Better Man di Michael Gracey è un film liberamente ispirato alla vita di Robbie Williams. Ad interpretare il protagonista è una scimmia che ha lo sguardo ipnotico e le espressioni del cantautore inglese.
Nelle sale italiane dal 1 gennaio 2025, distribuito da Lucky Red, il musical-drama è un esperimento riuscitissimo, un “must watch movie”, non solo per i fan dell’artista.
La scimmia Robbie
La vita di Robbie Williams è già di per sé un film. Il piccolo Robert cresce a Stoke-on-Trent, una piccola cittadina inglese. È un bambino con un disperato bisogno di attenzioni, con il sogno di diventare una grande star della musica. Si esibisce per il padre, Peter, un uomo che proietta sul figlio le sue ambizioni svanite di fama, invitandolo a ispirarsi ai miti della sua epoca come Frank Sinatra, a cercare quel “qualcosa” che “o ce l’hai o non ce l’hai” perché nella vita “o diventi qualcuno o non sei nessuno”.
La storia di Robbie Williams è uno di quei rari casi in cui l’ambizione va di pari passo con il talento. L’occasione della sua vita arriva quando entra a far parte dei Take That, boyband britannica che negli anni ’90 ha scalato le hit internazionali e creato un vero e proprio fenomeno sociale, oltre che musicale.
Quando raggiungi la fama, ci dice l’adorabile scimmia in CGI che impersona Robbie, smetti di essere chi sei e diventi qualcun altro. E così Robert diviene Robbie. La fama travolge il giovane cantante ma non spegne le sue insicurezze. Robbie è un outsider nel suo gruppo, vive all’ombra di Gary Barlow, altro membro della band, innescando un’ insana competizione che lo condurrà verso un baratro fatto di eccessi e autosabotaggi.
Michael Gracey realizza un biopic anticonvenzionale, in cui le canzoni di Williams si inseriscono nel tessuto narrativo. Un film carico di emozioni, visionario, ironico, divertente, doloroso.
Better Man si apre con una meravigliosa versione orchestrale di Feel e si chiude con una cover di My Way, evergreen che racchiude il senso di un viaggio dagli abissi ai riflettori, ripercorrendo i momenti clou della vita della popstar: le ascese, le cadute, il matrimonio, la fama, le relazioni familiari, le dipendenze, la depressione e, infine, la rinascita. Quella che rende Robbie “un uomo migliore”. I demoni con cui ha lottato per tutta la vita sono sempre lì, nella sua testa e tra il pubblico sugli spalti, ma il suo percorso interiore lo porta a una consapevolezza di sé, a riconciliarsi con il passato (il padre) e a trovare quell’autenticità, al di là delle maschere, al di là del personaggio.
Robbie è un Joker buono, un animale da palcoscenico. La sua natura istrionica, la sua personalità complessa e sfaccettata, il timbro della voce così riconoscibile, i suoi tumulti interiori lo hanno reso ciò che è, rendendo indistinguibile l’uomo dall’entertainer. Non a caso, una delle sue hit più famose è Let Me Entertain You.
La scimmia, animale da circo, buffo, irriverente, giocoso, a tratti fastidioso, era già presente in un brano del cantante nell’album Escapology, dal titolo Me and My Monkey, e incarna perfettamente il carattere della popstar.
Un film intensamente autentico
Scegliere di raccontare la propria vita, mettersi a nudo, soprattutto in una storia non autocelebrativa, richiede una notevole dose di coraggio.
Siamo soliti vedere le star come dei semidei, invulnerabili, dei privilegiati baciati dalla fortuna ma c’è un lato oscuro della fama che noi comuni mortali non consideriamo.
Non sempre si hanno gli strumenti per gestirla, soprattutto quando essa sopraggiunge in giovane età (Robbie aveva solo 16 anni quando salì alla ribalta). L’eccessiva esposizione mediatica, le aspettative delle case discografiche e del pubblico, le infinite possibilità che una vita agiata ti offre e le costanti prove a cui bisogna sottoporsi possono schiacciarti, intrappolarti. E, alla fine, si viene risputati da quello stesso sistema che ti ha inglobato ed esaltato.
Robbie si è messo a nudo con le sue fragilità e insicurezze, non era ancora un uomo quando è diventato un dio, anzi era una versione involuta dell’uomo -sembra dirci- una scimmia, una creatura che doveva trovare una sua identità, prima di un posto nel mondo.
Non è facile, tanto più per una star di fama mondiale, rivelare chi si è a riflettori spenti. Gracey non ci offre una versione edulcorata della vita di Williams. Ce lo mostra anche nelle sue miserie: gli abusi di droghe e alcol, i comportamenti sessuali dissoluti, i tradimenti, i dissidi con familiari e amici, i deliri di onnipotenza.
Ma c’è poi tutta l’altra parte, quella sommersa: la depressione, l’ansia da prestazione, gli attacchi di panico e tutto quell’oscuro inventario di fragilità umane che fa a pugni con la necessità di essere sempre performante, di salire su un palco e offrire a un pubblico di migliaia di persone lo show che si aspettano di vedere.
Per tutte le teenager degli anni ’90 come me, Robbie Williams rappresenta non solo un mito, un sogno adolescenziale, un poster appeso in cameretta ma anche e soprattutto una voce che ci ha accompagnato dalla spensierata giovinezza fino ad oggi. Una voce che racconta un’epoca e che è riuscita ad andare oltre, raccontando chi c’è dietro quella voce, le sue emozioni, le sue verità, anche nei brani più scanzonati.
Feel, I Found Heaven, Angel, Come Undone, Rock DJ, Something Beautiful, Let Me Entertain You, Relight My Fire, She’s the One, Land of 1000 Dances, Angels, Forbidden Road, Better Man sono tutti pezzi di una storia memorabile, quella di una delle popstar più famose di tutti i tempi, di un uomo che, come un funambolo, ha camminato sulla corda tesa della sua vita, a modo suo, cadendo giù innumerevoli volte, per poi spiccare il volo.
Per gran parte della sua vita, Robbie ha creduto di non potersi piacere se non fosse piaciuto agli altri, di non potersi amare se non fosse stato amato dagli altri. Oggi, quell’attenzione la cerca ancora, vuole ancora sentirsi importante, ma ha raggiunto la maturità, si è disintossicato, ha costruito una famiglia, ed è ancora qui a scalare classifiche, a fare concerti. In barba a tutti i Gary Barlow del mondo.