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In Sala

Jimmy P.

Jimmy Picard (Benicio Del Toro), il protagonista che dà il titolo al film, è un nativo americano, un Indiano delle Pianure appartenente alla tribù dei Blackfoot di ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale, affetto da alcuni sintomi inspiegabili quali perdita momentanea della vista e dell’udito e vertigini, erroneamente diagnosticato come un caso di schizofrenia.

Pubblicato

il

 

Anno: 2013

Durata: 114′

Genere: Drammatico

Nazionalità: Francia

Regia: Arnaud Desplechin

 

Si ispira a una storia vera Arnaud Desplechin per tornare a Cannes con il suo nuovo film in concorso, Jimmy P., dopo avervi partecipato nel 2008 presentando Racconto di Natale con cui Catherine Deneuve si aggiudicò un Premio Speciale del 61º Festival. Jimmy P. prende le mosse dal libro Reality and Dream dell’antropologo Georges Devereux (interpretato da Mathieu Amalric), un’indagine multidisciplinare tra psicanalisi e antropologia pubblicata nel 1951 a cui andò il merito di aprire la strada all’etno-psichiatria.

Jimmy Picard (Benicio Del Toro), il protagonista che dà il titolo al film, è un nativo americano, un Indiano delle Pianure appartenente alla tribù dei Blackfoot di ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale, affetto da alcuni sintomi inspiegabili quali perdita momentanea della vista e dell’udito e vertigini, erroneamente diagnosticato come un caso di schizofrenia.

1949, Browning, Montana. Quando la sorella di Jimmy si accorge dei suoi disturbi, decide di portarlo al Winter Hospital di Topeka, Kansas. È tempo per Jimmy di riprendere il controllo della propria vita. Dopo una serie di esami e accertamenti, i medici insospettiti dal suo stato di confusione tra sogno e realtà si rivolgono all’antropologo e psicanalista francese di origine ungherese Devereux, specialista nella cultura dei nativi d’America. Scavando nei sogni e nel passato del suo paziente, Devereux viene a capo degli eventi traumatici nella vita di Jimmy, ancora legato alla ex moglie morta durante un intervento, e Lily, la figlia che non ha potuto crescere.

Sebbene movente e direzione siano lontani anni luce, ricorda The Master (dove Paul Thomas Anderson ha reso il confronto-conflitto tra Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman  intenzionalmente respingente e appassionante) il film di Desplechin incentrato sul rapporto tra terapeuta e paziente, e tuttavia del film di Anderson Jimmy P. è solo una vaga e blanda reminiscenza. Il fulcro della storia ruota intorno al legame tra Jimmy e Georges, due universi lontani che si scoprono in un crescendo di introspezione culturale e psicanalitica, molto verbosa, troppo, a cui non riesce l’esperimento di coinvolgere nell’incalzare di scoperte e conquiste dialettiche. Del Toro e Amalric confermano in una superba definizione caratteriale  un’interpretazione meritevole di essere premiata. È un peccato vedere mancata un’occasione che sulla carta pareva promettente, visto il materiale trattato, pieno di spunti e sottotracce, solo accennate, esploratrici di antropologie americane, agganciate a presupposti etnografici e immerse  nell’affascinante universo della psicoanalisi, dove l’onirico avrebbe potuto essere indagato e declinato in maniera più convinta e potente.

Ultima nota negativa è il percorso sonoro di Howard Shore (premio Oscar con due capitoli della trilogia de Il Signore degli Anelli e collaboratore fidato di Cronenberg), disturbante e abbondante in alcune scene.

Francesca Vantaggiato

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