Film d’esordio di Valerio Ferrara, prodotto Elsinore Film, Wildside, con il contributo del Ministero della Cultura, distribuito da Piper FIlm e scritto al fianco di Alessandro Logli, Matteo Petecca,Il complottista offre uno sguardo nuovo e simpatico dai tratti teneri sugli appassionati di teorie cospiratorie.
Capita a tutti ogni giorno, entrando in un bar o andando dal barbiere, di imbattersi in discorsi sui massimi sistemi affrontati con una semplicità disarmante. Se da una parte i media danno la versione ufficiale dei fatti, così banale e sospetta, le persone comuni hanno sempre pronta la versione approfondita, quella vera, decisamente più interessante.
Dalla teoria alla pratica
Il film racconta l’impresa di un eroe (Fabrizio Rongione), paladino della sicurezza mondiale, il quale a causa dei poteri forti è costretto a limitare le sue indiscutibili abilità contro il male facendo il barbiere. O meglio, questo è il suo punto di vista.
A noi spettatori invece viene mostrato semplicemente un uomo saccente che non chiede mai il permesso per esprimere la sua opinione; tanto le altre per lui sono soltanto idiozie. A fianco dei suoi compagni d’arme, Bruno (Ilir Jacellari), e il celeberrimo Maurizio (Fabrizio Contri), il protagonista si lancia a capofitto in un avventura che però mette a dura prova il suo rapporto con la moglie (Antonella Attili).
Colpito da un lampo di genio e a seguito di una fortuita combinazione di eventi (“non può essere un caso”), si ritrova a guida di un gruppo di altri cospiratori che lasciano la dimensione virtuale per unirsi concretamente dal vivo in quello che ricorda un buffo episodio di StrangerThings dall’accento romano.
La chiave ironica
La commedia è forse il modo più brillante per toccare questo tema perché è capace di trasmettere tutte le sfumature del personaggio e della sua storia. Il film fa ridere senza che però questa sia la pretesa principale: il sorriso è un ponte rassicurante che permette di avvicinare un mondo di solito estremamente chiuso e restio al confronto.
Non c’è mai ironia denigrante verso i suoi protagonisti, nonostante tutto. Si ride sempre insieme a loro e questo è un modo divertente per assaporare anche la tenerezza di persone che hanno solo voglia di evadere dalla gabbia della loro realtà.
Tutto il resto è noia
Il motore che spinge e alimenta i meccanismi complottisti nella mente dei protagonisti è prevalentemente la noia (e la relativa frustrazione). In un goffo tentativo di fuga da una realtà troppo poco interessante.
Giocando con la verità l’irriverente Antonio Calabrò trasforma un evento effettivamente reale e fuori dall’ordinario in una miccia capace di creare un incendio tanto grande da sfuggire al controllo del suo stesso piromane. Il film però va oltre la condanna diretta nei confronti dei complottisti.
Valerio Ferrara ci mostra il lato nascosto dalla dirompenza degli slogan di una persona semplice con le sue insicurezze. Mosso alla base dalla sua curiosità, che ha il diritto di colmare con tutti i mezzi a sua disposizione, primo tra tutti il computer.
“Se non leggi i giornali non sei informato,
se li leggi sei informato male”
Questa citazione di Mark Twain, ripresa anche da Denzel Washington in una sua celebre intervista, arriva al nucleo vero di questo film. La comunicazione e la sua cattiva gestione costituiscono il vero grande problema della nostra epoca, causata appunto dalla quantità infinita di informazioni che riceviamo ogni giorno. Il confine tra fake e real news si fa sempre più sottile, diluendo la verità e permettendo a ognuno di disegnare la propria versione, a proprio piacere.
La disinformazione è legata alla paura, causa dell’ansia che ci avvinghia sempre più e dalla quale non sembra esserci scampo. In un epoca dove ogni valore pare essere crollato le persone devono pur aggrapparsi a qualcosa per andare avanti.
L’indifferenza mostrata dal cognato del protagonista, Ignazio (Antonio Gerardi), non può essere la soluzione perché sottovalutare le conseguenze sminuendole può causare danni davvero gravi. L’unica soluzione che suggerisce il film è dunque quella di fare uno sforzo di comprensione, ascoltando in ogni caso e andando oltre.
L’ascolto è l’unica arma capace di far capire che, in fondo, un lampione che si accende a intermittenza non è nulla di più che un lampione rotto… o forse no?