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Fedele alla linea

La biografia di un uomo fedele da sempre alla sua personale linea di condotta, viene raccontata dal regista Germano Maccioni tramite un racconto che è lo stesso Giovanni Lindo Ferretti a mettere in atto.

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Anno: 2012

Nazionalità: Italia

Durata: 74’

Genere: Documentario biografico

Regia: Germano Maccioni

Distribuzione: Cineteca di Bologna, in collaborazione con Articolture e Apapaja

Uscita: 26/05/2013

 

Il vapore che si innalza dal dorso del manto del cavallo, le lunghe boccate profonde di sigaretta, gli stivali neri e il lento fluire del racconto di un uomo che sceglie sempre le parole giuste per definire quello che vuole comunicare. La biografia di un uomo fedele da sempre alla sua personale linea di condotta, viene raccontata dal regista Germano Maccioni tramite un racconto che è lo stesso Giovanni Lindo Ferretti a mettere in atto. Un narrare in parte composto di ricordi, in parte di emozioni e di pochi frammenti d’archivio contenenti le sue performance vocali, che si impone allo spettatore per la semplicità della cifra stilistica e per la straordinarietà dei contenuti a volte degni della migliore narrativa.

La vita del leader dei CCCP e dei CSI, si svolge oggi lenta, tra le campagne emiliane, scandita dal trotto dei suoi cavalli, facenti parte di un progetto di “teatro equestre” e la vita tipica del paesino. Se lo spettatore si aspetta un gossip sulla conversione religiosa, rimarrà deluso, in quanto Ferretti collega ogni evento della sua vita, lasciando trasparire una sensazione di normalità e di coerenza in tutta la sua vita. D’altro canto l’uomo si svela in tutte le sue debolezze, raccontando di tre delle cinque malattie che lo hanno minato, mettendo a repentaglio seriamente la sua vita.

La regia, rispettosa dei tempi e dei luoghi, si muove lenta, svelando stalle, paesaggi di montagna, angoli bui della casa del protagonista, camini accesi, dettagli di una normalità che altro non è se non la vita di ognuno di noi. Così il compositore di testi quali Spara Jurij, punk filosovietico che si presentava in scena nudo con una falce e martello a coprire le pubenda, ci fa riscoprire i valori essenziali della vita, raccontando per esempio di tutti coloro i quali hanno abbandonato le case di paese per andare a vivere in città lavorando per pagare affitti da ottocento euro. Ferretti si svela fine analista di una società decadente come lo avevamo conosciuto nei suoi primi testi commentando: “Ora sono poveri e schiavi, prima erano poveri ma liberi”. Un documentario necessario, che rende giustamente omaggio ad uno degli artisti più innovativi che abbiamo avuto in Italia.

 

Fabio Sajeva

 

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