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Festival del cinema di Porretta Terme

Glauber Rocha – “Un’idea in testa e una cinepresa in mano”

Stile sovversivo e dalla forte carica politica: Glauber Rocha è stato un importante cineasta brasiliano, capace di assimilare le idee del Neorealismo italiano e della Nouvelle Vague. Il Festival del Cinema di Porretta Terme, sotto l’egida di Luca Elmi, ha omaggiato il regista con due imperdibili proiezioni nel quarantatreesimo anniversario della sua morte

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Il Festival del Cinema di Porretta Terme ha proposto due proiezioni dei suoi capolavori maggiori, Deus e o diabo na terra do sol (Il dio nero e il diavolo biondo) nella sua versione restaurata in digitale, e O dragão da maldade contra o santo guerreiro (Antonio Das Mortes), che quest’anno festeggia cinquantacinque anni.

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Glauber Rocha nacque a Vitória da Conquista il 19 marzo 1939.

Nel 1947, si trasferì con la sua famiglia a Salvador de Bahia, dove completò gli studi  e si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, che frequentò per tre anni. La sua passione per il cinema, il teatro e la politica lo portò a scrivere  come critico cinematografico per O momento, il giornale del partito comunista. Inoltre, collaborò con diverse riviste culturali e divenne uno dei principali animatori del cineclub di Bahia.

Spinto dal desiderio di sperimentare nuove forme di cinema politico, Rocha si dedicò alla regia e, per montare il suo primo cortometraggio, Pátio (1959), si trasferì a Rio de Janeiro. Qui incontrò i protagonisti del movimento del Cinema Nôvo, un collettivo di cui sarebbe diventato l’ispiratore e il principale esponente. Questo movimento si proponeva di creare una nuova forma di cinema che fosse profondamente radicata nella cultura e nella società brasiliana, lontana dall’imitazione di tendenze estetiche europee.

Anni Sessanta – tra sovversione e teoria

Nel 1960, Glauber Rocha subentrò a Luís Paulino dos Santos come regista del lungometraggio Barravento (1961), un’opera che, sebbene con risultati variabili, mette in luce la sua abilità nel rappresentare, senza simbolismi o intellettualismi, la superstizione magico-religiosa in una piccola isola di pescatori come una forma di dominazione ideologica, utilizzando con maestria corpi e spazi.

Nel 1963, realizzò Deus e o diabo na terra do sol (Il dio nero e il diavolo biondo), che fu sequestrato dalle autorità dopo il colpo di stato militare dell’aprile 1964, ma tornò sugli schermi brasiliani subito dopo la sua presentazione al Festival di Cannes. In questo film, Rocha ambienta una storia di fame e miseria nella regione del Nordest brasiliano, trasformando il paesaggio in uno scenario di inquietante sofferenza grazie a una scelta di immagini sempre più visionarie, sospese tra realismo e astrazione.

Due anni dopo Glauber Rocha redasse il testo che sarebbe diventato il manifesto del Cinema Nôvo, intitolato Uma estética da fome. In questo scritto, egli sottolineò come il cinema che emerge dalla fame e dalla disperazione del Terzo Mondo non possa fare a meno di rappresentare la violenza, concepita come una forma rivoluzionaria contro ogni falsa conciliazione.

All’alba degli Anni Settanta

Il suo terzo lavoro, Terra em transe (1967), ricevuto con favore in vari festival internazionali, offre un’interpretazione allegorica e al contempo disperata del Brasile e delle sue continue crisi, ambientata nel mitico Eldorado. L’anno successivo, nel 1968, Rocha partecipò come attore in Vent d’Est (1970) di Jean-Luc Godard e realizzò a Rio il film sperimentale Câncer, successivamente montato a Cuba e presentato in Italia (in Brasile, il film sarebbe uscito solo nel 1972).

Seguì il progetto O dragão da maldade contra o santo guerreiro (Antonio Das Mortes), in cui il suo stile, sempre sospeso tra realismo e dimensione onirica, divenne più accessibile, grazie all’intento di raggiungere un pubblico più ampio. Il film successivo, Der leone have sept cabeças (1970), girato in Africa e Italia, si proponeva come un’opera apolide sul colonialismo occidentale. Rocha presentò il film alla Mostra del cinema di Venezia, suscitando reazioni contrastanti. Nello stesso anno, girò in Spagna Cabezas cortadas, che venne però bloccato dalla censura brasiliana fino al 1978.

L’esilio e gli ultimi lavori

Nel 1971, a seguito dell’inasprirsi del clima politico, scelse di lasciare il Brasile  e viaggiò attraverso diversi Paesi, stabilendosi poi a Roma due anni dopo, dove lavorò a un film di montaggio sulla storia del suo Paese, História do Brasil (1974). Dopo cinque anni di esilio, ritornò in patria nel 1976, dove realizzò un cortometraggio intitolato Di (1977), dedicato al pittore brasiliano Di Cavalcanti. Glauber Rocha presentò il suo ultimo film, A idade da terra (1980), alla Mostra del cinema di Venezia, dove suscitò la critica di molti esperti europei, che ritennero che in quest’opera si fosse esaurita la spinta innovativa del Cinema Nôvo.

Rocha morì nell’ospedale di Rio de Janeiro il 22 agosto 1981, a soli 42 anni, a seguito di un’infezione polmonare contratta mentre si trovava a Lisbona.

Damnatio Memoriae

Negli anni Settanta gli ultimi film di Glauber Rocha furono oggetto di una stigmatizzazione lanciata in un volume sull’arte e l’industria del cinema influenzato dal movimento della Nouvelle Vague, tanto da suscitare il commento di François Truffaut. Il cineasta francese sostenne infatti che il cinema politico del Terzo Mondo era confezionato per soddisfare i gusti occidentali, definendo “penosi tentativi” gli ultimi film di Rocha.

Nell’estate del 2023 a Parigi venne riproposto Le Dieu noir et le Diable blond. In una scheda dedicata al film su Cahiers du cinéma fu ricordato il disprezzo del regista per il cinema politico della Nouvelle Vague e il proprio amore per la lotta di liberazione dei contadini brasiliani.

 

 

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