticata a bocca aperta e sputata dal finestrino, una schiettezza di modi e di parole fuori luogo, tra estranei. Clark, si chiama Clark (pronunciato con una a apertissima e prolungata) ma tiene subito a precisare che il nome non gli appartiene, perché farebbe pensare ad abitudini ben diverse dalle sue. Lui se ne va in giro con il taxi ammaccato come ammaccata sembra un po’ tutta la sua vita.
Una notte a New York Confidenze troppo intime
Una notte a New York è un film americano che ha un tocco gradevolissimo del cinema francese e non a caso fa pensare a Confidenze troppo intime. Tutt’altra storia, verrebbe da dire. Non c’è l’equivoco di fondo da cui nasce la commedia di Patrice Leconte. Ma Confidenze troppo intime e Una notte a New York condividono la storia di due persone che in uno spazio protetto si scoprono e scoprono se stesse, in un’intesa altrimenti impossibile. Nel film di Leconte una giovane donna (Sandrine Bonnaire) suona alla porta sbagliata, scambiando l’analista fiscale (Fabrice Luchini) per un’analista della psiche. E quando, anche abbastanza presto, si accorge del malinteso continua a non mancare agli appuntamenti, a chiederli, e lui li concede in quella che è diventata la loro irrinunciabile complicità.
Confidenze troppo intime prevede poi l’innamoramento, che in Una notte a New York avrebbe stornato troppo, perché si vuole valorizzare di più il senso di un incontro gratuito, nella sua profondità.
Il gioco del dire l’indicibile
I due personaggi (lei non dice mai il suo nome!) passano con disinvoltura da una comunicazione di circostanza a qualcosa di più personale, grazie alla schiettezza di lui e alla pronta disponibilità di lei. Il confine della formalità viene oltrepassato molto presto, perché Clark non si pone limiti nel chiedere. È l’ultima corsa della giornata e si capisce che ha voglia di una compagnia autentica. Lei chatta con il suo amante, ma interrompe volentieri per rispondere e chiedere a sua volta.
Il gioco tra loro diventa così parecchio coinvolgente. Un punto per chi riesce a stanare le emozioni dell’altro con il racconto di sé, sul presente o sul passato, senza ammiccamenti seduttivi. Meglio ancora, fermandosi un attimo prima che il rischio di una possibile ambiguità venga anche soltanto sfiorato. Lui ha la sfacciataggine di chi ha tanto vissuto ed elargisce consigli, rivelando uno spessore esistenziale oltre le apparenze; lei si fida e quasi gli si affida, azzerando le deboli difese iniziali. C’è un momento, impercettibile perché siamo coinvolti nel dialogo, in cui la relazione si fa più simmetrica. Da qui alla fine della corsa (e del film), i segreti sono più intimi, la tensione emotiva più forte.
Il tempo e lo spazio
Molto riuscite la costruzione dei personaggi e la sceneggiatura, senza neppure un dettaglio in più. La macchina da presa insiste sui particolari dei volti, anche attraverso gli specchietti retrovisori: gli occhi di lei e gli occhi di lui, la bocca col rossetto di lei, la bocca che mastica di lui, le unghie smaltate di lei, le mani invecchiate di lui che tamburellano sul volante, la pelle di entrambi ripresa vicinissima, a riempire lo schermo. Il setting di Confidenze troppo intime permette invece momenti di distrazione per i cambiamenti dei due personaggi (più vistosi quelli di lei), con il procedere di un’alleanza terapeutica, finta, ma non per questo meno efficace. Nel corso dei loro incontri, si modificano i gesti e le espressioni della donna, che diventa più sicura di sé. Si presenta infagottata, non toglie neanche il cappotto, fuma in maniera compulsiva; alla fine indosserà un vestito leggero e assaporerà ogni tiro, consapevole, dalla sua sigaretta.
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Sean Penn. Foto ufficiale del film
Una notte a New York non può contare sul fluire del tempo. Deve così soffermarsi sulle minuzie, sui toni, sugli sguardi, sull’equilibrio tra un silenzio d’attesa e le parole al momento giusto, se si vuole arrivare alle emozioni autentiche. Nell’unità di tempo, oltre che di luogo. Terreno di per sé scivoloso al cinema, ma attraversato con grande sicurezza.
Christy Hall: note di regia
Grazie anche alla sua grande esperienza teatrale, la regista dice di aver voluto creare uno di “quei rari momenti di pura catarsi in cui diventiamo tutti più vulnerabili e ci sentiamo esposti, che tendono ad accadere nei luoghi più insignificanti. Una bettola di infima categoria. Un appartamento minuscolo. Un garage silenzioso. Il tavolino d’angolo di una tavola calda. Sono confessionali cosmici che si rivelano organicamente proprio quando ne abbiamo più bisogno”.
Sempre dalle note di Christy Hall, una riflessione sullo scopo dello spettacolo teatrale, felicemente raggiunto anche da questa sua prima regia cinematografica: “Per come la vedo io, è questo lo scopo di uno spettacolo teatrale: fungere da specchio, chiedersi perché, porre domande senza fornire tutte le risposte e dare al pubblico la libertà di decidere in autonomia. E forse, lasciare il segno a tal punto da far venire voglia di parlarne con gli amici”.
‘Daddio’: Dakota Johnson con il tassista Sean Penn in un dramma indipendente – Taxidrivers.it