Un desiderio e una promessa, quelli espressi, e giurati, rispettivamente da Philippe Noiret e Michel Boujenah. Il desiderio e la promessa di distribuire e proiettare in Italia Père et fils, il primo lungometraggio di Boujenah, e l’ultimo girato da Noiret. “Michel, e l’Italia?” chiedeva, anche poco prima di andarsene, Philippe, amante e appassionato del Bel Paese. E in Italia, a distanza di vent’anni dalla sua uscita, il film è arrivato, proiettato in occasione della 15° edizione di France Odeon, in “anteultima”, piuttosto che in anteprima, come dichiarato scherzosamente da Boujenah. Ma che, finalmente, ha esaudito il desiderio di Noiret, e mantenuto l’impegno di Michel.
Di cosa parla Père et fils
Léo Sérano, settantenne, vedovo in pensione, ha tre figli. Ciascuno, molto diverso dall’altro. Il più giovane, Simon, impiegato di magazzino nell’azienda del fratello, è il più rilassato, e anche ingenuo, dei tre, inconsapevole di quanto questo carattere disteso e svagato irriti, anche in maniera ironica, il padre e i due fratelli maggiori. Fratelli, David, uomo oberato dal lavoro che gestisce una grande azienda di impianti idraulici e Max, disoccupato, che non si rivolgono la parola da cinque anni.
Ragione per cui proprio Léo, che per questo li vede in maniera sempre più diradata, e singola, soffre, a tratti anche egoisticamente, della loro assenza, e mancanza di attenzioni. E per questo, preso da un piccolo malessere, finge di doversi sottoporre ad un’operazione che potrebbe essergli fatale, per convincere i figli a fare un viaggio insieme in Quebec, alla ricerca delle balene. E alla ricerca, tra imprevisti, equivoci e malintesi, di un riavvicinamento e di una riunione, di famiglia.
L’ironia delicata di un racconto famigliare
Michel Boujenah, in Père et fils, struttura, costruisce e regala una storia, e un racconto, divertente, onesto e umano. Quello di una famiglia, dei Sérano, ma che potrebbe essere anche quella di molti che dall’altra parte dello schermo, sorridendo, la guardano, che si svela e si rivela, tra bugie bianche, non detti e meccanismi apparentemente surreali, ma, spesso, più comuni di quanto si pensi.
Tra un padre dallo sguardo furbo, ma buono, e figli altrettanto egoriferiti e rancorosi. Ma che, con l’ironia, la delicatezza e una sceneggiatura brillante, come brillante è lo sguardo stesso di Boujenah, smascherano e scoprono, nell’arco narrativo, ferite, punti deboli, e storie, inevitabilmente unite da affetto e amore incondizionato. E in cui gli stessi personaggi, attraverso il contatto, i rapporti interpersonali e la complicità che ne deriva, acquistano una profondità e complessità che si arricchisce, e va anche oltre, l’ironia e il sarcasmo di un film vivace, sincero e divertente.
E in cui Philippe Noiret, con la simpatia che solo i più grandi attori hanno, per l’ultima volta, con la grandezza, l’umiltà e l’arte del , per l’ultima volta, compare. Anche in Italia.