Presentato giovedì 5 dicembre al Rome International Documentary Festival, Mic Drop è un cortometraggio realizzato dal regista Kallol Mukherjee e prodotto da Rajiv Mehrotra, assieme ad Harsh Agarwal Aditya Grover.
Il regista
Kallol Mukherjee è un regista e sceneggiatore indipendente che vive a Mumbai. Egli lavora per le piattaforme OTT indiane. Mukherjee ha realizzato il cortometraggio documentario Khori, premiato all’IDSFFK 2022. Badariya, invece, è stato selezionato dall’IDSFFK 2023.
Il suo lungometraggio Who Am I?, di cui il regista è anche sceneggiatore, è stato proiettato nelle sale e in streaming su JioCinema.
Al momento Mukherjee si sta dedicando alla realizzazione di tre documentari per DocuBay. Infine, egli ha collaborato con prestigiose case di produzione: Applause Entertainment, Juggernaut Productions e Civic Studios.
FPC ANK: una giovane promessa
Il cortometraggio documenta la vita di Ankit Burman, alias FPC ANK , rapper indiano che parla il dialetto tribale Bundelkhandi. Egli lavora instancabilmente e con grande dedizione al suo primo album e, finalmente, inizia a riscontrare apprezzamento da parte del pubblico. Le risorse economiche, però, man mano iniziano ad esaurirsi e ben presto il giovane sarà costretto a mettere in discussione la propria carriera.
Un luogo dove i sogni ben presto svaniscono
Attraverso la regia pulita e semplice di Kallol Mukherjee, che accompagna la quotidianità dell’artista, FPC ANK racconta degli esordi e di come, da abitante di un quartiere povero, sia diventato prima ballerino e, successivamente, un rapper in lingua bundeli. Questa evoluzione artistica, che ha implicato grandi sacrifici, è durata circa dieci anni.
Fin dai primi istanti di Mic Drop, è evidente l’enorme difficoltà di chi vorrebbe emergere in questo contesto: le risorse economiche, fondamentali per proseguire la propria carriera e per mantenersi, non risultano sufficienti. Al ragazzo, poi, viene detto di dover fare gavetta a titolo gratuito e a tempo indeterminato: solo in questo modo potrà rendersi noto a più persone e acquisire esperienza. Ciò non è molto distante dalla situazione presente anche nel nostro Paese, dove spesso i giovani vengono manipolati e sfruttati, lucrando sui loro desideri.
Inoltre, per poter raggiungere un pubblico più ampio e poter ottenere più guadagni, FPC ANK non è libero di realizzare la musica che sogna. È, quindi, necessario assecondare la domanda del mercato e, nel caso riesca a ottenere successo, il cantante potrà successivamente creare dei testi più ricercati.
Infine, spesso manca anche il supporto da parte della famiglia: è fondamentale che il figlio ventottenne si metta alla ricerca di un lavoro stabile e dal sicuro guadagno, per non gravare economicamente sui genitori.
Il sogno di Ankit Burman, quindi, assume sempre più l’idea di un desiderio sfumato.
La musica? Un capitolo chiuso
Mic Drop mette in luce il complesso status in cui vivono gli artisti emergenti, aggravato dal dover vivere in luoghi meno fortunati. Non solo: l’industria musicale, poi, attua verso le giovani promesse un atteggiamento manipolativo, volto a sfruttarli il più possibile in quanto privi di esperienze.
Nonostante nel finale i genitori di Ankit Burman si mostrino orgogliosi del proprio figlio, facendogli notare come la gente del quartiere apprezzi la sua musica, l’artista decide di chiudere, a tempo determinato, il proprio capitolo musicale. Struggente è il momento di questa rivelazione, che avviene davanti ai suoi cari mentre festeggia il proprio compleanno. Alla fine del documentario scopriamo anche che, al momento, FPC ANK ha messo in pausa il rap e si sta dedicando al montaggio video di filmati matrimoniali.
In un mondo in cui regna sempre di più l’alienazione, l’omologazione e il disinteresse, è giusto, quindi, che i giovani siano costretti a rinunciare ai propri desideri e nascondere i propri talenti, accettando e subendo una vita che non considerano propria?