Da a Bologna a Modena, passando per le Filippine
La tranche bolognese di questo 24° appuntamento col 24FRAME Future Film Fest si era conclusa nel capoluogo dell’Emilia Romagna lo scorso 10 novembre. Adesso però la vivace kermesse cinematografica si è trasferita al Cinema Astra di Modena, dove proprio oggi sabato 23 novembre alle ore 11 è stato proiettato The Missing del filippino Carl Joseph E. Papa, una delle tante scelte di qualità legate all’animazione nelle quali siamo imbattuti quest’anno.
Una provenienza volendo non così usuale, a livello geografico, per questo originale lungometraggio animato, che difatti ha saputo lasciare il segno sia per la delicatezza dei temi proposti che per l’approccio decisamente interessante, stratificato, dal punto di vista stilistico, tecnico e simbolico.
Suggestioni fantastiche che nascondono però molto altro
Sin dalle prime scene la nostra idea di normalità e una dimensione prettamente fantastica si fondono, in The Missing (TI MAPUKPUKAW, 2024), attraverso singolari modalità il cui significato più profondo apparirà chiaro solo alla fine. All’inizio infatti ci limitiamo ad osservare il protagonista, Eric, totalmente immerso in una quotidianità ricostruita con molta attenzione, a partire dall’attività di animatore condotta nello studio per cui lavora assieme ad altri giovani, tra cui cui quel Carlo nei confronti del quale pare esserci forte attrazione; un’attività lavorativa, la loro, destinata peraltro a creare sullo schermo uno stimolante cortocircuito (per non dire raddoppiamento) meta-linguistico. Eric ad ogni modo è muto. Anzi, per essere più precisi, viene disegnato letteralmente senza la bocca. E questa è solo una delle tante stranezze, delle più evidenti azioni di disturbo, introdotte in un racconto, che, specie a partire dall’improvvisa e drammatica scomparsa dello zio, condurrà sia il ragazzo che lo spettatore a interrogarsi sulla natura reale di quel grosso trauma sepolto nel passato di lui e legato, apparentemente, a misteriosi rapimenti alieni.
Ma se il classico tema dell’Alien Abduction non fosse altro che un paravento, per alludere a ben altre tragedie famigliari? Se la pur così sinuosa e appariscente traccia fantascientifica nascondesse invece sordide storie di abusi domestici, mascherate nei ricordi fino a produrre una visione schizofrenica, paranoide e allucinatoria della realtà stessa?
Distorsioni della realtà messe in scena con uno stile personale
Ciò che abbiamo particolarmente apprezzato nel lungometraggio di Carl Joseph E. Papa è proprio la capacità di scavare nel perturbante cinematografico, rispettando al contempo l’impronta di genere e sperimentando soluzioni stilistiche, a livello di animazione, alquanto personali.
Il film difatti è stato realizzando mescolando disegno tradizionale e tecnica del rotoscope, quest’ultima orientata talora verso inquadrature deformate, grandangolari, ideali nella fattispecie per rendere una percezione dello spazio distorta, “aliena”, cosparsa ovunque di segni inquietanti. Specie in quegli ambienti chiusi che accentuano la sensazione di claustrofobia e di continua minaccia.
Mentre l’animazione tradizionale, dal canto suo, si presta principalmente qui alla rappresentazione dei ricordi infantili, ovvero la fonte di quei devastanti traumi psicologici, di cui diverranno più chiari per tutti sia l’origine vera che la portata, al sopraggiungere di un epilogo amaro ma al contempo profondamente catartico.