Presentano al Linea d’Ombra Festival, in concorso per la categoria VedoAnimato, Father’s Letters affronta un argomento molto delicato e complesso: i gulag sovietici.
Il regista Alexy Evstigneev, attraverso l’animazione, racconta il rapporto tra un padre e la propria figlia che si rafforza attraverso una comunicazione epistolare assai particolare.
Ecco il programma del Linea d’ombra Festival
Il cuore del film
Russia, 1934. Il professor Vangengheim viene condannato per “tradimento della madrepatria” e viene deportato al gulag sulle Solovki. Attraverso le lettere che scrive alla propria famiglia, indirizzate soprattutto a Eleonora, sua figlia, fa credere di essere in viaggio per lavoro, proteggendo la sua amata bambina dalla cruda realtà.
L’animazione come strumento cinematografico
Alexy Evstigneev utilizza l’animazione per toccare le corde di un tema molto complesso e che ancora oggi fa vibrare la nostra anima. Fin dall’inizio del cortometraggio, l’attenzione è posta sulle lettere che il padre, ovvero il professor Vangengheim, scrive a Eleonora.
L’inquadratura fissa sulla mano dell’uomo che tiene stretta una delle tante lettere della figlioletta, fanno già intuire allo spettatore, in chiave molto velata, il dolore che prova a essere lontano dalla propria casa e famiglia.
Con lo scorrere della pellicola, le inquadrature cambiano: si allontanano dai protagonisti, soprattutto dal padre, mostrandoci i luoghi e gli aspetti più cruenti dell’ambiente in cui l’uomo si trova. Ci basta poco per capire che siamo di fronte ad un gulag: la neve, il freddo, il ghiaccio, cadaveri e sentinelle sovietiche. La macchina da presa osserva quell’orrore, ma allo stesso tempo si discosta per creare quel muro di incomunicabilità con un passato lontano, ma molto vivo nei ricordi e nella memoria del popolo russo.
L’aspetto che colpisce maggiormente lo spettatore sono gli occhi così grandi e pieni d’amore della figlia Eleonora. Grazie all’animazione, Evstigneev ci mostra una bambina colma d’affetto per il proprio padre che riesce a sentire vicino grazie al contenuto di quelle lettere paterne.
Infine, è importante evidenziare l’utilizzo dei colori nel cortometraggio. Quando l’occhio cinematografico osserva la bambina, i colori sono caldi e accesi, sottolineando il calore domestico alimentato dall’amore e dall’affetto. Quando l’osservazione passa sul padre, i colori sono freddi e molto spenti, evidenziando così l’orrore del luogo e la mancanza di amore e umanità.
La figlia Eleonora.
Father’s Letters: un finale tragico
Nonostante la bellezza dell’animazione e la speranza che trapela lungo il film grazie al montaggio, il finale stupisce il pubblico. La morte del padre è un colpo di scena estremamente tragico, ma, allo stesso tempo, estremamente reale.
La scena finale, in cui il padre viene ucciso dalle guardie sovietiche, è temporalmente contemporanea all’arrivo dell’ultima lettera nelle mani di Eleonora. Appena apre la busta, fuoriesce il profumo dei fiori da campo, gli stessi fiori che, nel fotogramma successivo, andranno a formare l’immagine canonica di Stalin al centro del gulag.
Lo scopo principale del cortometraggio animato è controverso. Da un lato vuole mostrare l’affetto di un padre nei confronti della propria figlia, proteggendola dalla cruda realtà a cui lui è sottoposto; dall’altro lato, invece, c’è lo sguardo rivolto ai gulag, campi di concentramento in cui è difficile sopravvivere.
La potenza dell’animazione è proprio questa: raccontare aspetti e aneddoti assai complicati in chiave semplice e genuina, non tralasciando mai l’anima tragica di questi avvenimenti