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Hiroshima mon amour in blu-ray

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Il lodevole lavoro di riscoperta dei maestri della Settima arte in alta definizione attuato da CG Entertainment (www.cgtv.it) prosegue con Hiroshima mon amour. Il capolavoro in bianco e nero che segnò l’esordio di Alain Resnais gode dunque finalmente di un’edizione italiana in blu-ray in versione restaurata in 4K. Capolavoro che inaugurò nel 1959, insieme a I quattrocento colpi di François Truffaut, quella che il settimanale L’Express definì Nouvelle Vague. Una corrente cinematografica rivoluzionaria rappresentata da un gruppo di giovani cineasti francesi. Cineasti tra i quali anche Jean-Luc Godard, che l’anno dopo si fece notare grazie al suo Fino all’ultimo respiro. Una corrente destinata ad influenzare sia la produzione del resto d’Europa che quella americana in fatto di stili narrativi e tecniche di linguaggio.

D’altra parte, intrecciando passione e memoria nell’esplorare incantevolmente desiderio e dolore, il debutto di Resnais non poté risultare altro che innovativo già dall’incipit.

In quanto in apertura abbiamo i dettagli di spalle, braccia e altre parti di due corpi umani impegnati a consumare un atto sessuale. Immagini altamente erotiche e, di conseguenza, piuttosto oltraggiose per il pubblico degli anni Cinquanta. In fin dei conti stiamo parlando di un’opera che, presentata in concorso al dodicesimo Festival di Cannes, scandalizzò da un lato i reazionari, dall’altro i progressisti. I primi a causa della denunzia della guerra che Hiroshima mon amour propone, i secondi per l’anticonformismo usato nel rappresentare il rapporto dei due protagonisti. Un’attrice francese che si trova ad Hiroshima per prendere parte ad un film pacifista e un architetto giapponese, interpretati da Emmanuelle Riva ed Eiji Okada.

Due anime che s’incontrano per poi finire a vivere un’intensa e fugace storia d’amore tra le rovine di una città segnata dalla devastazione atomica. Man mano che, tra ricordi struggenti e segreti inconfessabili, alla memoria di lei torna una precedente esperienza sentimentale avuta con un soldato tedesco. Quando? Durante l’occupazione della Francia. Ed è dunque, il dialogo intimo tra i due neo amanti a scandire per intero l’ora e mezza di visione. Impegnati a parlare dei propri sentimenti e della vita privata, filosofeggiando come se stessero suggerendo allo spettatore dei messaggi nascosti. Un dialogo che la continuità del sonoro c’illude nel lento incedere possa essere uno solo destinato ad attraversare in toto il lungometraggio. Rivelando ferite profonde legate alle cicatrici della guerra e ai fantasmi del passato anche grazie ad uno sfruttamento avanguardistico dei flashback.

E non parliamo della notevole attenzione prestata nella composizione delle inquadrature spesso scrigno di significati metaforici.

Si pensi, per esempio, all’immagine dell’uomo che, nella parte finale di Hiroshima mon amour, siede da solo all’interno di un locale. Mentre fuma una sigaretta, al fine di accentuare l’enfatizzazione della sua solitudine Resnais ne rende evidente l’ombra proiettata sul muro al suo fianco. L’ombra che, quindi, in quel momento rappresenta la sua unica “compagnia”. Il tutto su script di Marguerite Duras, candidata per l’occasione al premio Oscar nella categoria relativa alla sceneggiatura originale. Con sezione extra occupata da quasi tredici minuti di intervista alla Riva e circa undici di conversazione sul restauro tra Davide Pozzi e Renato Berta. Il primo direttore de L’immagine ritrovata, laboratorio della Cineteca di Bologna, il secondo direttore della fotografia.

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