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Disney+ Film

‘Nutcrackers’: il piacevole tepore di una stravagante ricostruzione famigliare

Arriva su Disney Plus la commedia natalizia di David Gordon Green con protagonista Ben Stiller

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Nutcrackers - Ben Stiller

Dopo essere stato presentato lo scorso settembre al Toronto Interntional Film Festival, sbarca direttamente in streaming su Disney Plus l’ultimo lavoro dell’eclettico regista David Gordon Green, che nel proprio cast annovera tra gli altri Ben Stiller, Linda Cardellini e Toby Huss. La storia è quella di Michael Maxwell, scapolo e ambizioso uomo d’affari di Chicago costretto a trasferirsi in una fattoria dell’Ohio per prendersi cura dei quattro scapestrati e incontrollabili figli della sorella, da poco scomparsa insieme al marito in un tragico incidente, nell’attesa di trovare loro una famiglia affidataria.

La dolceamara rivisitazione di un classico canovaccio

Nutcrackers può apparire al primo impatto come qualcosa di già visto: il tipico dramedy natalizio incardinato sulla ridicolarizzazione grottesca  dei contrasti per sostenere il pragmatico schema della redenzione morale del protagonista, pronto a scoprire il cuore nascosto dalla freddezza della propria maschera imperturbabile. Effettivamente il punto di partenza del film non sembra ribaltare tali aspettative: le tendenze anaffettive di Michael lo portano ad approcciare i giovani fratelli Kicklighter (Justice, Junior, Samuel e Simon) come un problema involontariamente ereditato e da risolvere al più presto, mettendo in scena una sequela di siparietti comici giocati sull’inettitudine del businessman alla vita di campagna e adottando scelte di sceneggiatura piuttosto inverosimili nella loro facilità di attuazione. Al punto che dopo poco è abbastanza chiaro dove l’opera voglia andare a parare.

Tuttavia, è proprio sotto questa superficiale patina di stantia riproposizione che si nasconde la forza passionale di un film tutt’altro che banale. Il tono della commedia è sicuramente il più pervasivo nella scansione degli eventi che accompagnano la ricerca di una stabilità famigliare per Mike e i quattro orfani, evolvendo però gradualmente di pari passo con il loro rapporto. Dalla scarsa originalità delle gag iniziali si passa a una struttura sempre più funzionale, dove il nonsense si compatta in acuti accenti capaci di mantenere gli estremismi e le assurdità a un limite perfettamente in linea con la caratterizzazione dei personaggi, senza mai scadere nel dozzinale. Il tutto connesso al fatto che gli stessi protagonisti non sono abbandonati nel baratro dell’impietoso stereotipo, ma al contrario inzuppati di umanità, al punto da generare nello spettatore una tenerezza empatica che sorregge la sospensione dell’incredulità e trasporta con calore e sorrisi fino alla fine.

D’altronde, pur non uscendo dai canoni della prevedibilità, Nutcrackers si nutre della saggezza insita nel non dimenticare la drammaticità del proprio sotto-testo. Tutto parte dalla perdita e dalle sue conseguenze. Da un lato, la sregolatezza quotidiana dei quattro fratelli nel ritrovarsi abbandonati a loro stessi in un microcosmo di dolore sommesso dopo la morte dei genitori; dall’altro, il disorientamento dello zio Mike, nella cui vita irrompe senza preavviso tutto il peso della responsabilità genitoriale, nonché il ricordo ineluttabile della perdita di una sorella. Prospettive opposte e complementari, circoscritte all’intimità domestica, ma al contempo inevitabilmente inglobate dal confronto e dallo scontro con le dinamiche sociali e relazionali che regolano l’intera comunità rurale sullo sfondo. Anche queste, a loro volta, sono sprigionate con sapiente delicatezza e senza alcun didascalismo: l’emarginazione sociale del “diverso” che si dipana come una regola di vita, il divario economico che si traduce in un anacronistico sistema classista e l’altruismo che si dimostra un mero travestimento per subdoli e materiali secondi fini.

Nutcrackers - Ben Stiller

L’esperienza e la realtà dietro la potenza interpretativa

Se Nutcrackers risulta in grado di penetrare nell’animo dello spettatore, grande merito è senza dubbio legato al lavoro dei suoi protagonisti. In primis, il ritorno di Ben Stiller a un ruolo primario dopo sette anni (l’ultimo era stato in Brad’s Status di Mike White), questa volta calandosi nei panni di un luogo comune per contribuire alla sua rielaborazione parziale. Grazie a un’interpretazione calibrata e misurata, la figura convenzionale del cinico uomo d’affari si colora con sfumature di maggior complessità. Una stratificazione caratteriale, fatta di piccoli gesti e micro-espressioni, che evita la polarizzazione per ricoprire Michael di un’ambiguità prepotentemente naturale, dove l’individualismo e le ambizioni di carriera non escludono automaticamente la premura nel provare a costruire il miglior futuro possibile per i propri nipoti, conducendo a una lotta interiore che si accende progressivamente nella scoperta della paternità più improvvisa e inaspettata.

Alla grande esperienza di Stiller si affiancano specularmente gli esordi sullo schermo dei quattro giovani attori che danno vita ai fratelli Kicklighter, accompagnati da un interessante retroscena meta-cinematografico. Homer, Ulysses, Arlo e Atlas Janson sono davvero fratelli, figli di una compagna di classe di Green ai tempi della scuola di cinema e sua ex collaboratrice, nonché cresciuti nella stessa fattoria dell’Ohio dove è ambientato il racconto. Oltre a questo, la maggior parte degli animali inquadrati appartengono alla famiglia Janson, così come la passione per la danza che nel film diviene un elemento centrale nella cementificazione del rapporto tra Michael e i nipoti; un confluire della realtà all’interno della finzione che si dimostra una scelta vincente, donando genuinità e spontaneità alle interazioni e alle situazioni che vedono coinvolti i quattro giovani attori non professionisti, in modo da rendere la narrazione credibile anche nei suoi tratti più bizzarri.

La contrapposizione che fuori dal set incarnano Stiller e i suoi comprimari si traduce poi in un flusso catartico di confronti interni all’opera tra i rispettivi personaggi, comprensivo del raffronto generazionale e delle diverse modalità di elaborazione del lutto, dando così adito ad un coming of age atipico e biforcato in una duplice essenza formativa: l’abbandono dell’età infantile che stimola il bisogno di cercare un proprio posto nel mondo e la consapevolezza che addentrarsi nella genitorialità implica un processo di apprendimento continuo.

 

L’ennesima variazione nella filmografia di un regista imprevedibile

Nutcrackers va anche analizzato in relazione alla collocazione che assume nel prolifico corpus di opere del suo regista. David Gordon Green si colloca indubbiamente come uno dei cineasti più eterogenei e indefinibili del cinema statunitense contemporaneo, in grado di muoversi sinuosamente tra i generi, passando dal thriller (Undertow, Joe) alla commedia spinta e demenziale (Strafumati, Sua Maestà, Lo spaventapassere), ed esplorando ampiamente il dramma in varie misure, da quella indipendente (il suo esordio George Washington) fino al modello più tradizionalmente hollywoodiano (Stronger – Io sono più forte).

Dopo gli alti e bassi della parentesi di sequel horror realizzata negli ultimi anni (Halloween, Halloween Kills, Halloween Ends, L’esorcista – Il credente), ritorna questa volta a cimentarsi sulle atmosfere già esplorate nel 2013 con Prince Avalanche, avvicinandosi alla cifra stilistica di una precisa corrente nordamericana, dove l’umorismo sottile si mescola con la profondità sentimentale di una crudezza pura e veritiera. Il riferimento più immediato si ritrova con il cinema di Noah Baumbach (di cui tra l’altro proprio Ben Stiller è un attore feticcio), ma non mancano punti di contatto con Wes Anderson (l’eccentricità del quadretto famigliare de I Tenenbaum) o ancora con Alexander Payne, specie nella costruzione dell’anomalo rapporto paterno che richiama lo splendido The Holdovers. Di certo la sceneggiatura firmata Leland Douglas non riesce a toccare gli apici di brillantezza dei film sopracitati, ma il clima che si respira attraverso le immagini trasporta in quella specifica dimensione. Grande merito va in particolare alla scelta audace di filmare con pellicola 35 mm, generando visivamente un’affascinante e malinconica sospensione nel tempo e soprattutto circondando le sequenze più introspettive di una spiazzante enfasi onirica.

Nutcrackers si dimostra dunque capace di sabotare lo stilema classicista della commedia natalizia, puntando senza troppe pretese sull’essenzialità e rispettando fino in fondo le proprie intenzioni. Il risultato è un complesso emozionale tragicomico applicato con armonia a un canovaccio classico, riuscendo così nell’ardua impresa di rendere toccante e soddisfacente anche l’aspetto più scontato o intuibile. Semplicemente, un sincero e confortevole abbraccio cinematografico allo spettatore.

Nutcrackers

  • Anno: 2024
  • Durata: 104 minuti
  • Genere: Commedia, Drammatico
  • Nazionalita: Stati Uniti
  • Regia: David Gordon Green
  • Data di uscita: 29-November-2024

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