Dalla Francia una visione della fantascienza sottile e introspettiva
In concorso (NEON, la sezione) al Trieste Science + Fiction 2024, il film del francese Jérémy Clapin è in programma mercoledì 30 ottobre alle ore 20, presso il Politeama Rossetti. Sarà per il pubblico triestino l’ennesima riprova di come il cinema francese, ogniqualvolta si rapporti ai generi, punti a rielaborare una tradizione inserendo punti di vista originali, raffinali, sottili. O almeno capita abbastanza spesso che sia così. Tale è di sicuro l’approccio alla fantascienza da noi riscontrato in Meanwhile on Earth, lungometraggio che pare rileggere un autentico “cult movie” come L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel (con tutte le successive rivisitazioni), ma da una prospettiva particolarmente straniante, anomala, introspettiva. Laddove la suggerita presenza aliena diviene quasi meno importante del terremoto interiore cui va incontro la protagonista.

Un ponte telepatico tra la Terra e lo Spazio
La protagonista cui s’accennava poc’anzi si chiama Elsa, è un’aspirante fumettista, però lavora nella casa di riposo diretta dalla madre e deve fare i conti ogni giorno con un grosso trauma: tre anni prima il fratello, un giovane astronauta a lei parecchio legato (come si desume anche dall’asciutto prologo ambientato nello spazio profondo), era partito in missione senza mai fare ritorno. Dichiarato disperso, gli era stata persino dedicata nella cittadina d’origine una pacchiana, grottesca statua, monumento che la sorella non può fare a meno di imbrattare, in segno di ribellione.
La routine è questa, fino al momento in cui una presenza aliena correlata a determinati luoghi (che sembrano fungere in un certo senso da “portale”) non le si manifesta nella testa, stabilendo prima un contatto telepatico, poi un rapporto sempre più simbiotico, di natura anche fisica. Con tanto di fusione nell’orecchio della ragazza i cui effetti, così impressionanti, sgradevoli, possiedono un retrogusto alquanto “cronenberghiano”. Per il suo assetto psicofisico non sono previste altre conseguenze spiacevoli. Ma da lì in poi a tenere banco sarà una specie di ricatto, di “patto col diavolo”: le creature aliene, in possesso di una visione più ampia della situazione e di ragionamenti anche molto acuti, le propongono infatti di riportare sulla Terra il fratello, da loro tenuto in ostaggio, scambiandolo però con cinque corpi umani dei quali dovranno prendere possesso, scacciando al momento opportuno la coscienza dei proprietari, per passare da un’esistenza immateriale a un’esperienza di vita reale. La proposta è questa, con tutte le conseguenze di natura etica che non tarderanno a manifestarsi, nella mente della ragazza.

Una fantascienza minimalista ma dotata di interessanti mezzi espressivi
Jérémy Clapin, già autore del lungometraggio animato Dov’è il mio corpo?, nel rifarsi a classici come quello di Don Siegel testé citato ha scelto una strada indubbiamente minimalista, cerebrale, a tratti sfuggente e un po’ criptica come quella intrapresa da Shyamalan in Signs. Le ambizioni autoriali a tratti decollano e a tratti restano al palo. Ma ci sono diversi punti a favore di Meanwhile on Earth. Intanto la delicata e non banale descrizione della sfera più intima di Elsa, dei suoi dissidi interiori, merito anche della bravura di Megam Northam, qui al suo debutto come protagonista. Altrettanto rilevante è la capacità di tratteggiare una sensibilità aliena fuori dai soliti schemi, tant’è che ci è tornato in mente pure (sul fronte letterario) quel ribaltamento di prospettive che era tipico dei racconti di Fredric Brown, vedi ad esempio (per l’argomento trattato) Gli strani suicidi di Bartlesville. Per finire, una regia così attenta ai dettagli e alle suggestioni atmosferiche (qui senz’altro più importanti dei pochi, ben dosati effettivi visivi) trova poi un valido contrappunto in quei brevi segmenti d’animazione, ambientati nello Spazio, il cui stile può ricordare vagamente quello degli anime di Leiji Matsumoto. E scusateci se è poco!
