A metà tra fiction e documentario, Vergemolino è l’ultimo film di Francesco Pacini che, dopo il suo film Up&Down – Un film normale, ritorna a collaborare con Paolo Ruffini. Prodotto da Vera film, l’opera, presentato all’ultima edizione del Festival dei Popoli, si configura come un ritratto del piccolo paesino di Vergemoli, in provincia di Lucca, e del suo celebre concorso di poesia, il Boccabugia.
Ruffini, protagonista e narratore, si reca, come ogni anno a Vergemoli, per fare da presentatore, appunto, al Boccabugia. Qui incontrerà molti degli abitanti del paesino, ormai quasi del tutto depopolato, che lo aiuteranno nell’organizzazione degli eventi. All’attore arriverà inoltre un’interessante proposta, quella di acquistare una vecchia casa abbandonata, ormai quasi un rudere, al prezzo di un euro, per poi occuparsi in prima persona del processo di ristrutturazione. Indeciso se procedere con l’acquisto, Ruffini anticipa allo spettatore che sta organizzando una leggendaria truffa, uno scherzo la cui natura verrà rivelata solo alla fine dell’opera.
Un linguaggio ibrido
Ciò che in primo luogo colpisce di Vergemolino, è la scelta linguistica adottata dal suo autore. L’opera si presenta, infatti, come volutamente amatoriale, mostrando spesso la troupe stessa ed i piccoli set allestiti per le interviste. Inoltre, la narrazione di Ruffini e le sequenze con la camera a mano, sembrano richiamare il linguaggio del videoblog, allontanando il film dall’estetica puramente cinematografica ed avvicinandosi invece, a quella tipica dei contenuti user generated ritrovabili sul web. Tutto ciò genera la sensazione di star assistendo ad un prodotto sincero e genuino.
Interessante è anche la natura metacinematografica dell’opera, da ricercarsi, più che altro, dall’inattendibilità delle dichiarazioni che il narratore fornisce direttamente allo spettatore. Una su tutte è quella della presenza di una grande truffa da parte di Ruffini, beffa che sembra non presentarsi mai e che, solo nel finale, scopriremo non essere rivolta agli abitanti di Vergemoli, ma più che altro agli spettatori. Insomma, il film sembra non avere paura di mentire al suo pubblico, come nelle sequenze all’interno delle quali il protagonista rivela che non stiamo assistendo alla cinquantesima edizione del Boccabugia, bensì, alla cinquantunesima.
Il problema principale dell’opera, tuttavia, è la sua natura talvolta ripetitiva e a tratti priva di contenuto. Se l’impianto narrativo di base risulta infatti interessante, l’eccessivo concentrarsi su piccole e specifiche situazioni, o sui singoli abitanti del paesino, fa si che l’intimo ritratto della quotidianeità di Vergemoli risulti a tratti forzato. A questo si aggiunge una fotografia non sempre efficace, in particolare nelle sequenze in bianco e nero, quasi fuori luogo nel contesto dell’opera.
Vergemolino non è di certo un’opera memorabile, tuttavia funziona nell’ottica in cui lo si interpreta come un piccolo atto d’amore nei confronti di una piccola comunità spesso ignorata.