66esimo Festival di Cannes: “As I Lay Dying” di James Franco (Un Certain Regard)
Il profondo Sud dell’America, descritto da Faulkner nei suoi tanti romanzi, trova una delle sue rappresentazioni più oscure e complesse in un lavoro meno noto (ai più) del 1930, “As I Lay Dying”, cui è ispirato il film omonimo selezionato a Cannes 2013 nella sezione Un Certain regard, diretto ed interpretato dal bravo James Franco
Il profondo Sud dell’America, descritto da Faulkner nei suoi tanti romanzi, trova una delle sue rappresentazioni più oscure e complesse in un lavoro meno noto (ai più) del 1930, As I Lay Dying, cui è ispirato il film omonimo selezionato a Cannes 2013 nella sezione Un Certain regard, diretto ed interpretato dal bravo James Franco, il quale merita di essere apprezzato come artista a tutto tondo, capace di attraversare generi cinematografici e professionali senza bruciarsi (e non è cosa da tutti). Tradotto in Italia con il titolo Mentre morivo, l’originale faulkneriano, As I lay dying, è tratto da un verso del libro XI dell’Odissea, relativo alla discesa agli inferi da parte di Ulisse, perfetta introduzione al luogo senza ritorno dove si avvia il film ed, in particolare, alcuni dei suoi protagonisti.
Addie, madre di cinque figli (Cash, Darl, Jewel, Vardaman e Dewey Dell) è sul letto di morte; il marito/padre, Anse, è convinto che la donna abbia deciso di morire ed in effetti, dopo una breve agonia, così avviene. Nelle prime scene vengono ‘presentati’ i figli, creature singolari, tra cui Darl reduce dalla guerra creduto pazzo, Jewel – frutto del vero amore conosciuto dalla madre con un altro uomo – unito alle foreste ed ai cavalli più che agli umani, Dewey Dell, ragazza silenziosa semi-schiavizzata dai fratelli. Qui si legge uno dei tratti distintivi di Faulkner, quello di leggere, dietro l’apparenza semplice, qui quasi primitiva, di alcuni personaggi, elementi di intelligenza fuori del comune. La famiglia Bundren, dunque, parte dall’immaginaria contea di Yoknapatawpha (regione del Mississippi frutto della fantasia dello scrittore) verso la lontana Jefferson, portando la bara della madre su una sorta di carro funebre piuttosto sgangherato. Nel corso del viaggio le tensioni interne, le gelosie e le catastrofiche peripezie del nucleo familiare non si contano: naufragio del carro nel fiume, gambe tagliate, aborti e maltrattamenti, incendi, pazzia, tutto nella miglior tradizione faulkneriana. Solo l’epilogo porterà uno spiraglio di catarsi, con una nuova dentiera ed una nuova moglie per il vecchio Anse, monumento al padre egoista.
Franco, che si aggiudica come attore il ruolo del fratello sfortunato e presunto pazzo, gioca come regista per buona parte del film con lo split screen, dividendo in due lo schermo per seguire parallelamente più azioni, e la cosa funziona, così come l’atmosfera di catabasi e tragedia, di miseria umana ed ambientale, viene resa con capacità non comune nelle sue irreparabili conseguenze. Sembra, per i più curiosi, che Faulkner abbia scritto questo romanzo a 32 anni, in un periodo in cui lavorava come fuochista alla centrale elettrica dell’Università di Oxford, in Mississippi, appoggiato ad una carriola capovolta e sfruttando la tranquillità della notte.
Elisabetta Colla
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