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Rome International Documentary Festival

‘Silent Men’: come gli uomini affrontano le proprie emozioni

Arriva per la prima volta in Italia il film di Duncan Cowles, che indaga il modo in cui gli uomini esprimono i propri sentimenti

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Tra i film in concorso al Rome International Documentary Festival c’è anche Silent Men del regista scozzese Duncan Cowles. L’opera, prodotta da Relative Films, è stata presentata in anteprima mondiale nel 2024 allo Sheffield Doc/Fest, ricevendo una menzione speciale dalla giuria.

Trailer

Silent Men: la mascolinità tossica della nostra società

Partendo dalla propria difficoltà personale, Duncan Cowles sceglie di realizzare il suo documentario per scoprire in che modo le persone, in particolare gli uomini, esprimano o nascondano le proprie emozioni.

Intervistando membri della sua famiglia, amici, professionisti e altre figure chiave presenti nel film, il regista scoprirà così di non essere l’unico a non essere in grado di aprirsi completamente verso chi ama, reprimendo alcune parti di sé e tendendo a non essere completamente chi vorrebbe. Duncan (e, come vedremo, anche altri uomini nel film) preferisce occultare il proprio dolore per non preoccupare chi gli sta accanto. Seguendo i canoni della società, egli sceglie di mostrarsi un vero uomo, contenendo le fragilità che, però, ci rendono umani.

Oltre a ciò, gli uomini spesso sono volti a manifestare meno affetto. Ciò deriverebbe ugualmente dall’idea di mascolinità impostaci dalla società, ma anche dall’infanzia. Infatti, come viene spiegato da un’esperta in trauma, frequentemente i neonati maschi ricevono dai genitori meno affetto e cure fisiche rispetto alle femmine. Ciò è alla base dei concetti a cui dovrà sottostare il bambino, man mano che crescerà: un maschio deve essere forte, coraggioso, sicuro di sé e mai mostrarsi debole. Inevitabilmente, a lungo andare questi ideali generano grandi insicurezze, con la frequente sensazione di non sentirsi all’altezza di ciò che accade e di non riuscire ad essere padroni dei propri sentimenti.

Un film metacinematografico

A pochi minuti dell’inizio di Silent Men vediamo il regista alle prese con la registrazione del voiceover, effettuata sotto le coperte del suo letto. Questo, però, non è l’unico momento che può apparire inusuale. Durante tutto il documentario vedremo numerosi inserti metacinematografici: le videocamere del regista, i microfoni, i retroscena della realizzazione delle riprese e il regista stesso che si filma mentre conversa con il cast del film. Saremo partecipi anche delle difficoltà che si possono incontrare sul set, come i microfoni che si scaricano durante l’intervista o l’imbarazzo di chi viene ripreso per la prima volta.

L’opera assume così un tono colloquiale, come se noi spettatori sedessimo accanto a Duncan e fossimo parte del suo progetto. In questo modo, Silent Men risulta ancora più coinvolgente.

Il cinema come terapia

Silent Men è un viaggio che accompagna Duncan dal 2017 al 2023. In questi anni, il progetto si presenta come la perfetta occasione di mettersi in discussione e di migliorare il suo lato emotivo. Infatti, Duncan è perfettamente conscio delle proprie difficoltà e vorrebbe sforzarsi di migliorare, migliorando così le relazioni con i propri cari.

Attraverso le numerose interviste, oltre a indagare in che modo gli altri affrontino il dolore e le difficoltà della vita, il regista intraprenderà un vero e proprio percorso interiore alla scoperta di sé. La visione di filmati che mostrano la sua infanzia e le conversazioni con i suoi famigliari risulteranno fondamentali per lavorare sul suo lato emotivo e abbattere le barriere che non gli permettevano di essere il vero Duncan.

Grazie all’accettazione del dolore e dei propri limiti, ma anche al riconoscimento ed espressione dei propri sentimenti, il regista si sentirà finalmente libero e sollevato. Egli sarà quindi pronto per affrontare al meglio il futuro che lo attende.

Come da lui dichiarato nel film, il cinema è stato fondamentale in questa auto-analisi. Infatti, è ciò che gli ha permesso di mettersi in discussione, documentando la propria evoluzione (e anche quella delle persone intervistate) e donandogli un motivo in più per non arrendersi. Per risultare completo, infatti, prima o poi il film avrebbe dovuto avere una conclusione, così come la sua ricerca introspettiva.

Fondamentali sono anche gli inserti meditativi che interrompono il flusso delle immagini. Duncan dichiara che ogni volta che la vita risulta difficile da affrontare, egli si dedica ai filmati di piccoli elementi naturali. In questo modo, le riprese a rallentatore delle onde del mare o di una piccola ape che si posa sui fiori, aiutano lo spettatore (ma anche il regista) a rilasciare lo stress e il peso emotivo dovuto dai contenuti dell’opera (e della vita stessa).

Conclusione

Silent Men è un film ricco di emozioni forti, che spesso vengono smorzate dall’autoironia del regista in voiceover. Attraverso la propria indagine personale, Duncan Cowles riesce a parlare ad un pubblico variegato e ampio, rassicurando chiunque si trovi in un momento di sconforto. It’s okay not to be okay, sembra volerci dire il regista durante tutto il corso dell’opera.

Ognuno di noi, con una grande forza di volontà e costanza, può aspirare a rendersi migliore. Questa idea è sottolineata dal clima festoso presente nel finale del film, dove assistiamo al matrimonio di Duncan e Mairi.

Diventa dunque fondamentale intraprendere un percorso di evoluzione personale: solo in questo modo riusciremo a relazionarci autenticamente con gli altri, ma soprattutto impareremo ad amare noi stessi.

 

Silent Men

  • Anno: 2024
  • Durata: 86'
  • Genere: documentario
  • Nazionalita: Scozia
  • Regia: Duncan Cowles

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