La corsa è il territorio mentale di un’anima in crescita
Prima pellicola della sezione Un certain regard (sezione più ‘sperimentale’ e variegata per stili e linguaggi visivi rispetto alla selezione ufficiale) in cui entro, Sarah préfère la course è una piacevole sorpresa. Candidata anche per la Camera d’Or, premio assegnato alla miglior opera prima, Chloé Robichaud non è una novità per Cannes. La giovane regista canadese è alla sua seconda selezione ufficiale al Festival. Fattasi notare all’interno della sezione cortometraggi, ha alle spalle una dozzina di spot pubblicitari, due video musicali, e otto cortometraggi. Scrive, dirige e monta i suoi lavori. Piccolo ed intimo esordio nel lungometraggio, questo film, nel quale ci viene presentata e mostrata una figura femminile caratterizzata in sfumature finissime.
Sara è una ventenne atipica: un bocciolo speciale, che ancora non sa come fiorire. Contiene tutto in sé ed ha una sola, importante certezza. Correre. Quando si infila le scarpette e si getta nella pista o per strada è la persona più appagata della terra. E anche vincente (pur se questo non le interessa granché). Potrebbe andare a studiare a Montréal ed entrare nella squadra di atletica migliore dell’università, ma sua madre non approva, preoccupata per la distanza. L’ostacolo economico viene dalla giovane apparentemente risolto grazie all’incontro con Antoine, giovane desideroso di cambiar vita: le propone di andare via insieme a Montréal, e di sposarsi, per poter avere un sostentamento statale che permetterebbe loro di realizzare i rispettivi obiettivi. Sara accetta.
La nuova esperienza di vita che l’attenderà porterà a galla e farà affrontare alla giovane una conoscenza di sé distante dai suoi sogni di adolescenza… Capirà, nella tensione confusa nutrita verso l’amica di pista, che l’amore e l’attrazione non si governano razionalmente, che sono più sottili e misteriosi… Affronterà la propria aritmia cardiaca con coraggio, prendendosi con convinzione, quando corre, i rischi che comporta. Imparerà ad essere completamente se stessa nella specialità che rappresenta. La stessa intimità descrittiva, che a piccoli e penetranti tratteggi di stati d’animo, atteggiamenti, sguardi, compongono il puzzle di una individualità, la troviamo visivamente.
La macchina da presa è estremamente tattile e sensitiva: nelle fissità spaziali ed emozionali, nei primi piani percettivi di sensazioni, paure, e consapevolezze, ci rende la medesima finezza di sguardo, penetrando un’anima e le sue evoluzioni. Il correre è l’ingresso ad un se stessi saturo di verità invisibili nel rapporto col proprio modo di percepire la realtà, compenetrarla con ciò che si è realmente. La giovane protagonista Sophie Desmarais assorbe completamente il personaggio che interpreta, fornendone un’interpretazione mirabile.