Distribuito da Warner Bros. Discovery, in streaming su Infinity+, Giurato numero 2 porta la firma di Clint Eastwood.
Il mitico cineasta, giunto alla soglia dei 94 anni, continua a realizzare opere valevoli, fortemente ancorate all’attualità e capaci di sollevare discussioni sui temi trattati. Non fa eccezione il suo nuovo lavoro, appartenente al genere del legal thriller e debitore a uno dei più grandi classici di sempre quale La parola ai giurati di Sydney Lumet.
Giurato numero 2 | La trama
Justin Kemp (Nicholas Hoult) sembra aver raggiunto la serenità, dopo aver intrapreso un percorso con gli alcolisti anonimi e in attesa, assieme alla moglie Allison (Zoey Deutch), della nascita di una bambina. La giovane coppia ha, infatti, sofferto molto in passato, ma crede che le cose possano finalmente andare per il meglio. Soprattutto quando si ha modo di trascorrere tempo in compagnia l’uno dell’altra. A complicare un po’ la loro routine, interviene la chiamata di Justin nella giuria di un processo. Per quanto provi a farsi rifiutare, l’uomo viene scelto come giurato numero 2.
Ai due lati della “barricata”, gli avvocati Eric Resnick (Chris Messina), pubblico difensore, e Faith Killebrew (Toni Collette), in procinto di diventare procuratrice distrettuale. L’imputato si chiama James Michael Sythe (Gabriel Basso) ed è accusato di aver ucciso la sua fidanzata, Kendall Carter (Francesca Eastwood, figlia di Clint), dopo un furioso litigio. Ben prima che vengano ripercorse le tappe dell’accaduto, Justin si rende conto che potrebbe essere lui il responsabile della morte della ragazza.
Sono i segreti a farci ammalare.
Buone intenzioni, ma poco mordente
Sin dai titoli di testa, con l’immagine della dea bendata in apertura, appare subito chiaro quale sia il fulcro della vicenda. Giurato numero 2 tratta il tema della giustizia, al quale si allacciano tutta una serie di altri argomenti che spingono a porsi domande, riflettere e rendersi conto di quanto, nella realtà, tutto sia più complicato, nebuloso, fallace. Con un impeccabile lavoro di montaggio (David S. Cox e Joel Cox), il ritmo della storia cresce poco a poco, trascinando lo spettatore a vivere gli stessi dubbi e timori del protagonista.
A volte la verità non è giustizia.
In un clima di attesa e sospensione quale quello delle elezioni, Eastwood e il suo sceneggiatore Jonathan Abrams costruiscono un buon legal thriller che mette in luce il sistema giudiziario e le sue falle, così come le profonde complessità dell’etica e della coscienza. Senza voler necessariamente spingere ad un’analisi, la pellicola mette in scena una vicenda alquanto illuminante, da qualsiasi punto la si osservi. Nonostante ciò, manca alla pellicola quel mordente spesso rintracciabile nella filmografia di Eastwood, avvicinandola così a un prodotto da piccolo schermo o da piattaforma, più che da sala cinematografica.
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