That Tiny Place Where Light Comes In è un mediometraggio di 29 minuti, presentato alla 65esima edizione del Festival dei Popoli.
Dipenderà dalla vostra sensibilità, ma questa strana creatura, ibrida ed inafferrabile, potrebbe farvi piangere. Almeno, se non ricordate com’è stato essere bambini. Se non ricordate com’è la conservazione del sogno. La pura innocenza che la regista peruviana Giulianna Camarena Montenegro porta in scena è disarmante: nonostante la trama si presenti come inconsistente, quasi anti-materica (eppure estremamente concreta nella plasticità della pellicola) mancando di ogni possibile riferimento narrativo, il tono trasognato, dalle suggestioni nebulose, trascinano lo spettatore in una dimensione emotiva di raro sentire.
Tutto infatti sembra concorrere alla creazione di un micro-cosmo di sensazioni somatiche: i colori innaturali della pellicola, le luci diffuse come macchie di colore in una tela di Cézanne, i suoni astratti sembrano provenire da realtà lontane. La natura è concreta, ci pare poterne respirare l’odore di muschio. Tutto è estremamente empirico: That Tiny Place Where Light Comes In pare tattile, udibile nelle sue frequenze aliene, olfattivo nei suoi aromi di ginepro. Eppure non è nessuna di queste cose, perché è una nebulosa.
Inafferrabili, le immagini si alternano senza soluzione di continuità in un vortice di luci e colori, lunghi silenzi e grandi canti animati. Tutto è artificiale, le immagini sembrano cartoline di gesso. Nell’irrealtà di questo paesaggio, due bambini raccontano la vita che ancora non hanno vissuto: parlano di filosofia, citano Cartesio. Eppure, si rincorrono nell’erba, raccolgono fiori, sorridono delle più piccole cose. Sembrano esistere in un tempo sospeso, oppure non esistere affatto.
È la bambina stessa, sorridente, a dircelo, per rispondere ad un apparente mistero:
“Maybe real life is not life”
A cosa serve vivere una vita vera se non è vera?
Il film si conclude infatti con una visione celestiale: i bambini davanti al televisore osservano l’infinitezza dell’universo. La spazialità del quotidiano non trova contenimento nell’oceano di silenzio.
Questi bambini, liberi dal peccato e sciolti dall’obbligo della morale, possono vivere il desiderio della fantasia non perché ingenui, ma perché inondati di luce.
Il desiderio fantastico è il sogno, quel Tiny Place Where Light Comes In. Il bambino, padre dell’uomo.