L’era d’oro di Camilla Iannetti, ci porta delicatamente in un momento della vita di Lucy – giovane ragazza italo-inglese – alle prese con la maternità, l’autodeterminazione e i legami familiari. Presentato nella sezione Panorama Italia ad Alice nella Città, prosegue il suo viaggio nei festival e approda, in concorso nella sezione ITA-DOC, al Rome International Documentary Festival.
Il documentario della giovane regista è una sorta di sequel del suo primo lavoro Uno due tre (2017). Girato di fine anno al Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, aveva come protagoniste proprio Lucy, Roberta (la madre) e Danny (sorella minore). Iannetti definisce l’incontro con questa famiglia “destinistico”: racconta di quando, appena arrivata a Palermo, era alla ricerca di una sistemazione, trovando poi una stanza proprio a casa di Roberta. È stato così che ha conosciuto le protagoniste del suo vero primo progetto in assoluto.
“Lucy, sua madre e sua sorella si sono fidate di me rendendosi disponibili a quello che hanno vissuto come un gioco, un’esperienza protetta che nella peggiore delle ipotesi sarebbe rimasto un film di scuola che nessuno avrebbe mai visto. Hanno avuto una generosità e una larghezza di vedute incredibili: sarò loro sempre grata.”
Dice la regista in un’intervista di Pietro Cerniglia per The Wom.
Il mondo nascosto dentro di noi
L’era d’oro, titolo che prende ispirazione da una canzone scritta dalla stessa protagonista, probabilmente rimanda a un mondo nascosto che tutti abbiamo dentro di noi. Un desiderio, un ricordo, un legame affettivo, che, custodendolo, ci illumina nei momenti bui. Uno spazio di speranza e forza che Camilla Iannetti ritrae con la sua regia sincera, empatica e mai invasiva. Le riprese, svolte tra il 2021 e la primavera del 2023, iniziano dagli ultimi giorni di gravidanza di Lucy in Inghilterra, al suo fianco la madre Roberta e la sorella adolescente Danny.
“Quando ho cominciato a filmare, avevo delle coordinate: l’attesa di una nascita è di per sé un evento forte che offre tanti spunti narrativi. In più, Lucy in quel momento si trovava in Inghilterra, dove la madre e la sorella erano andate a trovarla per un periodo limitato prima di rientrare a Palermo, là dove avevano la loro vita. Non so perché ma ciò mi lasciava intuire che a un certo punto qualcosa di grande sarebbe arrivato.”
Camilla Iannetti parte da una storia particolare, fatta di tre donne diverse ma tutte ugualmente forti e determinate, per arrivare a temi universali come la sorellanza, il classismo e la maternità.
“E se è una femmina si chiamerà Futura”
Il tema centrale di L’era d’oro è senza dubbio il femminile e la forza interiore che i rapporti tra donne riesce a donare. Nell’opera ritroviamo solo due figure maschili: Kitim, compagno di Lucy e padre della piccola Futura, e Kamil, compagno di Roberta. Entrambi uomini inaffidabili e con problemi personali, incapaci di assumersi le responsabilità che la vita pone loro davanti, un po’ come le figure laterali dei padri di Lucy e Danny.
Loro, invece, sono donne indipendenti, libere, combattive. Roberta, difatti, cresce le sue figlie da sola, insegnando il valore della lotta.
“Non è che perché è successo e continua a succedere, dobbiamo dire che è ok. Non è ok. Se gli schiavi avessero pensato che fosse ok, non si sarebbero ribellati e sarebbero rimasti schiavi…tu dici ‘è brutto incazzarsi’ eh sì…soprattutto per chi si incazza”
dice in una delle scene iniziali del documentario. Concetto che sottilmente ritroviamo anche più avanti, in una conversazione con Kamil in cui prova a risvegliarlo dal suo torpore quotidiano:
“Pensi che le persone che ti stanno servendo per amore, siano i tuoi schiavi. Io non sono schiava di nessuno.”
ripete.
Camilla Iannetti, probabilmente anche grazie al legame affettivo con le protagoniste, porta sullo schermo con estrema empatia la sorellanza, fatta di gesti intimi e delicati come quelli dell’allattamento, lo spazzolarsi i capelli a vicenda, fare rete senza il bisogno di chiedere.
L’aspetto famigliare e quello sociale sono completamente intrecciati. Creano un garbuglio di difficoltà e trascinano lo spettatore in uno stato di rabbia e sconforto man mano che le vicende si susseguono. Il rapporto tra Lucy e Kitim è problematico, la ricerca della casa a Palermo è sfiancante, le ristrettezze economiche complicano la situazione. Eppure c’è una luce in questa famiglia – la citata “era d’oro” – e un’esplicita volontà della regista di attendere pazientemente la scintilla di speranza finale.
“E se è una femmina si chiamerà Futura” cantava Lucio Dalla nella sua celebra canzone. Proprio il nome che Lucy ha scelto per la sua bambina. Futura, in qualche modo, porterà avanti questa generazione di donne incredibili, bistrattate dalla vita e dagli uomini, sofferenti ma caparbie. E quindi, per citare nuovamente le parole del cantautore, “Aspettiamo che ritorni la luce, di sentire una voce”.