Il film documentario In ultimo di Mario Balsamo è presentato in anteprima mondiale alla 42° edizione del Torino Film Festival in concorso nella sezione Internazionale Documentari.
Torino Film Festival – Torino Film Fest
In ultimo segna il ritorno in concorso del documentarista Mario Balsamo per la terza volta nella kermesse torinese (unico regista a raggiungere questo risultato), dopo Noi non siamo come James Bond, presentato nel 2012 al Torino Film Festival ( Premio della Giuria presieduta da Paolo Sorrentino), e Mia madre fa l’attrice , in concorso al Torino Film Festival nel 2016.
Cosa racconta In ultimo. La trama ufficiale
Claudio Ritossa è un medico palliativista che svolge il suo lavoro con grande empatia nei confronti di chi è al termine della vita. Accanto all’esercizio della sua professione nell’Hospice Anemos di Torino, dedica tanto tempo al giardinaggio, un’attività che, a ben vedere, rimanda al senso della sua professione. Le piante e gli alberi, all’interno di un solo anno, mostrano (incidenti di percorso compresi) le tappe naturali della vita, esattamente come fanno le diverse età dell’uomo. Claudio trasmette in profondità questa verità ai degenti, conducendoli sulla strada, meno accidentata e più serena possibile, del Finale di Partita.
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Identità e memoria
Mario Balsamo è un regista da sempre noto per il suo approccio innovativo e la sua attenzione a tematiche sociali, in particolare quelle legate all’identità, alla memoria e al vissuto personale. Il suo lavoro si distingue per la ricerca di una narrazione intima e coinvolgente, con uno stile cinematografico che mescola documentario e finzione.
Uno stile personale che si contraddistingue per l’uso di tempi dilatati, l’attenzione ai dettagli e la capacità di creare atmosfere suggestive, in cui lo spettatore è invitato a riflettere e ad immergersi nelle storie raccontate.
Grande è l’abilità di saper affrontare temi universali, come la memoria e l’identità, pur mantenendo un forte legame con il contesto locale e personale.
Un regista che si distingue per la sua sensibilità verso il vissuto umano e per la sua capacità di utilizzare il cinema come strumento di riflessione profonda e personale, spesso alla ricerca di connessioni emotive tra il pubblico e le storie che racconta.
La morte è parte della vita
«Ho scelto il tema della resilienza perché l’hospice e le persone che lo abitano e vi lavorano incarnano profondamente questa forza d’animo» – Mario Balsamo.
Protagonista assoluta di In Ultimo è la resilienza, intesa come quella forza umana e interiore, quella capacità di adattamento di una persona di fronte alle difficoltà, alle sfide, ai traumi. Un percorso che non riguarda solo la resistenza fisica , ma anche e soprattutto quella emotiva e mentale che ci fa trovare soluzioni o nuovi equilibri, anche nei momenti di crisi estrema come quelli qui raccontati.
La resilienza non significa ignorare il dolore o la difficoltà, ma affrontarli in modo sano, adattarsi e continuare a vivere con determinazione. Come se il Tempo non fosse ultimo .
In Ultimo Balsamo si avvicina all’idea della morte con una delicatezza e una verità insieme disarmanti. Le visite ai pazienti raccontano dei piccoli piaceri che alleviano la sofferenza di chi è alla fine del cammino. L’alba vista dalla finestra, la cioccolata sgranocchiata fra le lenzuola. Ogni cosa viene enfatizzata attraverso i rumori di un quotidiano precario ma prezioso, e attraverso il conforto esterno di una Natura partecipe che incontra queste Anime e che, dall’esterno, le accompagna accogliendone gli ultimi desideri.
Le stanze sono ‘abitate’ dai pazienti, che vivono con dignità i loro ultimi giorni, ma anche da chi di loro si prende cura, alleviandone pene e dolori.
Protagonisti
Mi sento girato al contrario come un ombrello
Il Sig. Luigi sorride sfregandosi le mani e saluta in video chi lo ritrae nel suo letto. A causa della sua malattia vive ormai quasi sempre disorientato nel tempo con una confusione che traspare dal suo linguaggio definito dai medici ‘spaziale’ Quello che più lamenta è la diversa percezione del suo corpo ed è proprio questo tipo di sofferenza che il film di Balsamo riesce a mostrarci. I cambiamenti che il Male provoca alla mente e che si riflettono sul corpo di chi ha avuto una vita intensa: sono proprio ‘gli spazi’ che In Ultimo indaga con grande realismo. L’inevitabilità del percorso verso la fine con la perdita di ciò che si è stati . Lo spazio che si muove lasciando altri spazi difficili da colmare, la diversa percezione del ‘peso corporeo’. Il corpo si spegne lentamente provocando black out progressivi che interferiscono sulla padronanza di se; il ricordo del Passato diventa troppo doloroso da affrontare e non basta da solo a lenire il dolore fisico e a placare l’idea della fine inevitabile e del cambiamento.
Come va il respiro?
Il Mio?
Si
Lo sento debole. Alle domande rispondo in ritardo . il fiato arriva dopo. …
Il sig, Luigi era un flautista. Da ciò l’impossibilità di suonare ancora il flauto.
Ecco come allora la mancanza di respiro assume per lui contorni drammatici non tanto perchè non lo fa parlare (vivere) quanto soprattutto perchè gli impedisce di continuare a fare (quindi ad essere) quello che era.
Come eravamo
In Ultimo ci pone spesso anche dinanzi ad una domanda importante che riguarda l’identità e la capacità di adattamento alle circostanze. Azione= identità e libertà di espressione?
Sartre sostiene che l’esistenza precede l’essenza ovvero che non siamo determinati da un’essenza fissa e predefinita, ma che costruiamo noi stessi attraverso le nostre azioni.
Per Sartre, la libertà è centrale anche in circostanze difficili. Sebbene una malattia possa limitare fisicamente le nostre azioni, Sartre direbbe che non siamo ridotti esclusivamente a ciò che possiamo fare fisicamente ma possiamo comunque costruire la nostra identità attraverso il modo in cui reagiamo e rispondiamo alle sfide che la vita ci presenta.
Tuttavia, l’esperienza di una malattia grave può sicuramente influenzare profondamente il senso di sé, specialmente se ciò che amavamo fare non è più possibile. Se una malattia limita gravemente le nostre capacità, ciò può ridurre la nostra possibilità di esprimere noi stessi pienamente. Il Sig Luigi e gli altri protagonisti del racconto di Balsamo vivono proprio questo dramma di non poter fare più , dunque non essere più .
Ciclo vitale e consapevolezza
Ma poi in fondo fa parte tutto del ciclo della vita. Attraverso gli occhi del dottor Ritossa, Balsamo in In Ultimo indaga il tema della morte come elemento essenziale del ciclo vitale e lo fa usando in parallelo la metafora delle piante, di cui il medico è un appassionato conoscitore.
L’uomo è come una pianta che cresce, si sviluppa, affronta le difficoltà e, infine, trova la sua fine naturale. La vita di un uomo è come quella di una pianta che germoglia, si innalza sotto il caldo del sole, si nutre delle esperienze e delle relazioni durante la giovinezza e, con il passare degli anni, si prepara a lasciare spazio a nuove generazioni, come una pianta che lascia i suoi semi al vento.
La decadenza e la morte sono come il ciclo naturale delle piante che ‘lasciano’ qualcosa per il futuro.
La pianta, come l’uomo, è influenzata da fattori esterni clima o condizioni sociali ed economiche), ma anche da interventi interni (come le scelte personali e le azioni compiute in vita), e, nonostante la sua morte, lascia sempre una traccia di sé, simbolizzata dai semi che la pianta produce, eredità lasciata alle generazioni future.
La narrazione del film esalta poi il valore delle cure palliative, immergendosi in un dialogo profondo tra i pazienti e coloro che li assistono. Emergono con forza l’importanza di un percorso di consapevolezza e la necessità di vivere con dignità e pienezza gli ultimi momenti di vita.
«In un luogo come questo, che accoglie chi è giunto alla fine del suo cammino, ci sono sempre sorprese, momenti carichi di significato che toccano il cuore dell’esistenza. Qui, più che altrove, si percepisce la morte non come un’opposizione alla vita, ma come una sua naturale continuazione. Quando si arriva alla fine, la conclusione di un percorso può diventare l’occasione per fare un bilancio di ciò che si è vissuto: cosa ho fatto che mi ha dato soddisfazione?
Cosa avrei voluto cambiare? Quali azioni, valori e conquiste lascio come eredità alle persone a me care?»
Chi opera all’Anemos di Torino riconosce le difficoltà intrinseche in un ambiente tanto delicato e complesso, ma allo stesso tempo è consapevole di offrire ai pazienti un’opportunità di riconciliazione, per quanto piccola possa sembrare, con sé stessi e con i propri affetti.
In ultimo è una coproduzione italo-portoghese realizzata grazie al sostegno di Film Commission Torino Piemonte – Piemonte Doc Film Fund, il fondo per il supporto allo sviluppo e alla produzione di documentari cinematografici. Claudio Ritossa. PRODUTTORE.