India Stoker è una ragazza sensibile e introversa, che vive con la famiglia in una bella villa isolata nella campagna americana. Il giorno del suo diciottesimo compleanno, l’amato padre muore in un incidente e, a casa Stoker, si presenta lo zio Charlie, fratello più giovane del padre, della cui esistenza India è sempre stata tenuta misteriosamente all’oscuro.
Che prima o poi anche Park Chan-wook sarebbe approdato in terra americana era ovvio, quello che tutti si chiedevano era con quale soggetto l’avrebbe fatto.
Stoker è la risposta a questo quesito, una trama che passa dal dramma al thriller familiare, dove l’orrore si cela anche tra le mura di casa e portando così il noto autore coreano verso argomenti a lui molto consoni.
Infatti, non è la prima volta che il nostro si occupa di famiglie male assortite e con Stoker porta avanti il suo discorso, trattando questa storia della giovane India (Mia Wasikowska), un’adolescente poco a contatto col mondo intorno a lei, che improvvisamente riceve una tragica notizia: suo padre Richard (Dermot Mulroney) muore in un tragico incidente.
Rimasta sola con la madre Evie (Nicole Kidman), India ben presto riceverà la visita di un misterioso zio, Charlie (Matthew Goode), fratello del padre.
Disposto a rimanere accanto alle due donne, l’uomo però farà scattare nella giovane la malsana curiosità di scoprire chi sia e da dove viene, tant’è che quando la verità viene a galla sarà troppo tardi per fare marcia indietro.
Sulla carta Stoker è un prodotto di tensione che magari strutturalmente sarebbe potuto essere non molto diverso da altri film analoghi, ma l’occhio di Chan-wook e il suo senso per la macchina da presa, più il montaggio, evidentemente fanno la differenza.
Su questo nessun dubbio, ed era quello che volevamo vedere.
Poi magari se qualcuno si aspettava qualcosa più da festival o maggior introspezione narrativa rimarrà un po’ deluso, perché Stoker, tratto da una sceneggiatura di Wentworth Miller (una carriera d’attore alle spalle per film come Resident evil:afterlife e serial come Prison break), alla fine è un prodotto di tensione che scruta nei suoi problematici personaggi, prendendo un avvio non poco lontano da classici della tensione come The stepfather-Il patrigno di Joseph Ruben.
La Wasikowska ricopre per l’ennesima volta il ruolo di adolescente problematica, e visto che è stata la ribelle in Alice in Wonderland o l’astratta in L’amore che resta ormai la parte le sta a pennello, mentre Goode, a cui tocca il personaggio cardine del film, forse sembra un po’ fuori parte, anche se il suo volto angelico molto aiuta alla credibilità ambigua di Charlie.
Fa piacere vedere che la presenza della Kidman non sia così ingombrante e ben resa, livellata al punto giusto da evitare divismi di ogni sorta, che in campo Chan-wook la cosa avrebbe destato malessere per il film.
Appassionati di Old boy potete tirare un sospiro di sollievo, perché il vostro beniamino se l’è saputa cavare anche in terra statunitense e, per chi non lo conosce bene, Stoker potrebbe essere almeno una visione consigliata, all’insegna della tensione pura miscelata ad una vistosa originalità narrativa.
Mirko Lomuscio
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