Al Med Film Festival, Dreamers, l’opera prima di Zayneb Bouzid narra il desiderio di Nadia, Latifa e Slim di trovare un futuro migliore dove tutto appare fermo e immutabile.
Nadia vuole offrire una casa migliore alla madre anziana e malata, cambiare la sua vita e quella dei suoi fratelli. E per farlo tenta di vendere un vecchio lotto acquistato molti anni prima dal padre e con la chiamata del cugino Aymen, sembra finalmente che ci sia un acquirente. Nadia è speranzosa, ma deve convincere i suoi fratelli. La sorella più grande Latifa, esausta e disincantata, succube di un marito opprimente, si è arresa ad una vita modesta. La situazione di crisi in Tunisia sembra atavica, a livello edilizio e non solo, compreso quello occupazionale, dove suo figlio Mehdi laureato in Ingegneria non è in grado di trovare un lavoro. Il fratello di mezzo, Slim, sembra il collante, il mediatore allegro, la connessione che potrebbe favorire l’unione dei tre fratelli nella missione di vendere il terreno ereditato, con la speranza che sia davvero la volta buona per tutti.
Una scrittura giovane, tra cinema, teatro e letteratura
Zayneb Bouzid è una giovane regista tunisina, che nasce come sceneggiatrice e che con Dreamers è al suo primo cortometraggio. Ed in questa prima opera c’è la tensione tra teatro, letteratura e cinema, tutta dietro la macchina da presa. C’è la dimensione teatrale nello script, la maestria di una sceneggiatrice molto abile e consapevole nonostante la giovane età e c’è molta suggestione letteraria; il rimando ad opere della cinematografia capaci di prendere dai classici delle lettere moderne, come seppe fare per tematiche analoghe La terra trema di Visconti, un riferimento nella storia del Cinema. Anche in questo Dreamers della Bouzid, possiamo ritrovarci con i caratteri dei Malavoglia di Giovanni Verga, trasposti in questo soggetto dall’altro lato del Mediterraneo, o in un’opera cinematografica più recente che attinge a certe suggestioni letterarie rievocandole nel contemporaneo come I miserabili di Ladj Ly.
In questi rimandi e queste suggestioni, e non solo, fa buona leva Ceux qui révent, titolo francofono del film della Bouzid, ma anche in altri elementi efficaci e di interesse. Laddove, ad esempio, siamo immersi nella desolazione di una terra vasta, con spazi aridi ed assolati, ci uniamo in empatia ai personaggi, nell’attesa, tra l’aspettativa e, a tratti, la contemplazione di un territorio fermo, con la speranza di ritrovarsi nonostante tutto, di tre fratelli e non solo, unendosi in un intento da cui possa nascere un nuovo inizio.
La crisi, un filo che collega tre generazioni
L’asset dei personaggi si sviluppa su un collegamento di tre generazioni, in cui la terza è rappresentata dal giovane trentenne Mehdi. In 16 minuti si condensano molti elementi, sui giochi della narrazione e sul narratore che può in un certo senso ingannare lo spettatore che fruisce del racconto filmico. La nonna stessa è una sognatrice, è lei che dice a Nadia che il cugino sarà da Latifa, e ci domandiamo se proorio lei stessa non sia accecata da un sogno che si reitera da quarant’anni. Come un’ossessione che la possa indurre a riportare “le cose” più “grandi” di quello che sono. E questo mistero rende interessante il racconto, uno dei fattori chiave che alimenta la linfa vitale al film.
In Dreamers si racconta in poco lo spaccato e la speranza di tre generazioni che non vedono un futuro. La crisi costante, non solo del mercato edilizio ma anche del lavoro. Il corto esplicita molto in pochi dialoghi, non lo fa sempre per le vie dirette e grazie ad una sceneggiatura compiuta riesce ad essere efficace per il sapiente utilizzo di alcuni espedienti narrativi. Dettagli che arrivano, sia in campo che fuori campo, e ci aiutano a costruire poi ulteriori elementi del racconto che ha molto da dire anche oltre i confronti di primo rilievo dei tre fratelli, del nipote e della nonna.
Il sogno e la fratellanza
I personaggi crescono, il canovaccio quasi in modo teatrale palesa le sue fasi, l’intro, lo scontro, la riconciliazione, verso un obiettivo, ed il finale, che come spesso accade è risolutore solo in parte. Dunque, ci rimangono degli “insight”, con degli elementi sfidanti sospesi: il dubbio, anzi più di uno, su cui rileggere la storia e le evidenze di uno spaccato urbano e sociale devastato e immobile, incapace di riprendersi. Dove il sogno dei piccoli nuclei, dettati dai valori fondamentali e dai legami indissolubili, in questo caso della fratellanza, sembrano rimanere l’unica ancora di salvezza.