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Berlinale

‘Sons’ la vendetta e il perdono

Il secondo lungometraggio di Gustav Moller, il regista de 'Il colpevole' il film ha rappresentato la Danimarca agli Oscar del 2019 . Al cinema dal 27 Marzo

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Vogter

Dopo la presentazione alla Berlinale 2024, il secondo lungometraggio di Gustav Moller, Sons (Vogter) passato in concorso al Noir in Festival di Milano, arriva la cinema  dal 27 Marzo con Movies inspired.

Un thriller psicologico e claustrofobico, dove si viene dilaniati dalla sete di vendetta e dal desiderio del perdono.

Sons: un dramma nel carcere

Quando un giovane, con il quale ha avuto a che fare nel passato, si trasferisce nel carcere dove lavora, Eva, una guardia penitenziaria, si trova davanti a un dilemma esistenziale. Senza rivelare il segreto che la unisce al nuovo detenuto, Eva chiede di essere trasferita nel suo blocco, il più duro e violento dell’intero carcere.

Vogter

La vendetta e il perdono

Il regista e sceneggiatore Gustav Moller fa un esordio con il botto. Il suo primo lungometraggio, Il colpevole, viene selezionato per rappresentare la Danimarca agli Oscar del 2019. Un film audace, girato interamente in un ufficio di un centralinista della polizia, in cui, solo attraverso l’utilizzo delle parole, lo spettatore può rivivere il dramma di un delitto raccapricciante.

Con Sons, distribuito in Danimarca con il titolo Vogter, Moller, classe 1988, conferma il suo coraggio di autore cinematografico, facendo delle scelte stilistiche e narrative che rifiutano la spettacolarità, ottenendo il coinvolgimento del pubblico posizionando la protagonista Eva su un sottile, confine tra vendetta e perdono.

Gustav Moller, anche in questo caso, come ha fatto con il suo primo film, decide di ambientare l’intera vicenda in un solo luogo. Un penitenziario danese, dove detenuti e guardie condividono tempo e spazio. Per questo suo secondo film, però, il regista offre ai suoi principali personaggi un breve fuga dalle soffocanti mura del carcere. Ma è una fuga solo apparente, fisica, perché i veri sentimenti di Eva e Mikkel sono rimasti lì, imprigionati in quel carcere diventato una casa per entrambi.

Eva e Mikkel, interpretati da Sidse Babett Knudsen e Sebastian Bull sono legati da un segreto inconfessabile, tragico, che, per gran parte del film, resta nascosto anche allo spettatore. È questa la scelta più temeraria del regista e sceneggiatore del lungometraggio. Il non confessare, neanche dinanzi al cappellano del carcere, il suo tormento, fa di Eva un personaggio tanto misterioso, quanto affascinante.

Una sofferenza silenziosa e dilaniante

Nei primi minuti del film, la donna viene presentata come una guardia penitenziaria ligia al proprio dovere. Attenta alla sicurezza dei suoi colleghi, ma allo stesso tempo premurosa nei confronti di tutti i detenuti, per ottenere una loro vera rieducazione. Si preoccupa di farli studiare o lavorare all’interno del carcere, mostrandosi gentile e tranquilla, nonostante il luogo.

Ma poi ecco un arrivo inaspettato. Mikkel, un giovane detenuto che deve scontare una pena di sedici anni per aver ucciso un suo coetaneo in un altro carcere, dove si trovava per un reato di poco conto, giunge nel suo istituto e questo provoca nella donna un conflitto senza soluzioni che presto la dilanierà in una sofferenza silenziosa, ma opprimente. Il legame tra Eva e Mikkel sarà svelato progressivamente, con una serie di indizi disseminati lungo il sentiero, tutto intimo, intrapreso dalla donna.

Eva sembra spaventata da Mikkel, una sorta di minaccia la mette in pericolo, ma allo stesso tempo vuole osservare da vicino il nuovo arrivato e per questo decide di farsi trasferire nella sezione di massima sicurezza, dove è incarcerato il giovane.

Una discesa agli inferi

Come dichiara Gustav Moller, nell’intervista di Taxidrivers, a cura di Nicolò Marino, Eva compie una discesa agli inferi. La tranquillità e la sicurezza della guardia svaniscono, difronte a quel ragazzone pericoloso e imprevedibile. Il racconto della vicenda acquista un qualcosa di allucinatorio. Un rimorso, un pentimento, un evento drammatico, probabilmente un delitto compito in un passato ancora presente, cattura la donna, costringendola a lottare contro sé stessa.

La protagonista femminile di Sons è mossa da una sorta di vendetta nei confronti del suo con – protagonista maschile. Un desiderio forte, irrefrenabile nel vederlo distrutto fisicamente e moralmente, allontanandolo dal suo unico affetto: la madre.

Questa sete di vendetta, però, non si esaurisce del tutto. La rivalsa di Eva trova un ostacolo invalicabile, perché non è palpabile, ma tutto intrinseco al suo malessere interiore. Così la vendetta inizia a cozzare con un desiderio, tutto inaspettato, di perdonare Mikkel, ignaro del conflitto inconscio che sta vivendo la sua carceriera.

Sons: un tormento senza soluzione

Vendetta e perdono lottano in Eva e così avviene un vero cortocircuito emozionale, capace di trascinare la donna, e con lei Mikkel, nel limbo senza pace di una detenzione che prima di essere fisica è soprattutto mentale. Il carcere è l’unica esistenza concessa ai due protagonisti di Sons, impossibilitati di realizzarsi altrove, nonostante le loro rispettive prospettive di vita.

Una condizione esistenziale resa visivamente dalla regia di Gustav Moller che riesce a sintetizzare il tormento dei protagonisti del suo film in una suggestiva soggettiva di Eva, in cui rami spogli si frastagliano in un cielo plumbeo, invernale e gelido. L’inquadratura dura pochi attimi, ma tanto basta per fissare un tormento che non vuole e non può risolversi, in un lungometraggio girato con un forte senso di essenzialità, che non rinuncia a sovvertire le convenzioni della narrazione. Il risultato è un’opera un tantino asfissiante, capace di porre appassionanti interrogativi.

Leggi anche: Intervista a Gustav Möller, regista de ‘Il Colpevole e Sons’ – Taxidrivers.it

Sons

  • Anno: 2024
  • Durata: 95 minuti
  • Distribuzione: Movies Inspired
  • Genere: prision movie
  • Nazionalita: Danimarca
  • Regia: Gustav Moller
  • Data di uscita: 27-March-2025