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Linea d'Ombra Festival

‘Daisy Bullet’ di Simone Russo: La guerra tra fiori e pallottole

Tra fiori e pallottole nel cortometraggio di Simone Russo, 'Daisy Bullet', in concorso al Linea d’Ombra Festival

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Italia 1944. Un tiratore inglese si risveglia in mezzo ai cadaveri dei commilitoni, non lontano da una squadra di ricognizione tedesca che sta pattugliando il campo di battaglia. Inizia così Daisy Bullet, il cortometraggio di Simone Russo, in concorso al Linea d’Ombra Festival. Il film, proiettato nella sezione CortoEuropa il 12 novembre, è ambientato a Monteccassino e segue il punto di vista di un testimone silenzioso degli orrori della guerra.

Daisy Bullet: riuscire a trovare la grazia tra i resti di una guerra sanguinosa

Daisy Bullet si svolge nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, durante l’assedio a Montecassino. Qui, un cecchino britannico (Costantino Seghi) riapre gli occhi, sopravvissuto per miracolo a una sanguinosa battaglia. Intorno a lui, i corpi dei compagni caduti giacciono sparsi a terra, mentre una pattuglia tedesca avanza, setacciando il campo con attenzione. Inizia così la sua fuga silenziosa e disperata, un tentativo di scivolare via inosservato tra i resti del conflitto.

Nel cercare la salvezza, però, il soldato si trova sempre più coinvolto nelle violenze e negli orrori della guerra, costretto a passare dal ruolo di testimone invisibile a quello di combattente riluttante.

La fragilità che si contrappone alla brutalità del conflitto

L’opera di Russo si apre con un’inquadratura, forse la più potente dell’intero cortometraggio: una margherita, immobile e isolata in un prato verdeggiante. Su quel prato, però, infuria una guerra feroce; l’erba è il palcoscenico di un campo di battaglia in cui la terra stessa è lacerata dalle trincee.

Nascosto dietro alcuni sacchi all’interno di una trincea, il giovane protagonista osserva impotente la drammatica esecuzione di un commilitone, catturato da un gruppo di soldati tedeschi. Il prigioniero, ormai gravemente ferito, non può fare altro che arrendersi al suo destino, mentre il giovane inglese assiste, paralizzato dalla paura. Tra i tre soldati tedeschi, però, ce n’è uno diverso dagli altri: un giovane scosso dalla vista dei corpi mutilati, un soldato che trema ed esita quando il suo superiore gli ordina di sparare all’uomo ferito. Nasconde nella sua giacca un pugno di margherite: un gesto che sottolinea il contrasto tra la bellezza fragile dei fiori e la brutalità della guerra.

Il film procede seguendo questa linea tratteggiata, viaggiando attraverso simboliche dicotomie: natura incontaminata e distrutta, la morte e la rinascita – sia fisica che spirituale.

Lupi o conigli, preda o predatore, e le regole della natura

Non è un caso che il giovane inglese, sfuggito ai proiettili tedeschi e avventuratosi in un bosco, incontri due animali carichi di significato. Tra le verdi felci, si trova davanti a un lupo e a un coniglio. Da un lato, un animale simbolo di forza, selvaggio e predatore; dall’altro, una creatura docile e amichevole, indifesa. Eppure, l’immagine sorprende: lupo e coniglio convivono serenamente, senza che la potenza di uno prevalga sull’altro.

Quando il protagonista incontra nuovamente il soldato tedesco (Matteo Accardi), immagina un mondo in cui nella sua tasca non c’è più un proiettile, bensì una margherita. Un universo alternativo in cui si sarebbero risparmiati reciprocamente. Ma questa non è quella realtà: in quella tasca c’è un proiettile e il soldato inglese non esita a sparare. L’immagine del lupo e del coniglio, da profezia, ecco che diventa un monito. Il soldato tedesco è ferito, ma fortunatamente sopravvive e fugge nel bosco. Lo sguardo dell’inglese incrocia di nuovo quello del lupo, questa volta da solo, tornato a tormentarlo come incarnazione della sua colpa. Una lacrima scivola lungo la sua guancia: da spettatore, è divenuto attore della guerra.

Il sottile filo che lega margherite e proiettili

Il film di Russo è un’opera incisiva, che gestisce abilmente gli spazi angusti della trincea con scelte registiche originali e ispirate. La fotografia, curata da Mattia Cavaliere, è notevole e, in un momento, sembra richiamare Sicario di Denis Villeneuve.

“Il film è stato pensato con l’idea di escludere completamente i dialoghi come elemento di comprensione […]” 

Dichiara il regista Simone Russo. In effetti, il cortometraggio fa un uso sapiente e parsimonioso dei dialoghi, prevalentemente in lingua tedesca, scegliendo di non utilizzare sottotitoli. Questo rende l’esperienza filmica estremamente soggettiva. Lo spettatore, come il protagonista, può sentirsi disorientato, in una situazione difficile da comprendere. Oppure, al contrario, avere una visione più chiara rispetto al giovane inglese. In entrambi i casi, emerge un ulteriore tema nel film: l’incomunicabilità.

Nel finale, la margherita vista all’inizio della pellicola viene calpestata, assumendo così un nuovo significato: non solo vita che nasce dalla morte e che si trasforma in speranza e gentilezza, ma anche la perdita dell’innocenza, schiacciata dallo stivale della guerra. Una ferita che il protagonista, e forse anche l’intera umanità, non potrà mai perdonarsi.

Daisy Bullet

  • Anno: 2023
  • Durata: 19' 59''
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Simone Russo

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