A 8 anni di distanza il capolavoro di Damien Chazelle è ancora nel nostro immaginario collettivo. E questo non solo per la coppia Emma Stone-Ryan Gosling, e neppure per il citazionismo musical. E' un patto tacito quello tra il regista e lo spettatore, una dose di magia e una di realtà
Il 9 dicembre 2016 per un ristretto numero di sale americane debuttò La La Land di Damien Chazelle, destinato a fare la storia del cinema degli ultimi anni. Scritto e diretto dal giovane regista di Providence, al suo secondo lungometraggio dopo Whiplash, il film è prodotto da Summit Entertainment e Black Label. Candidato ai Premi Oscar 2017 con ben 14 candidature, ne vinse 6 tra cui il premio ad Emma Stone come miglior attrice e la miglior regia a Chazelle. Nel cast oltre alla Stone,Ryan Gosling, J.K. Simmons e il cantante John Legend.
IL TRAILER – La La Land
La sinossi – La La Land
Sebastian ( Ryan Gosling) è un pianista jazz che, dopo aver accantonato il sogno di aprire un locale tutto suo, sbarca il lunario con il pianobar. Mia (Emma Stone) ha anche lei un sogno, quello di diventare attrice, ma i suoi provini sono dei ripetuti fallimenti e deve accontentarsi di lavorare come barista presso la caffetteria degli studi della Warner Bros. I due si innamorano e danno vita ad una relazione complicata cercando di gestire le loro reciproche ambizioni.
Tra le strade di Los Angeles – La La Land
Percorrendo Los Angeles, Sebastian e Mia rincorrono un sogno. Un sogno che nell’ottica di Chazelle è diviso tra commedia romantica ed esistenziale, tra realtà e magia. Il successo di La La Land va ricondotto proprio qui. E, a distanza di ben 8 anni dall’esordio, non è poi così difficile rispondere alla domanda del perché il film pluripremiato agli Oscar 2017 resista ancora oggi alla prova del tempo. L’amore della coppia Stone-Gosling è un pretesto per raccontare qualcosa di più : le aspirazioni represse ma ancora nascoste di due artisti che vogliono sfondare nel mondo dello spettacolo. Non c’entrano nulla la fama, i risvolti economici e gli aspetti egocentrici. Mia e Sebastian hanno un talento che viene da dentro. Hanno qualcosa da dire, ma non sanno Come dirlo. Chazelle attraverso il dispositivo musicale e quello della rom-com, costruisce una tessitura narrativa che è sempre attenta al cuore del tema. Il sogno. Gosling e la Stone si muovono tra le strade e i luoghi di Los Angeles per costruire qualcosa di più di un sentimento relazionale. Ed è proprio questo il punto nevralgico, che affascina ancor oggi, del film di Chazelle.
Una città per sognare
L’autostrada trafficata di Los Angeles, che fa da intro al film, è il prologo metaforico del realismo che il regista di Providence infonde fin da subito. Non c’è magia senza la cruda realtà. Il caos dell’ordinarietà della vita, frenetica e inarrestabile, è il plot point inziale dell’incontro tra i due protagonisti. Si ostacolano, si odiano ‘a pelle’ dal primo momento perché il flusso del quotidiano deve andare così. Non c’è spazio per la magia nella prima fase, ma solo per la frenesia di non bloccare il percorso. È come se Chazelle operasse un placetelling ambivalente della città degli angeli. Fuori la realtà che non ammette sosta, dentro la magia che nasce. È infatti dentro gli interni, attentamente curati dalla fotografia di Linus Sandgren, che inizia a nascere il sogno. Prima isolato, come avviene a Sebastian che suona un suo pezzo jazz dentro il piano bar ovattato dal resto del mondo; così fa Mia cercando nei provini sbagliati, e nella camicia macchiata di caffè, un’opportunità verso il sogno recitativo che non trova.
E se gli interni nella prima fase sono un blocco al sogno, la conoscenza tra Stone e Gosling riempie di magia gli interni della seconda fase, iniziando a somigliare sempre più ad un sogno reale. Il locale jazz, con la panoramica a schiaffo della macchina da presa, si anima del sogno. Lo riempiono Mia e Sebastian generando a ritmo di musica la forza vitale delle loro aspirazioni. Trovando un punto di massima esaltazione onirica e magica nell’Osservatorio Griffith dove il tempo di ferma e il sogno si confondono con la realtà.
La vita non è un musical
Giustamente quando si guarda La La Land la maggior parte di noi è rapita dal trasporto emotivo di una delle coppie più romantiche della storia del cinema ( Emma Stone–Ryan Gosling). Così generalmente ci imbattiamo in un equivoco: scambiare il film di Damien Chazelle per una rom-com. Ma La La Land parte da un unico presupposto : il Non essere una commedia romantica.
Se è vero che nel corso del film la realtà si confonde col sogno, è solo il primo ad assimilarsi con il secondo, facendo rimanere la componente aspirazionale assolutamente centrale dall’ inizio alla fine del film. Certo è che un autore come Chazelle , qui profondamente ispirato, ci mette del suo per confonderci. Le citazioni a diversi musical del cinema hollywoodiano e di Broadway, da West Side Story a Sweet Charity, aumentano la nostra convinzione che si tratti di un rapporto romantico a due e non di un rapporto tra due sogni. Questo in parte è vero nella prima fase del film, fino alla sequenza dell’Osservatorio. Poi il piano della rom-com finisce e Chazelle opportunamente ne fa ricominciare un’altro. Quello del conflitto e della realtà del sogno.
Il capolavoro di Damien Chazelle tra musical e commedia
Ben presto l’amore diventa contrasto e sia Mia che Sebastian devono fare i conti con due carriere opposte; mentre il personaggio di Gosling mette da parte la prospettiva di creare un suo locale per vendersi all’industria musicale come tastierista di John Legend, Mia/Emma Stone sperimenta ancora un altro insuccesso col suo spettacolo teatrale, vuoto come la meta troppo lontana da raggiungere. Chazelle nel confronto-scontro tra i due amanti non ci dice altro che la vita in fin dei conti non è un musical, ma soltanto una questione di compromessi, illusioni. Un universo dove sembra che a vincere sia chi si arrende e non chi ci prova fino alla fine. Ed è qui che il sogno smette di essere magia ed entra nella realtà più desolante . Mia è destinata ad arrendersi, e Sebastian è posto dinanzi ad una resa nei confronti della sua parte artistica, macchiata dal sistema produttivo dello spettacolo.
Il sogno è vivo e pronto a divenire realtà (spoiler alert)
Ma il sogno a cui dobbiamo prestare attenzione durante La La Land non muore mai, è sempre lì a rigenerarsi e a indicare la via ai protagonisti. Chazelle trasforma l’amore in un grosso macguffin, trasformando Sebastian nel mentore, nel salvatore dei sogni che recupera Mia dal baratro, dandole l’unico sogno a cui deve dar retta: credere in se stessa.
La La Land è lo specchio dell’artista contemporaneo. Sia esso un cantante, un’attrice, un regista, poco importa: per Chazelle l’’unica cosa che conta è non arrendersi mai, accettando ogni conseguenza che ciò può portare.
E quel sogno, che Mia e Sebastian rincorrono per tutto quanto il film, comporta delle responsabilità: sacrificare l’amore dei sentimenti per quello nei confronti dell’arte. Il finale a cui ci obbliga tristemente Chazelle, è proprio il confine tra ottenere e possedere. Realtà e magia. Mia e Sebastian hanno creduto così tanto al sogno riuscendo a realizzarlo. Il jazzista è finalmente riuscito ad aprire il suo club, il Seb’s, e Mia è l’attrice famosa a cui portare il caffè. Ma a cosa hanno rinunciato? Ad un altro sogno forse, quello di amarsi per l’eternità. Ed è nel campo-controcampo dell’amarissimo finale, che i due artisti si ricongiungono anche se a distanza. Fieri del proprio traguardo, ma nella malinconia del what if.
La La Land è rimasto nel nostro immaginario collettivo andando oltre il musical e la classica rom-com. E’ ancora un cult intramontabile per quel sogno che si porta dietro, tra magia e realtà, costringendoci a riflettere sulle nostre ambizioni e sulle scelte che ogni artista è alla fine costretto a fare.
‘Sono una di quelle che sognano da sempre di farlo.’