La commedia diretta da Megan Park, My Old Ass, lanciata dalla piattaforma Prime Video, racconta l’incontro tra Elliot, una ragazza in partenza per la sua vita universitaria in città, e se stessa vent’anni dopo.
La protagonista Maisy Stella ha vinto il Critics Choice Awards come Miglior giovane attrice.
La sera del suo diciottesimo compleanno, Elliott ( Maisy Stella), e le sue due migliori amiche, provano dei funghetti allucinogeni, ma l’effetto che hanno su Elliot non è quello che lei si aspettava. La ragazza si ritrova faccia a faccia con se stessa a trentanove anni. Mentre le amiche ballano nei boschi e parlano con gli animali, Elliott deve conoscere ed accettare la sua versione adulta, nonostante la realtà non rispecchi le aspettative.
Magicamente, il rapporto tra le due riesce a resistere anche una volta finito il bad trip della giovane Elliot. Aubrey Plaza interpreta la versione adulta di Elliot, che proverà a tenerla lontana da un dolore che l’ha bruciata a tal punto da volerlo eliminare dal suo passato, come potesse ingannare il destino.
La malinconia degli addii
La fattoria sul lago della famiglia di Elliot rappresenta un’infanzia ormai agli sgoccioli. Contrastare lo scorrere del tempo è come fare a pugni con il vento, e le due Elliot lo scopriranno insieme. Abbandonandosi alle onde della nostalgia e facendosi cullare dall’impossibilità di cambiare il destino e ciò che la vita riserva loro, volenti o nolenti.
L’una non può modificare il destino dell’altra, possono solo accettarsi per i loro errori, le mancanze e le negligenze. Perché forse crescere è proprio questo: accettarsi nonostante i dolori passati e futuri, volersi bene nella paura dell’ignoto.
L’imminente abbandono dal nido familiare porta Elliot a ripercorrere le fasi della sua vita e a mettere in discussione sé stessa e il suo rapporto con gli altri. Lei che era così sicura di conoscersi e di avere il mondo in pugno realizzerà di avere in mano solo un pugno di mosche e di dover scoprire molto più di quello che già conosce.
Il film è un’apnea nella malinconia degli addii: addio all’infanzia, alla famiglia come quotidianità, alla casa come stabilità. La torre di certezze di Elliot le crolla sotto i piedi e per non cadere si aggrappa a chi ha intorno, rendendosi conto di aver dato per scontato tutto l’amore che la circondava.
Con un piede nel futuro e l’altro nel passato, Elliot deve destreggiarsi tra l’euforia di un nuovo inizio e lo sconforto della partenza. Le prime volte sono difficili, ma forse le ultime lo sono un po’ di più. Dire addio spaventa perché farlo nel modo giusto è impossibile, è più facile fare le cose per un’ultima volta senza rendersene davvero conto.
Proteggersi dal passato
Come Caronte traghetta Dante verso la vita ultraterrena, così la versione quasi quarantenne di Elliott accompagna la sé diciottenne durante il passaggio tra la vita spensierata e leggera dell’adolescenza e quella adulta, più realista e disillusa.
L’innocenza dei diciotto anni di Elliot inizialmente è un elemento da cui va protetta: la sua versione adulta cerca di dissuaderla dai sogni adolescenziali, dimenticando che è proprio quell’innocenza ad essere il motore della vita, della felicità.
Non tutti i sogni si avvereranno, alcuni le sfuggiranno di mano senza poterli trattenere, ma il bello dei sogni è poterli immaginare, anche se per poco tempo.
La Elliot futura avvisa la sua versione adolescente di una sola minaccia: Chad, ragazzo assunto dal padre di Elliot per un lavoro estivo nella fattoria. Ma ci si può salvare da sé stessi?
Chad è un capitolo che va letto con cautela, il suo arrivo improvviso scatena una valanga di domande e incertezze. Da alcuni dolori non si può fuggire, sopratutto quando ci modellano come l’argilla. Ogni cicatrice porta con sé una storia che non può essere cancellata.
Megan Park dirige una commedia che oscilla tra dramma e ironia come un funambolo su una corda tesa, senza mai sbilanciarsi.
La storia delle due Elliot insegna a lasciar andare, abbraccia la malinconia del passato e le chiede perdono per averla temuta come una nemica. Tempo e Amore spesso si scontrano, senza incontrarsi a metà strada. In quella settimana però fanno pace, curando le ferite ancora aperte.